11.1.16

Cronache giubilari. Le porte del Paradiso (Salvatore Lo Leggio)

Nella Basilica di S.Maria degli Angeli in Assisi, in attesa dell'apertura della Porta Santa
Nel Giubileo cattolico sopravvive l'eredità del Giubileo ebraico, l'anno in cui si liberavano schiavi e prigionieri e si rimettevano debiti, in verità più predicato che praticato, e si sovrappongono intrecciandosi diverse simbologie. Due sono le immagini centrali, il viaggio e la porta, identificabili nel pellegrino penitente che nell'anno Santo con fatica percorre la strada per Roma e lì compie il giro delle quattro chiese e nell'apertura di uno speciale accesso alla basilica di San Pietro, la soglia da varcare per poter godere dell'indulgenza plenaria. C'è un nesso tra i due simboli - viaggi e porte mettono in comunicazione - ma c'è una differenza importante: il viator compie un itinerario che – attraverso rinunce, scomodità, conoscenze - conduce verso il lontano, la porta separa o congiunge, a seconda che sia chiusa o aperta, spazi contigui.
Nel Giubileo straordinario indetto quest'anno dal papa Bergoglio prevale, nettamente, il simbolo della porta. Il pellegrinaggio verso Roma viene consigliato e auspicato, ma se ne può fare a meno: la chiesa universale tende a coprire tutti gli spazi abitati (l'ekumene); per ottenere la misericordia, la tenerezza e l'indulgenza del dio onnipotente non è obbligatorio un lungo tragitto, basta un atto di volontà, basta oltrepassare la soglia che ci separa dalla nostra chiesa. Tutto ciò ha molto a che vedere con l'orgoglio cattolico, con il primato del vescovo di Roma, con lo speciale carisma che il cattolicesimo attribuisce ai suoi vescovi e preti: l'immaginario cattolico al primo dei papi, l'apostolo e martire Pietro, assegna nell'aldilà il ruolo di custode della porta del paradiso, di cui detiene le chiavi. Il messaggio, non solo religioso, ma anche etico e, in senso lato, politico, è che solo nella Chiesa cattolica, apostolica e romana, l'umanità sbandata può trovare salvezza e che essa Chiesa, attraverso i suoi ministri, è vicina agli uomini, ovunque abitino e vivano.
La scelta papale è stata pertanto di non legare l'indulgenza plenaria (che consente, una volta morti, di andare dritti dritti in Paradiso, scampando oltre che alle fiamme infernali alle penitenze purgatoriali) alla visita della basilica di San Pietro o di un'altra riconosciuta come papale, ma di moltiplicare le porte del Paradiso di modo che ne sia almeno una in ogni diocesi e che “porte sante” possano funzionare nelle cappelle di carceri e ospedali, luoghi della sofferenza e della misericordia.
Tutto ciò ha moltiplicato il numero delle cerimonie di apertura della porta e di inaugurazione del Giubileo. Dopo quella vaticana dell'8 dicembre il Papa in persona si è dovuto sobbarcare il compito di altre aperture a Roma e dintorni, mentre a partire dal 13 riti analoghi si svolgevano in molte sedi vescovili, in tutto il mondo. In Umbria, quasi in ogni diocesi, a leggere i giornali l'apertura dell'Anno Santo s'è trasformata in una festa del vescovo, a cui alla fine del rito sacro vengono tributati clamorosi applausi. Si è potuto notare anche in Tv il compiacimento con cui l'arcivescovo di Perugia, il cardinale Bassetti, parlava del calore dei suoi preti e delle sue suore. Un filo sembra legare questa innovativa organizzazione del Giubileo con il Sinodo sulla famiglia svolto di recente a Firenze: il Papa cerca un rapporto diretto con i vescovi, scavalcando o emarginando la Curia romana e i suoi cardinaloni. Progetta un Concilio ecumenico? E' difficile dirlo: Bergoglio è costretto a muoversi con prudenza, in contesti piuttosto ostili. Certo è che per l'apertura della porta e dell'Anno santo ha scelto l'8 dicembre in cui ricorrevano i cinquant'anni dalla conclusione del concilio del Concilio Vaticano II e che di esso ha voluto parlare proprio nell'occasione più solenne.

Libri
C'è un gran chiacchiericcio mediatico sul significato di questo straordinario Giubileo della Misericordia (qualcuno lo chiama “di Francesco”), ma forse vale la pena riferirsi a volumi di un qualche spessore. Due storici, Alberto Melloni e Giovanni Miccoli hanno dedicato, in concomitanza con le scelte pontificie, un libro al tema: il primo ha pubblicato per Laterza Il Giubileo. Una storia, il secondo per Carocci Anno Santo. Un'“invenzione” spettacolare. L'uno e l'altro sembrano nutrire la speranza di una imminente riforma della Chiesa, i cui caratterisi possono desumere da un giudizio di Melloni, non propriamente positivo, sul Giubileo del millennio (e di Wojtila): «Tutto quello che poteva accadere di imbarazzante accadde: dalla moltiplicazione dei pellegrinaggi per categorie professionali, alle grandi opere tipiche dell’Italia di quei decenni; al sogno di creare, grazie ai mega-eventi, come l’adunata dei giovani a Tor Vergata, un traino evangelizzatore di cui si perderanno rapidamente le tracce». Nella lettura di Miccoli, che ha dedicato un'ampia parte del libro al giubileo appena indetto, Bergoglio porta a conclusione un processo intrapreso dal papa polacco. Costui aveva usato il Giubileo del millennio per proclamare un perdono non solo offerto dalla Chiesa ma da essa richiesto per le proprie colpe storiche, nei confronti degli ebrei e delle donne, per esempio, o di pensatori e scienziati in sospetto di eresia; ma di questi errori aveva attribuito la responsabilità a singoli uomini di Chiesa, seppure posti ai vertici di essa, salvando l'infallibilità dell'istituzione. Bergoglio la mette esplicitamente in discussione e di quando in quando sembra promettere un pubblico lavacro dei cosiddetti “panni sporchi”, chiedendo misericordia per i “comportamenti non cristiani” di ieri e di oggi. Secondo Miccoli, nell'indicare un ruolo pastorale alla Chiesa, l'attuale papa farebbe prevalere sulla stessa verità la misericordia.

Chiesa trionfante e Chiesa militante
La “grande riforma individuale e collettiva” cui il Papa gesuita aspira rammenta quella originata dal Concilio di Trento. Accantonate le professioni dogmatiche e la repressione dell'eresia, di quel modello resta viva l'idea di una Chiesa potente e ricca, i cui uomini tuttavia non ostentano ricchezza e si pongono come organizzatori di opere di carità e misericordia, difensori dei poveri verso le altre potenze. Questo segna la differenza più profonda con il Giubileo di Giovanni Paolo II: anche lì erano presenti uomini e istituzioni della carità cattolica, ma il primato era della “Chiesa trionfante”, che aveva sconfitto il comunismo, mentre papa Francesco lo rivendica per la “Chiesa militante”.
In questo progetto Bergoglio incontra la Chiesa del Concilio Vaticano II posta ai margini – o addirittura condannata - da Wojtila, quella che traeva ispirazione dalle encicliche “militanti” di Roncalli e Montini (la Mater et magistra, la Pacem in terris, la Populorum progressio), quella della Teologia della Liberazione in America latina, dei preti operai in Francia, dei “preti sociali” vicini alla sinistra in Italia. Bergoglio è convinto quanto Wojtila che la sconfitta del comunismo novecentesco contenga in sé la sconfitta dell'aspirazione a un mondo costruito secondo ragione degli illuministi: l'idea che gli uomini, i popoli, i poveri e gli oppressi possano emanciparsi da sé senza la grazia di un dio e senza la guida della sua chiesa e dei suoi preti è anche per lui una bestemmia che deve essere cancellata. La “misericordia” offre peraltro una sponda anche agli orfani del socialismo laico e del comunismo, ma non è più il “dialogo” la base della collaborazione per il bene comune, visto che un dialogo presuppone la parità tra gli interlocutori, ma il riconoscimento da parte dei laici di una “egemonia” da parte della chiesa.
L'ambizioso progetto trova un limite nella “mondanizzazione della chiesa” e nelle forti resistenze che ciò determina verso i conati riformistici. Due libri recenti, Avarizia di Fittipaldi e Via Crucis di Nuzzi, utilizzando documenti provenienti dal Vaticano, hanno mostrato non solo le ruberie, i lussi, gli sprechi di tanti dignitari ecclesiastici, ma anche la connessione organica della potenza economica della Chiesa con una finanza internazionale per molti aspetti criminale; ma in Vaticano tuttavia non si processano i corrotti della Curia, solo gli autori dei libri e i loro presunti informatori. E ha fatto ridere la trovata del cardinale Bertone di donare alla Fondazione dell'Ospedale del Bambino Gesù 150 mila euro, dopo averne fatto spendere alla stessa 200 mila per ristrutturare secondo i propri gusti il sontuoso appartamento ove abita. Uno dei preti di sinistra che oggi appoggiano Bergoglio soleva dire che in politica la distinzione non è tra credenti e non credenti, ma tra credibili e non credibili. Vale anche per il Papa, di cui molti riconoscono le buone intenzioni, ma trovano gli atti sembrano al di sotto delle necessità di pulizia.

Assisi: pagelline e omissioni
Il flop dell'8 dicembre per la inaugurazione a Roma dell'Anno Santo (50 mila persone contro le 100 mila attese e le 200 mila sperate) è stato spiegato con la paura degli attentati. Non basta. Né corrisponde del tutto al vero quanto scrive “La Voce”, organo dei vescovi dell'Umbria, secondo cui ci sarebbe stata una partecipazione amplissima ed entusiastica all'apertura delle porte sante nelle diocesi della regione. Il successo di pubblico dei riti nella regione è un po' a macchia di leopardo e non c'è la mobilitazione di tipo militare che ci fu nel 2000, quando le diocesi organizzavano la presenza a Roma in alcune domeniche prestabilite e gli autobus portavano seco intere scolaresche, personale di uffici e di fabbriche, pensionati e curiosi in grande quantità. Una parte di clero conservatore rema contro e non mancano perplessità in vari settori della società.
Pare che ad Assisi, in ogni caso, ci sia un impegno speciale, anche nella speranza di successi turistici legati alla speciale simpatia del Papa per il Santo poverello. Hanno addirittura organizzato per i pellegrini un percorso in sette tappe, inserito all’interno di una guida con la mappa della città, che ripercorre i luoghi francescani visitati da papa Francesco nella sua visita il 4 ottobre del 2013 (San Rufino, San Damiano, sala della Spogliazione, tomba di San Francesco, Istituto Serafico, la Porziuncola agli Angeli e il Tugurio nella chiesa di Rivotorto). Ogni volta che i pellegrini si soffermeranno per un congruo spazio di tempo in raccoglimento riceveranno una “pagellina del pellegrino francescano” per l’applicazione dei timbri di tappa in tappa, che conserveranno come ricordo.
Tra i riti che ho seguito di persona mi è parso abbastanza riuscito quello nella basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi, che si è svolto il 20 pomeriggio. Controlli di polizia accurati all'ingresso del grande piazzale, autorità, frati, suore, confraternite, paramenti delle grandi occasioni, basilica piena ma non zeppa. Canti in latino, sulla linea “Cristo regna e il Padre è misericordioso”, litanie in onore del Papa e del Vescovo che guida il corteo dei religiosi e apre la “porta santa” che è quella della piccola Porziuncola interna alla grande Basilica.
Com'è noto, i cassieri dei frati cappuccini che gestivano la basilica, travolti dall'avarizia, hanno coinvolto l'Ordine in uno degli scandali finanziari che più hanno indignato i fedeli: prima una forse ignara, ma altamente interessata (11% ?), compartecipazione con i proventi delle elemosine ad attività speculative che non escludevano il traffico d'armi, poi la perdita di una parte delle somme investite e il sequestro del resto in una banca svizzera ad opera della magistratura internazionale. Ma nell'omelia alla cosa non c'è stato alcun riferimento comprensibile. Si suol dire che “non si parla di corda in casa dell'impiccato”, ma se Bergoglio non spinge i suoi vescovi a farlo, ad alta voce e dappertutto, finirà con l'essere lui impiccato alle sue stesse velleità riformistiche.

“micropolis”, supplemento al manifesto di martedì 29 dicembre

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