13.4.16

Scrittori. Imparare a vendersi (Hugh Howey)

Dal blog del Corsera, “Officina masterpiece”, riprendo l'intervento sull'autopubblicazione (self-publishing, dicono gli anglofili) di uno scrittore che ha avuto un grande successo. Hugh Howey, 38 anni, vive a Jupiter, in Florida. Ha iniziato a scrivere il romanzo Wool nel 2011, mentre faceva il commesso in una libreria, auto-pubblicandolo poi su Amazon. (s.l.l.)

Inizialmente, ho seguito vie tradizionali. Ho inviato il primo manoscritto ad alcuni agenti ed editori e un paio di piccole case editrici hanno manifestato interesse. Il primo libro l’ho pubblicato con un editore fantastico, la NorLights Press, ma ho presto capito che le vendite dipendevano dai miei sforzi personali e che oggi gli strumenti per la pubblicazione sono alla portata di chiunque voglia usarli. Così ho deciso di pubblicare il secondo da solo e da allora ho sempre fatto così. Ho lavorato per anni nelle librerie e sapevo quanto era difficile non solo farsi pubblicare, ma anche avere successo se riuscivi ad arrivare sui banchi dei librai.
Ma sono certo di una cosa: oggi c’è molta gente che legge. I lettori sono diventati sempre più avidi di nuovi romanzi. Alcune recenti statistiche confermano che i possessori di e-readers leggono molti più libri di quanti ne leggessero prima di acquistare il dispositivo.
È la sfida degli scrittori: creare storie abbastanza appassionanti da conquistare nuovi lettori. E lo scrittore deve cambiare. Deve lavorare su più piani diversi. Per molto tempo io ho fatto l’editore, l’agente, il direttore marketing e l’ufficio stampa di me stesso. Lavorando con Random House e Simon & Schuster ho scoperto che molte di queste responsabilità ricadono anche sugli scrittori pubblicati da un editore.
Se pensi che tu devi soltanto scrivere e a tutto il resto ci penseranno gli altri, ti sbagli di grosso. Devi essere presente sul web, costruirti una piattaforma, sfruttare i social networks e molto altro. Ogni autore, comunque sia pubblicato, deve saper usare questi strumenti. I miei editori tradizionali mi tengono più impegnato di quanto lo fossi quando mi autopubblicavo. È l’unico modo per farti conoscere. Io dedico alla scrittura da tre a quattro ore al giorno. Il resto lo riservo all’editing e alla revisione. Oppure rispondo alle mail e agli amici dei social network.
Ma attenzione: non ho mai pensato di diventare ricco con i libri. È quasi impossibile arricchirsi facendo lo scrittore, anche se firmi un contratto con una grande case editrice. Molti autori prendono anticipi irrisori da 5000 a 50 mila dollari e devono condividerli con l’agente, oltre a pagare le tasse. È difficile vivere con così poco e le entrate non sono mai costanti. Non hai nessuna garanzia che qualcuno vorrà pubblicare il tuo prossimo libro. È per questo che molti autori fanno anche altri lavori. Dico sempre a tutti gli scrittori che devono scrivere perché gli piace farlo e basta. Nessuno può privarli di quel piacere e devono tenerselo stretto.
La libertà che ti consente l’autopubblicazione attira un numero crescente di scrittori. Molti pubblicano i loro libri in entrambi i modi, e per il pubblico può essere difficile prendere posizione nei confronti di questi autori ibridi. Ma siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo affrontare le stesse sfide.

Corriere.it, 13 dicembre 2013

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