15.3.16

All’ombra dei cipressi. Turismo sepolcrale (Luigi Cruciani)

Parigi, La tomba di Julio Cortazar al Cimitero di Montparnasse
«Eravamo come voi, sarete come noi»: è l’iscrizione posta all’ingresso di tanti cimiteri, memento mori per chi osa dimenticare il suo destino. Ma perché quel “noi” scomparso insiste per avere una voce? La verità è che i morti ci parlano. E i vivi, lo mostrano i riti sepolcrali nati con l’umanità, si rivolgono ai cari estinti, rendendo loro omaggio con fiori o con superalcolici (ogni tanto una bottiglia di assenzio compare sulla tomba di Julio Cortazar, a Montparnasse). Del legame tra vivi e morti, soprattutto quando si tratta di grandi autori, è convinto l'olandese Cees Nooteboom, che in Tumbas. Tombe di poeti e pensatori (Iperborea 2015) ha raccolto trent’anni di viaggi cimiteriali. Per ogni defunto, un pensiero e l’immagine del sepolcro, immortalato dalla fotografa e compagna Simone Sassen. «Ogni visita alla tomba di un poeta», dice Nooteboom, «è un dialogo in cui le risposte precedono quanto noi possiamo dire. È un paradosso e per questo sei venuto qui: per riascoltare quelle parole nel silenzio della morte... Chi è convinto della sua immortalità, ci crede davvero. Per questo a Collioure, accanto alla tomba di Antonio Machado, c’è una cassetta per la posta».
Corrispondenza corrisposta: c’è chi sogna la settimana bianca e chi, come Nooteboom, fa la valigia per visitare i camposanti – e a pensarci bene, non è così assurdo staccare dalle ordinarie fatiche viaggiando sui luoghi del riposo eterno e magari eleggendo a guida (o a Caronte) proprio Tumbas. La scelta va dal sacro Mount Vaea sulle isole Samoa dove giace dal 1894 Robert Louis Stevenson (per lui i capi del villaggio aprirono un sentiero nella foresta pluviale fino alla vetta che abbraccia il Pacifico), al nuovo cimitero ebraico di Praga, in cui Kafka anche da morto deve sopportare il padre, sepolto con lui (per fortuna a far compagnia a Franz c’è anche l’amico Max Brod), alla Parigi del Père Lachaise e del troppo spesso dimenticato Thiais, luogo dove infine sostano, dopo l’esilio di una vita, Paul Celan e Joseph Roth.
Il turismo sepolcrale ha radici lontane, ma rinasce ora, è il caso di dirlo, a nuova vita, tanto che nel 2001 a Bologna è sorta l’Asce, Association of Significant Cemeteries in Europe, rete europea che lega i cimiteri di interesse culturale. Della European Cemeteries Route, mappa elaborata dall'organizzazione all'interno della Cultural Route of the Council of Europe, non fa parte (ma merita ugualmente una visita) il Cimitero allegro di Sapanta in Romania, designato Patrimonio Unesco: qui negli anni ‘30 un artista locale, Stan Ioan Patras, ha iniziato a dipingere le tombe con scene della vita del defunto, accompagnate da poesie spesso ironiche («Coloro che amano la buona grappa / Come me patiranno / Perché io la grappa ho amato / Con lei in mano sono morto»).
E l’Italia dei Sepolcri? Una ricerca del 2014 fatta dalla Jfc, società di consulenza turistica, segnala come in Europa a emergere con 192 cimiteri di potenziale interesse (il 55,2% del continente) sia il nostro Paese, incapace, anche in questo ambito, di valorizzarsi. È infatti la Spagna a guidare la classifica con 21 cimiteri sfruttati turisticamente sui 29 potenziali. Secondo l’indagine, nel 2013 sono state circa 45 mila le visite ai nostri cimiteri (13% gli utenti stranieri), ma con una gestione virtuosa del settore, in pochi anni, 90 siti nazionali potrebbero coinvolgere 400 mila visitatori italiani e 7 milioni di residenti nei Paesi di origine anglosassone.
Tuttavia, anche in Italia si osserva un risveglio del business legato al sonno eterno. I grandi cimiteri intensificano le attività legate alla fruizione culturale dei propri spazi. Su tutti svetta Staglieno a Genova, da sempre sito prediletto dai viaggiatori. Ma anche i Monumentali di Torino e di Milano, la Certosa di Bologna, il Verano di Roma si stanno organizzando. «I gestori dei cimiteri sono i primi ad aver sentito la necessità di valorizzare questi complessi», dichiara Daniele Fogli, responsabile di Sefit, associazione nazionale di categoria, «oltre che per i servizi che offrono all'utenza al momento della sepoltura, anche per le opere contenute».
Da parte loro, operatori e associazioni culturali inventano escursioni di ogni tipo. Con il progetto La civetta di Torino (www.lacivettaditorino.it), per esempio, Manuela Vetrano propone dal 2012 una riscoperta del Monumentale piemontese: «Il cimitero, aperto nel 1829, è un museo a cielo aperto a tutti gli effetti», dice Vetrano a pagina99. Vetrano propone vari percorsi, «da quello generico pensato per chi non conosce il cimitero alle visite tematiche storico-artistiche. Si tratta di esperienze che hanno un ottimo riscontro da parte del pubblico, che spesso ritorna per approfondire meglio». Da parte sua, Valeria Celsi, guida turistica milanese creatrice di un blog sull’arte funeraria (ipercorsidartefunerariadivaleria.blogspot.it), offre itinerari nel Monumentale lombardo, che contiene opere di artisti di fama internazionale come Medardo Rosso o Lucio Fontana e che, afferma Celsi, «esprime la città ottocentesca che lo edificò: monumenti imponenti e sculture sofisticate, specchio del desiderio di emergere della società borghese di allora».
La seconda vita dei cimiteri italiani può essere anche uno spettacolo teatrale o un concerto di musica barocca, ma alcuni non hanno bisogno di eventi per valere un viaggio. Come San Michele a Venezia: l’isola, dal 1837 dominata dai morti, è un luogo di rara bellezza dove rileggere i Cantos di Pound davanti alla tomba del poeta, ragionare con Brodskij di Dolore e Ragione, e per caso incontrare Igor Stravinskij. O come quello di Merna, vicino a Gorizia, diviso nel 1947 dal nuovo confine tra Italia e Jugoslavia: il braccio schizofrenico del Trattato di Parigi ha letteralmente tagliato i sepolcri dei defunti, che in alcuni casi si sono trovati con i piedi in uno Stato e la testa nell’altro.
Ma se ci sono cimiteri italiani in cui il turismo straniero non conosce crisi, questi sono gli acattolici: qui la percentuale di visite cresce fino a toccare il 68%, ed è composta soprattutto da statunitensi (24,5%), inglesi (18,9%) e tedeschi (15%). Uno dei più seducenti è quello che Roma, sempre in bilico tra intolleranza e umanità, ha riservato a partire dal 1716 agli stranieri non cattolici, aprendo poi con moderazione agli italiani. Si trova a Testaccio, ai piedi della Piramide di Caio Cestio. Ieri le osterie losche e il vocio dei Magazzini Generali, oggi la confusione di una zona alla moda: varcato il cancello in una stradina laterale si trova la pace, e la morte non è terribile. Tra pini, cedri e cipressi i turisti vengono a visitare Keats, Shelley, Gramsci e le sue ceneri, e tante altre celebri anime in esilio.
Il segreto, però, è lasciarsi trasportare verso chi non si sta cercando. Ciro Marra, giovane archeologo e inventore delle Roman Special Adventures (www.aperitivoarcheologico.it), ha ideato un percorso il cui filo conduttore è L’antologia di Spoon River e la sua traduzione in musica di De André: «Ci troviamo di fronte a un’esperienza che permette di frequentare la morte, elaborarla, darle un significato», dice Marra. «Nelle civiltà antiche il trapasso e la sua memoria erano molto importanti. Prima o poi tutti saremo in contatto con la morte. Un evento che è parte integrante della vita, e quindi è vita».


Pagina 99 we, 23 gennaio 2016

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