27.9.17

Cuore & Martello. I comunisti e l'amore (Nello Ajello)

Luigi Longo, Teresa Noce e, al centro, il figlio Gigi, nel 1924
L'intervista è famosissima. La concesse Lenin a Clara Zetkin. Fra i vari temi dei colloqui, uno faceva spicco: i comunisti e i sentimenti, la partecipazione politica e l'amore. Il leader della rivoluzione mondiale si mostrò inflessibile: le questioni di cuore, decretò, vanno rimandate a dopo l'avvento del socialismo. Ma perché? Perché "la rivoluzione esige concentrazione". Quando Nilde Iotti scrive a Palmiro Togliatti proponendogli di porre fine alla loro relazione, siamo sullo scadere del 1947. È passato circa un quarto di secolo dalla sentenza di Lenin, alla quale il Pci si attiene.
In teoria. Nella pratica, le cose vanno in maniera diversa: mentre nei quadri comunisti la pedagogia rimane severa, molto meno lo è il comportamento. Non capita più che qualche dirigente di un certo nome venga allontanato dal partito "per storie di donne" come accadeva - lo ha raccontato Teresa Noce a Daniela Pasti, che ne riferisce nel libro I comunisti e l' amore - durante il periodo del "centro estero" di Parigi. Non è più tempo di amori contrastati e problematici. Come quello di Velio Spano per Pina Zolla, sposata a un compagno autorevole, Giorgio Jaksetich (la vicenda si risolse con il trasferimento in Russia della legittima moglie di Spano, Felicita Ferrero, per curarsi la salute: ma le trattative con la direzione del partito erano state defatiganti). Ora, nelle più autorevoli famiglie comuniste, gli "assestamenti coniugali" sono frequenti. Luigi Longo, durante la guerra partigiana, ha sacrificato sua moglie - la simpatica, autoritaria e poco avvenente Teresa Noce - a un nuovo amore. Qualcosa di simile ha fatto Agostino Novella, interrompendo, per un altro legame, il rapporto con la sua compagna del periodo clandestino.

Terracini e la signora
Nel 1948, il cinquantatreenne Umberto Terracini s'innamorerà perdutamente di una signora di trentun anni, Maria Laura Gayno. Ai cronisti la donna risulta regolarmente sposata con un ufficiale carrista della divisione "Acqui". La cerimonia nuziale fra Terracini e la signora si svolge comunque a Bologna, in municipio. Ad officiare il rito, in assenza del sindaco comunista Giuseppe Dozza, che al momento si trova in Ungheria, è l'assessore Paolo Betti. Togliatti, in cima al partito, si trova dunque in buona compagnia.
Gli esempi con cui confrontarsi non mancano. La sua resistenza alle virtuose pressioni di Nilde non si può dire temeraria. "Nel Pci", racconta il senatore Paolo Bufalini, "non c'era una parola d'ordine unitaria. La base operaia e popolare esprimeva umori conservatori. Era legata, in genere, all'unità della famiglia. Non così i vertici. Lì, nei rapporti di coppia si privilegiava il principio della lealtà, senza dare ascolto a un presunto interesse di partito. Potei sperimentarlo io stesso quando, trovandomi a dirigere il Pci in Sicilia, mi unii a una compagna che aveva vissuto 'more uxorio' con un deputato comunista dell'Isola, persona degnissima.

Secchia raccomandò prudenza
"Nel partito ci furono delle pressioni perché interrompessi il rapporto. Mi rifiutai. E fu Pietro Secchia, vice-segretario nazionale e responsabile dell'organizzazione, ad offrirmi l'appoggio più netto e fraterno. Mi disse che in questa mia storia personale non vedeva alcuna incompatibilità né politica né morale con la militanza comunista e con il mio incarico. Si avvicinavano le elezioni del 1953. Secchia si limitò a raccomandarmi una certa prudenza per non urtare la sensibilità di una parte di opinione del Pci in Sicilia. Perché non tutti, ripeto, la pensavano allo stesso modo".
Ma come erano, in genere, i rapporti fra un marito alto dirigente comunista, e la sua moglie o compagna? Nilde Iotti ha dichiarato di non condividere quell'"annullamento della personalità", quella "rinuncia all' autonomia" a favore del marito che si rileva dai ricordi di Marina, consorte di Emilio Sereni, o che distinse il ménage fra Giorgio Amendola e sua moglie Germaine. La scrittrice Clara Sereni, figlia della prima coppia citata dalla Iotti, ne fa una questione di epoca. "C'è stata una generazione di compagne di dirigenti comunisti che, durante la clandestinità o la detenzione dei mariti, ha svolto attività politica. Ricoprendo, a volte, incarichi notevoli: mia madre, per esempio, ha fondato “Noi donne”. Dopo la Liberazione, sono tornate a casa. O hanno lavorato, poniamo, all'Unione Donne Italiane. Sempre però in mansioni subalterne. L'unica che si sottrasse a questo destino fu Teresa Noce, e la pagò cara". E la Iotti? "Lei appartiene a una generazione diversa. È naturale che abbia nutrito insofferenza per quei vecchi comportamenti. Se oggi, in maniera molto elegante, esprime qualche riserva in merito a quel tipo di subordinazione femminile 'di partito', ha pienamente ragione. Io, come donna, gliene sono grata".


“la Repubblica”, 20 luglio 1993  

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