1.9.17

Patate e polenta. Don Bosco poeta e gastronomo

Don Bosco tiene prediche e panegirici in tutto il Piemonte con incrollabile entusiasmo. La sua è fede vissuta, slancio di carità verso chiunque abbia bisogno. I fedeli sono soggiogati dalle sue parole. Spesso improvvisa alternando italiano e dialetto, sa toccare il cuore.
È anche saggista e poeta. Nel 1852 fonda “Il Galantuomo, almanacco nazionale” su cui alterna curiosità, nozioni agrarie, suggerimenti pratici. Crede molto nell’importanza della patata, da poco diffusa grazie all’opera di Vincenzo Virginio, un avvocato con la passione per la terra: “È una miniera d’oro per la sua grande e molteplice utilità, forse l’unica risorsa che riesca a meraviglia in qualunque clima”. Don Bosco conosce la diffidenza contadina verso il nuovo ed è prodigo di buone pratiche di coltivazione: semina, sarchiatura, raccolta e conservazione.
Alla sua penna si deve anche un curioso elogio della polenta:
State a udire, miei lettori
forestieri e cittadini
artigiani e contadini
con orecchia tutta attenta
la virtù della polenta.
Non si può saper di certo
chi sia stato l’inventore,
ma sicuro un gran dottore
colui fu ben s’argomenta
che fé il primo, la polenta.
Benedetta questa sia
benedetto l’inventore
benedetto il suo sapore
che ognun sazia, ognun contenta
Viva sempre la polenta.

Elma Schena, Adriano Ravera, Atavola nel Risorgimento, Priula & Verlucca, Torino, 2011

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