9.9.11

Eric Hobsbawm: l'opera aperta di Karl Marx.

Da un più lungo e complesso articolo di Benedetto Vecchi su “il manifesto” del 2.04.2011, stralcio (con qualche taglio) la prima parte, su un recente libro di Eric Hobsbawm non ancora tradotto in italiano, che in Inghilterra ha avuto un grande successo di vendite e che ripropone l'attualtà Marx, considerando la sua ricerca come una costruzione in divenire piuttosto che come un monumento compiuto. (S.L.L.)
Per mesi è stato nella top-ten dei libri più venduti in Inghilterra, nonostante fosse un libro dedicato a un teorico da molti ritenuto un «cane morto». Si tratta di How to Change the World (Little Brown, pp. 470, £ 25) di Eric Hobsbawm e il protagonista indiscusso è Marx. La tesi proposta dallo storico inglese, già definita alla fine degli anni Settanta del Novecento nella Storia del marxismo, ambizioso progetto curato da Hobsbawm per Einaudi, è presso riassunta: l'opera marxiana è un'«opera aperta» e solo per necessità politica è stata ridotta a un sistema chiuso e autosufficiente. Da qui il finale invito a riprendere uno studio di Marx, nonostante il crollo del socialismo reale e la scomparsa di molti partiti e movimenti politici che si rifacevano alla sua opera. L'occasione per riprendere il filo del discorso è data dalla crisi del capitalismo.
How to Change the World raccoglie saggi scritti in momenti diversi della vita di Hobsbawm. Alcuni sono già noti al pubblico italiano - quelli pubblicati nella Storia del marxismo, l'introduzione alla edizione, pubblicata in Italia da Rizzoli, del Manifesto del partito comunista in occasione del 150 anniversario del testo marxiano -, altri sono legati all'uscita inglese dei Grundrisse, dei Manoscritti del '44 e di una selezione dei Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci. È però il primo capitolo che pone quale sia la posta in gioco. Per Hobsbawm, l'opera di Marx mantiene inalterata la capacità di offrire un'analisi puntuale dello sviluppo capitalistico, ma va sgombrato il campo dalle gabbie d'acciaio in cui l'hanno rinchiusa i custodi dell'ortodossia. Una capacità che trova ulteriore conferma nel rinnovato riferimento a Marx da parte di economisti e studiosi che certo marxisti non lo sono mai stati.
Non è la prima volta che nel mondo anglosassone il nome di Marx viene accostato alla crisi economica che dal 2007 sta terremotando la globalizzazione. Il primo a farlo è stato il settimanale «The Economist» attraverso editoriali e speciali che sostenevano che nel Manifesto del partito comunista c'erano spiegazioni molto più convincenti sulle cause profonde, strutturali di quanto stava accadendo bisognava tornare a leggere Marx. How to Change the World è stato pubblicato in questo clima e questo spiega il suo successo editoriale.
La stampa inglese ha sottoscritto l'idea secondo la quale Marx è stato il primo studioso che ha considerato la crisi come fattore immanente all'economia capitalistica. Nell'intervista concessa al «Guardian» Hobsbawm ha però precisato che la crisi attuale non annuncia il crollo del capitalismo, né che ci sia una rivoluzione dietro l'angolo. Stiamo semmai vivendo una profonda mutazione nei rapporti tra le economie nazionali e nei rapporti tra le classi all'interno delle singole società.
La Big Society ventilata dal governo conservatore inglese è dunque la formula di questo tentativo di rilanciare quel regime di accumulazione che si è soliti chiamarlo neoliberismo. Marx è dunque utile per comprendere tale trasformazione, visto il fallimento del neoliberismo, considerato dallo storico inglese un ambizioso tentativo di ridare dinamicità e vigore a un modo di produzione che aveva già manifestato forti e radicali segni di «sofferenza» già negli anni Settanta.
Hobsbawm invita a pensare l'opera marxiana come opera «aperta», perché costruita come un processo in divenire. Molti, dunque, i passi avanti, ma anche i ripensamenti dello stesso Marx. I suoi scritti sono cioè tappe, approssimazioni teoriche in vista dello sviluppo di un sistema concettuale «organico» rimasto comunque incompiuto, visto che fino all'ultimo Marx ha scritto lettere in cui annunciava la necessità di apportare modifiche a quanto pubblicato per meglio precisare, correggere, modificare alcuni concetti.
L'opera marxiana come opera aperta è una tesi largamente condivisa da altri studiosi marxisti. E altrettanto numeroso è il numero di altri studiosi marxisti, che rappresentano l'opera marxiana come esito di un percorso teorico che ha stelle polari fisse: la legge del valore-lavoro, il plusvalore come elemento fondante di una critica dell'economia politica, il feticismo delle merci, lo stato e il diritto come istituzioni e «fabbrica di leggi» funzionali agli interessi della borghesia...
Un libro, dunque, dove c'è molto Ottocento e ben poco Novecento. Al «secolo breve» Hobsbawm dedica infatti solo l'ultimo saggio, animato da un condivisibile ottimismo della ragione, laddove afferma che il crollo del socialismo reale non costituisce la prova dell'inattualità di Marx, ma solo la sconfitta di una prassi politica che si era accontentata di considerare l'opera marxiana come opera chiusa, autosufficiente.

1 commento:

Antonio Metastasio ha detto...

Ho avuto il piacere di assistere alla presentazione a Londra. Hobsbawm era presente. Alla sua eta' e' ancora lucido e razionale. Il libro e' notevole e va assolutamente letto e discusso.

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