25.1.13

Nenni. Le opere (di Giovanni Sabbatucci)

Da un “Espresso” di molti anni fa riprendo una nota dello storico Giovanni Sabatucci sulle “opere” stampate che Nenni ci lasciò. In più, rispetto ad allora, c’è il terzo volume dei Diari e ci sono diverse decine di lettere edite nella raccolte epistolari dei corrispondenti di Nenni o in rivista. “Posto” qui la nota soprattutto perché mi pare assai convincente il giudizio sui Diari, che proprio per la “ingenuità” con cui vennero scritti rappresentano oggi una fonte straordinariamente utile per la storia politica dell’Italia repubblicana. (S.L.L.)

Scrittore dalla vena facile, Pietro Nenni ha lasciato ai posteri una quantità considerevole di scritti, sufficienti a riempire parecchi tomi di un'eventuale Opera Omnia. Nella maggior parte dei casi, si tratta di scritti d'occasione, di articoli e discorsi successivamente raccolti in volumi che si leggono sempre con interesse. Ricordiamo i titoli più noti: La battaglia socialista contro il fascismo (Mursia 1977), Vento del Nord (Einaudi 1978), I nodi della politica estera italiana (Sugarco 1974), tutti curati da Domenico Zucàro.
Saggi di ampio respiro o libri veri e propri, concepiti come tali, Nenni ne ha pubblicati pochissimi, e uno solo veramente importante: la Storia di quattro anni, scritta nel '26 per le edizioni Gobetti e più volte ristampata in seguito (l'ultima edizione è quella Sugarco del 76). Si tratta di un'analisi amara e spietata della sconfitta subita dal movimento operaio italiano negli anni tra la fine della guerra e l'avvento del fascismo, un classico della storiografia sull'argomento che ha ispirato molti lavori successivi ed è legato al periodo forse più fecondo della lunga esperienza politica di Nenni: quello dell' "autocritica socialista" e della collaborazione con Carlo Rosselli sulle colonne del "Quarto Stato".
C'è infine il Nenni diarista, quello che affida quasi quotidianamente agli inseparabili taccuini le riflessioni sui grandi e piccoli eventi politici di cui è testimone o protagonista, mescolandole alle notazioni sulla sua vita privata e familiare. Del Nenni diarista conoscevamo, fino a poco fa, solo qualche frammento. Ora conosciamo quasi tutto, grazie alla pubblicazione dei primi due volumi dei Diari (un terzo e ultimo è annunciato a breve scadenza), editi da Sugarco per le cure di Giuliana Nenni e di Domenico Zucàro e con la presentazione di Giuseppe Tamburrano.
Pur con qualche grosso buco — soprattutto in corrispondenza del '50-51 e del '57-58 — i Diari coprono più di trentacinque anni di storia italiana, dal '43 alla fine degli anni '70. Nel primo volume, Tempo di guerra fredda (1943-56), si parla fra l'altro della caduta del fascismo, della battaglia per la Repubblica, della scissione di Palazzo Barberini, delle elezioni del 18 aprile '48, del frontismo, della morte di Stalin, dei fatti di Ungheria e dell'inizio del dialogo con i cattolici. Il secondo, Gli anni del centro-sinistra (1957-66), riferisce puntualmente sulla travagliata genesi dei primi governi aperti ai socialisti, sui fatti dell'estate '60, su Kennedy e Kruscev, sulle prime esperienze di governo, le delusioni del centro-sinistra, la scissione del Psiup e la riunificazione col Psdi.
L'uscita dei diari, attesa da molto tempo con giustificata curiosità, ha suscitato reazioni contrastanti. I più hanno parlato di «avvenimento straordinario» e di «documento eccezionale». Altri non hanno nascosto la loro delusione. In effetti, mancano le rivelazioni clamorose (un esempio per tutti: la famosa estate del '64, con le minacce di colpo di Stato); e mancano anche le intuizioni folgoranti. Qualche volta, Nenni dà l'impressione di passare attraverso avvenimenti capitali senza registrarne la reale portata. Certo è che i diari ci restituiscono tutto intero lo spessore umano del personaggio (fra i più simpatici e popolari della nostra storia recente), ma al tempo stesso ne svelano i limiti, soprattutto quelli relativi a una concezione ottocentesca della politica.
Ma in fondo le ingenuità e gli abbagli di cui sono pieni i diari costituiscono la prova migliore della loro autenticità: del fatto cioè che di veri diari si tratta, e non di testi rimanipolati a posteriori. In un libro di memorie, scritto molto tempo dopo i fatti narrati, sarebbe stato assai più facile far tornare i conti.

"L'Espresso", 12 settembre 1982

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