12.4.16

Letteratura nel mondo. Il reddito degli autori (Andrea Luchetta)

Hugh Howey: "Scrivere non basta. Lo scrittore impari a vendersi".
Leggenda vuole che Daniel Pennac si sia giocato una fortuna a testa o croce. Esasperato da una trattativa infinita per l’accordo con Antoine Gallimard su Diario di scuola, il padre della saga Malaussène avrebbe proposto di rimettere la questione alla sorte: testa, e si sarebbe fatto come diceva lui; croce, e l’avrebbe spuntata l’editore. Uscì croce, e Pennac perse 200 mila euro per ogni punto percentuale sulle vendite che finì nelle tasche di Monsieur Gallimard.
Mito o realtà che sia, al mondo solo un pugno di scrittori potrebbe permettersi un colpo di testa del genere. Lo conferma una ricerca appena pubblicata della “Authors’ Licensing and Collecting Society”, sindacato degli scrittori britannici, da cui emerge la fotografia di un deserto. Il reddito mediano dei 2.454 autori intervistati si attesta sulle 11 mila sterline (13.900 euro), a fronte di una soglia minima per un tenore di vita decoroso calcolata in 16.850 sterline (21.300 euro). E le prospettive sembrano destinate a peggiorare: le 11 mila sterline del rapporto sono il 29% in meno del reddito mediano rilevato nel 2005, al netto dell’inflazione. Significativo che le volpi del settore si siano stupite di fronte ai risultati, immaginandone di ancor più rovinosi.
Neppure gli anticipi agli scrittori di una qualche fama aiutano a rimettere in equilibrio il bilancio. Spiega Mel Peet, vincitore della Camegie Medal 2005: «Posso pure chiedere 25 mila sterline, ma si tratta di un anticipo sui ricavi». Fra un anno passato a scrivere e gli altri necessari a pareggiare con le vendite in libreria, quelle 25 mila sterline rischiano di rimanere l’unico incasso dell’autore per sei anni. Sintetizza il Guardian: «Nessun buon romanziere ricorrerebbe all’espressione tempesta perfetta, ma molti ammettono che è ciò a cui devono far fronte. I prezzi stracciati su Amazon hanno tagliato le entrate, i giornali dedicano meno spazio alle recensioni, le librerie chiudono e gli ebook sono venduti per pochissimo o perfino distribuiti gratuitamente».
Una piccola luce viene dal Digital Book World Survey di inizio 2014: è vero, il 54% degli scrittori pubblicati in via tradizionale e l’80% di quelli che diffondono le proprie opere su internet guadagna meno di mille dollari l’anno. La digitalizzazione dell’editoria, però, ha consentito di espandere a macchia d’olio il numero di persone che ottiene una rendita dalla scrittura, per quanto piccola. Motivo in più per affinare le proprie capacità, o almeno così la vede Hugh Hoewy, star dei romanzieri fai-da-te.
Morale della favola: a scrivere non si campa, salvo una ristrettissima élite, e per romanzieri e poeti resta solo la possibilità di trovarsi un secondo lavoro. Va così pure in Francia, dove all’alba della crisi (2008) “Rue89” stimava in 150 al massimo gli scrittori capaci di vivere dei propri libri. Tolte le superstar, la forchetta varia dagli 800 euro di anticipo concessi a un debuttante fino a un massimo di 30 mila per le firme già conosciute. Si aggiunge poi un 8% sulle prime copie, il 10% dopo una certa soglia di vendita e il 12% superato l’ultimo paletto. Percentuali che si trasformano nel 10-12-14 degli autori più affermati. Piccola nota a margine: i giornalisti francesi denunciavano difficoltà nell’ottenere informazioni sul reddito degli scrittori, fra pudore e snobismo. Valga su tutte la replica di una casa editrice all'“Express”. «Il Signor X riceve un fisso mensile, ma non scrivetelo: fa troppo piccolo impiegato».

"Pagina 99we", 26 luglio 2014

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