30.4.18

Civiltà USA. Dollari, whisky e violenza (Massimo Fini, 1999)


Qui “posto” un vecchio articolo ferocemente e unilateralmente antiamericano, non so su quale giornale e in quale data esatta pubblicato, che trovo nel sito di Massimo Fini, un eccellente giornalista divenuto nel tempo un autentico reazionario, ma - in quanto tale – spesso critico acuto del presente. Risale a quasi vent'anni fa, ma a me sembra, per alcuni versi, attualissimo e mi inocula il sospetto che, nonostante il supposto declino della potenza Usa, alcuni aspetti deteriori dell'american way of life, quelli che per Fini ne sono la sostanza, continuino a diffondersi per l'universo mondo. (S.L.L.)

Dopo la strage del liceo di Denver, dove due fanatici, per onorare il genetliaco di Hitler, hanno ucciso a colpi di fucile e a suon di bombe tredici compagni di scuola e si sono poi tolti la vita, il presidente Bill Clinton ha rivolto un appello al Paese: «È ora di insegnare ai nostri figli a risolvere i conflitti con le parole e non con le armi».
Non so se Clinton si rendesse conto dello stridente e grottesco contrasto fra ciò che stava dicendo e ciò che, nello stesso momento, stava facendo in Jugoslavia. Se la pedagogia è quella dei missili e delle tonnellate di bombe che la Nato sta rovesciando sulla Serbia per risolvere un conflitto, non c'è da meravigliarsi se i ragazzi americani pensino di risolvere i loro alla stessa maniera. Qui Adolf Hitler, quello vero, non c'entra niente, Hitler sta nel cuore nero e profondo del popolo americano. Che ha la violenza, la prepotenza e il disprezzo della vita, purché altrui, nel sangue. Nell'anno scolastico '97-'98 sono stati quarantotto gli studenti e i professori assassinati nei licei Usa. In quello in corso erano nove prima della strage di Denver e, pochi giorni dopo, è stata gravemente ferita un'altra ragazza di un liceo della Louisiana. Del resto gli Stati Uniti hanno il primato mondiale nei morti da arma da fuoco.
Massimo Fini
E questo primato sinistro non deriva solo dal fatto che negli Usa la vendita delle armi è libera, e nessun presidente o Congresso ha mai osato limitarla per non dispiacere alle potenti lobbies dei fabbricanti (il denaro «non olet», come sempre), ma affonda le sue radici molto più lontano: nell'intera storia americana. I gloriosi United States of America, così democratici, liberali e morali, sono nati su un genocidio, autentico e pienamente riuscito: quello dei pellerossa. E poiché non gli bastava l'enorme superiorità del winchester sulla freccia e sull'arco, hanno distrutto uno dei popoli più poetici, più leggeri, più spirituali, col whisky e con l'alcol, così come oggi ne distruggono altri con i loro dollari oltre che con i loro missili. Sono stati gli americani i primi a bombardare le città con lo scopo dichiarato di colpire i civili e fiaccare così il morale dell'avversario, come avvenne a Dresda, a Lipsia a Berlino, e come avviene oggi a Belgrado, a Novi Sad, a Pristina. Sono stati gli americani gli unici al mondo a gettare le bombe atomiche, a Hiroshima e Nagasaki che non erano, com'è ovvio, degli obiettivi militari. Ottantamila morti in pochi secondi e conseguenze devastanti per decenni solo per far sapere ai nemici, in particolare all'Urss, che si disponeva di un'arma terribile. Sono stati gli americani i soli, insieme con Saddam Hussein, a utilizzare le armi chimiche com'è avvenuto in Iraq con le pallottole all'uranio. Nemmeno Hitler, che pur le possedeva, era arrivato a tanto. Sono stati gli americani a bombardare per 55 giorni, per non voler affrontare subito l'esercito iracheno, una città di civili, uccidendone 157.971, fra cui 32.195 bambini e 39.612 di donne ( e poiché molti lettori mi chiedono, polemicamente, da dove mai io abbia attinto questi dati, dirò che sono stati forniti da una funzionaria dell'Ufficio del Censimento della Casa Bianca, Beth Osborne Daponte, che fu poi licenziata a seguito dell'imbarazzante gaffe. Questi dati io li ho pubblicati sull'Europeo, sul Giorno, sul Tempo, giornali a diffusione nazionale che certo non sfuggono all'attenzione delle numerosissime agenzie americane presenti in Italia, ma non sono mai stati smentiti).
La violenza degli americani non è sinonimo di coraggio. Al contrario. Il pistolero è codardo. Tanto disprezza la vita altrui quanto è attento alla propria. Quando gli americani, nel '43-'45, risalivano l'Italia, mandavano avanti gli indiani, i neozelandesi, gli australiani, i sudafricani, i canadesi e gli inglesi, insomma le truppe del Commonwealth, e poi, fatta piazza pulita, arrivavano loro, i «liberatori», con alla testa il generale Clark, impettito sulla jeep. A Pisa, come è stato rivelato di recente, pur di avere ragione di un nido di mitragliatrici tenuto da quattro tedeschi che si erano asserragliati in cima al campanile e resistevano da giorni, avevano elaborato piani per far saltare in aria la Torre. I tedeschi in ritirata, per non danneggiare i ponti storici di Firenze, persero diecimila uomini. A differenza dei loro cugini inglesi gli americani sono del combattenti mediocri. E infatti l'unica volta in cui non hanno potuto far valere appieno la loro enorme superiorità tecnologica hanno perso la guerra. E dopo aver fatto milioni di morti in tutto il pianeta stanno ancora lì a piagne i loro sessantamila caduti in Vietnam e quando un soldato yankee rischia di farsi la bua in qualche parte del mondo in cui gli Usa sono andati a esercitare la loro prepotenza, tutta l' America sta in apprensione e riempie le chiese. Che soggetti del genere, tanto attenti a se stessi quanto indifferenti agli altri, siano caduti in deliquio «umanitario» per le sofferenze dei Kosovari, è semplicemente incredibile. E questa guerra in Jugoslavia fa schifo per mille motivi ma soprattutto per il modo in cui è condotta: non rischiando una sola vita propria là dove si fa scempio di quelle altrui. Mentre la legittimità, in guerra, di uccidere deriva dalla possibilità di essere altrettanto legittimamente uccisi. Altrimenti non di guerra si tratta ma di strangolamento bellico. I Murgin, tribù di aborigeni australiani, essendo stati avvicinati da degli esploratori europei disarmati consegnarono loro archi, frecce e lance perché potessero battersi alla pari.

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