24.9.12

Una nuova IRI? Per il ritorno dello Stato nell'economia (Giovanni Nuscis)

Giovanni Nuscis ha diffuso qualche giorno fa sul sito letterario “La poesia e lo spirito” le riflessioni che seguono, non specialistiche, ma ricche di buon senso.
So che c’è una sorta di Talmud liberista nell’Unione Europea, per la quale scelte come quelle che Nuscis indica, a mio avviso molto al di sotto delle necessità, susciterebbero alte grida di scandalo. Sappiamo tutti che quel tronfio e vanesio, invece di un governo che rappresenti gli interessi nazionali, ha imposto al Parlamento e al ceto politico screditato un gabinetto tecnico che risponde soltanto agli interessi della finanza internazionale e delle grandi lobby economiche europee, oltre che al Papa e a tutti i suoi preti.
Si poteva sperare che su problemi di questa natura e portata si svolgesse la campagna elettorale che verrà e invece le ruberie diffuse del ceto politico allargato serviranno anche come arma di distrazione di massa. Alla fine del giro rischiamo di trovare la continuità con il governo Monti: lor signori si mangeranno quel poco che rimane. Oltre che il Colosseo e le spiagge più belle, anche le attività produttive pregiate e strategiche. (S.L.L.)

Su “il manifesto” di oggi  Valentino Parlato osserva che “Oggi forse, ma più che forse, sarebbe necessaria la ricostituzione dell’Iri.” L’Iri, è bene ricordarlo, era un ente pubblico economico che controllava un certo numero di aziende partecipate (tra le quali Banco di Roma, Credito Italiano, Banca Commerciale, Italsider, Finmeccanica, Rai, Alitalia, Fincantieri, Autostrade). L’idea mi sembra degna di considerazione avendo ormai provato gli effetti nefasti del “libero mercato”; senza però dimenticare la belva idrovora di denaro pubblico che l’Iri era diventata, negli anni, tanto da scomparire nel 2002. 
Non possiamo di fronte ad una crisi del genere, occupazionale prima che economica,  non domandarci:
1. se è giusto lasciare andare in malora le molte aziende in crisi senza alcun intervento che non sia un aiuto economico (erogazione di denaro pubblico o benefici fiscali);
2. se è stato giusto averne aiutato soprattutto alcune (come la Fiat), senza aver potuto operare alcun intervento gestionale;
3. se non sarebbe invece il caso di mettere “in sicurezza” alcune imprese strategiche per la nostra economia gestendole direttamente.

Me ne vengono in mente alcune come l’Enel, per la forte incidenza della sua “politica dei prezzi” sulla (scarsa) competitività di molte nostre imprese; la Rai, per il ruolo che l’informazione e la cultura rivestono per la nostra rappresentazione del reale e per le nostre scelte di vita; le imprese estrattive o di lavorazione, raffinazione  di materie prime fondamentali per la nostra industria (tra le quali Ilva, Carbosulcis, l’Alcoa); le aziende di trasporto navale, aereo e ferroviario e quelle di gestione delle autostrade, delle ferrovie, dei porti e degli aeroporti, quali fulcri essenziali di qualunque filiera economica; le imprese bancarie, fondamentali per il finanziamento delle attività private e aziendali.

Un’attività che andrebbe gestita con un spirito nuovo, rompendo con le logiche politiche e clientelari che hanno portato al disastro i conti pubblici, anche per i compensi spropositati elargiti agli alti dirigenti. Mi sovviene a tale proposito la scelta del sindaco di Alghero, Stefano Lubrano, che ha deciso con coraggio di affidare la gestione delle aziende partecipate a funzionari del Comune, invece che a esterni lautamente pagati. Si presume, adeguatamente formati per svolgere al meglio tali incarichi. Stessa prassi dovrebbe applicarsi anche per le società partecipate regionali e statali, attingendo dalla dirigenza pubblica in cui non mancano professionalità di alto livello.

Proposte, queste, che non troveranno forse molti consensi, tra le attuali forze politiche: lo stesso Pd e Bersani non metteranno certo “ai primi posti nel necessario programma del suo partito un Iri adatto ai tempi nostri”.

"La poesia e lo spirito" 12/9/2012

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