8.9.19

Gennaio 1967. Luigi Tenco e Mike Bongiorno al Festival di Sanremo (Enrico Deaglio)

Luigi Tenco con Dalida

Dalida entra nella stanza 219 nella dépendance dell’Hotel Savoy di Sanremo in piena notte. Trova il cadavere di Luigi Tenco con il cranio attraversato da un proiettile, da tempia a tempia. Qualche ora prima, al salone delle feste del casinò, Tenco ha cantato una versione lenta, quasi fuori tempo, di Ciao amore ciao, il brano che ha portato al 17° Festival della canzone italiana, proprio in coppia con Dalida. È apparso stravolto, come assente, e alterato da qualche sostanza. “Questa è l’ultima volta,” ha detto a Mike Bongiorno che lo ha presentato sul palco.
Nemmeno l’esibizione di Dalida, con un arrangiamento più ritmato, è riuscita a fare arrivare la canzone in finale. Ciao amore ciao si piazza solo dodicesima su 16 brani in gara, viene eliminata e la commissione speciale che avrebbe potuto ripescarla le preferisce La rivoluzione di Gianni Pettenati e Gene Pitney. Dopo il verdetto Tenco si sfoga con rabbia, si addormenta dietro le quinte su un tavolo da biliardo, parla in macchina con Dalida, diserta la cena organizzata dalla casa discografica al ristorante Il Nostromo e torna solo in albergo.
Nessuno dirà di aver sentito lo sparo, né Lucio Dalla, né Tony del Monaco, né altri vicini di stanza. Accanto al suo corpo viene ritrovato un biglietto scarabocchiato di suo pugno: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente 5 anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi".
Tenco avrebbe compiuto 29 anni il 21 marzo. Era l’autore di brani come Mi sono innamorato di te (perché non avevo niente da lare), Un giorno dopo l’altro e Lontano, lontano che hanno contribuito all immagine di uomo irrequieto, un po’ esistenzialista e misterioso.
Aveva scoperto da adulto che quello che credeva suo padre non era suo padre. Si era dedicato alla musica tra Milano e Genova nel mezzo di una vita sentimentale ricca e tormentata, con Dalida e altre. Era un uomo impegnato, iscritto al Partito socialista prima, simpatizzante comunista poi. Amava il gioco d’azzardo e le armi, possedeva un fucile e tre pistole. Una, la Walter Ppk che portava con sé per difesa personale, è stata ritrovata nella camera dell Hotel Savoy.
Ma le indagini sulla scena del delitto partono tardi e male. Il commissario capo di Sanremo, Arrigo Molinari (tessera P2 numero 767, si scoprirà), fa rimuovere frettolosamente il cadavere che viene trasportato all’obitorio del cimitero. Solo dopo il corpo verrà riposizionato nella stanza d'albergo per i rilievi, in una scena ormai contaminata senza rimedio. Il referto di polizia parla di evidente suicidio. L’autopsia, a quanto pare, non serve.
Sul Festival cala una cappa di incredulità e sgomento ma non dura molto. Scrive Natalia Aspesi, inviata de “Il Giorno”:

Nessuno o meglio quasi nessuno del baraccone, si è lasciato coinvolgere al di la della faccia di circostanza, nel tremito di un solo momento di autocritiche e verità. [...] In questi giorni nessuno gli aveva dimostrato particolare affetto: era un ragazzo scontroso, antipatico a molti, cosi tanti lo evitavano, i colleghi si sentivano a disagio con lui. Dopo tutti hanno pianto, si sono disperati, hanno gridato al suo valore, alla sua intelligenza, alla sua incomunicabilità, hanno parlato del loro affetto per lui. Ma l’autentico sgomento, che anche solo per poco ha soffocato tutti, era più che per la sua fine, per il riflesso del suo gesto: in questo gesto ognuno si è specchiato e ha avuto paura per sé. [...] Nel pomeriggio mentre le spoglie di Luigi Tenco viaggiano verso Recco, il parrucchiere Cele Vergottini lavora senza tregua: stira i capelli a Dionne Warwick, pettina la povera Caterina Caselli, dà un colpo di spazzola a un numero imprecisato di signore. Il capellone Antoine prosegue le prove e anche i Los Drasus con la loro divisa d’oro riprovano il pezzo. Senza rendersene conto la gente canticchia, lascia che il corpo si muova a tempo di shake. Le canzoni moderne sono davvero irresistibili.

Il carrozzone del Festival quindi non si ferma, la Rai sceglie l'understatement. 
Sanremo 1967. La proclamazione dei vincitori
Mike Bongiorno sale sul palco e guarda in camera; “Signore e signori buonasera, diamo inizio alla seconda serata con una nota di mestizia per il triste evento che ha colpito un valoroso rappresentante del mondo della canzone. Anche questa sera per presentare le canzoni è con me Renata Mauro. Allora, Renata, chi è il primo cantante di questa serata?”.
La terza serata culmina con la proclamazione dei vincitori. Sono Claudio Villa e Iva Zanicchi con Non pensare a me.

Patria 1967 – 1977, Feltrinelli 2017

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