11.9.11

La poesia di un amore profano. Canzonette del 71 (di Marinella Venegoni)

Su “La Stampa del 10 agosto 2011 Marinella Venegoni, nella rubrica “50 anni di tormentoni”, racconta le canzonette in voga in Italia nell’estate (e in tutto l’anno) 1971, partendo dal successo di Pensieri e parole, uno dei più clamorosi di Lucio Battisti in combutta con Mogol.
Quella canzone a me non piacque. Sarà che ero già a quei tempi “duro e puro” (e lo rimasi finché non venne uno più puro ad epurarmi)… Sarà che a me “ragazzo padre” freschissimo alle prese con pannolini, diarree e notti insonni di Leila, della nostra ferrovia non importava un fico secco… Ma ammetto che la canzone era assai ben costruita e in perfetta sintonia con le inquietudini dei ragazzi d’allora.
Il racconto di Venegoni ha in ogni caso altre bellezze, dai Led Zeppelin al Vigorelli al dramma di Gianni Morandi al Cantagiro, e contiene la rassegna sistematica delle canzonette dell’anno. E le canzonette, come diceva Pasolini, detengono “il potere magico, abiettamente poetico, di riportare in vita un tempo perduto”.
Dell’articolo mi convince soprattutto la conclusione: quella del 71 fu annata molto buona, con tanti motivi che ricordiamo e ci troviamo involontariamente a canticchiare, fischiettare, parodiare. (S.L.L.)  

C'è da farsi venire il mal di testa, a rintracciare lo «spirito» del 1971 dentro le note e le parole del suo tormentone estivo. Perché quello è stato un anno di rottura netta nella storia - piccola e grande - del nostro paese, con due società che convivevano guardandosi a muso duro, pronte a prendersi a cazzotti, con la polizia che ci metteva del suo nel magma di un tempo in evoluzione tumultuosa e di animi pronti a tutto.
Fra lanci spietati di gas lacrimogeni, contestatori dei padroni della musica, e semplici fans, successe davvero il finimondo, il 5 luglio di 40 anni fa giusti giusti, al Vigorelli di Milano, con la scusa di un concerto. Nella guerriglia esplosa dentro quello che fu tempio della contestazione musicale dell'epoca, vennero a troppo stretto contatto due visioni incompatibili del mondo, riunite sotto il tetto del Cantagiro, un marchio che in quella estate lontana era ormai decotto e che però soltanto un decennio prima aveva forgiato il nuovo gusto giovanile: ma ora, con i Vianella, Milva, Morandi e la gnagnera buonista di quella carovana di un tempo consunto, Radaelli aveva pensato bene di tentare un recupero di «modernizzazione» invitando come ospiti d'onore i Led Zeppelin, banda di un rock mitico ormai al quarto disco e all'apice del successo mondiale.
E fu come accendere una miccia in una polveriera, perchè la brutalità del contrasto di stili e di passioni scatenò fuoco e fiamme (ma davvero fuoco e fiamme) tra i 15 mila fans del Vigorelli che, quasi tutti, arrivati in pellegrinaggio da ogni parte d'Italia, volevano sentire soltanto gli Zeppelin e la loro musica furente.
L'incandescente serata - che fu ad appena due giorni dalla tragica morte di Jim Morrison a Parigi - non è stata per nulla un fatto solo italiano, d'una piccola provincia del rock, e basta andare a navigare nel sito ufficiale dei LedZep per scoprire quanta attenzione e quale memoria se ne conserva ancora oggi. Il loro concerto durò soltanto 26 minuti, aperto da Immigrant song e chiuso da Whole lotta love»; ma a rimetterci le penne furono i divi della carovana musicale, soprattutto Gianni Morandi, il più contestato, che ricevette sul palco lanci d'ogni genere (Morandi più tardi fece ammenda - «Non avrei dovuto cantare» - e un po' partì da quella amara serata la deriva poi della prima parte della sua carriera, chiusa con la decisione di sparire, iscrivendosi al Conservatorio).
Ce n'era uno solo, comunque, in quell'estate, capace di mettere tutti d'accordo, destra e sinistra, borghesi e alternativi, melodici e rockettari, ed era naturalmente Lucio Battisti (che però poi i più «duri e puri» finsero di disprezzare - ma le sue canzoni invece le cantavano e le suonavano - per via di sue chiacchierate appartenenze politiche di corso opposto). Fin dal giorno dell'uscita, il 4 maggio, Pensieri e parole era la canzone che accarezzava ogni mente, di sinistra e di destra, inducendo un'ulteriore dose di irrequietezza negli animi accesi del pubblico giovanile. Quel mago di Mogol ce l'aveva messa tutta: «Che ne sai di un bambino che rubava/e soltanto nel buio giocava/e del sole che trafigge i solai che ne sai...». Prima assoluta nella hitparade della età di agosto, aveva come lato B del 45 giri Anche per te, altra perla della produzione battistiana: in quel momento pure Mina cantava Battisti, con Amor mio e ne finiva terza in classifica.
Ma quello fu un anno che grattavi per terra e sbucava una canzone incantevole. L'aria vibrava di speranze e disperazioni, e il tumulto sembrava ispirare chiunque, e - tanto per capirci - soltanto da Sanremo '71 erano uscite 4-3-43 di Lucio Dalla, più nota come Gesù Bambino, Il cuore è uno zingaro di Nicola Di Bari con Nada (che vinse il Festival), e Che sarà di Josè Feliciano, nonché la discutibile ma cantatissima Sotto le lenzuola di Celentano, che evocava una scappatella di lui prima d'un prudente ritorno a casa («e come Giuda la guardai»). Un tema, questo, ripreso poi dai Pooh in Tanta voglia di lei, altro pezzo infingardo («Mi dispiace devo andare, il mio posto è là») che svettava al numero 2 di quella stessa settimana.
Va registrato che nello stesso 1971 vedono il successo My Sweet Lord di George Harrison, poi nell'ottobre Imagine, il capolavoro di John Lennon, e in novembre un'altra botta la darà Battisti, con l'immarcescibile Canzone del sole.
Però sarebbe assurdo dimenticare che il nuovo conviveva (non sempre cosi' allegramente, abbiamo visto) con la tradizione volonterosamente impegnata a tenere il passo: quell'estate ebbero grande successo La riva bianca la riva nera di Iva Zanicchi, dove si cantava (alla greca) di conflitti e pacifismo un po' così, la smemorata Donna Felicità dei Nuovi Angeli, con il testo di Vecchioni, l'impegnatissima Here's to You di Joan Baez dal film Sacco e Vanzetti di Montaldo; e sempre come colonna sonora, spopolava fra i ragazzi Djamballà dal Dio Serpente con Nadia Cassini (una Canalis dell'epoca), scritta da Augusto Martelli, con l'arrangiamento che ancora ricordava le atmosfere avvolgenti del vecchio Ray Conniff.
Davvero una tonnellata di buone canzoni e con testi non balbettanti; roba che oggi ce ne vogliono dieci, di anni, per raccoglierne altrettanta. 

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