3.3.12

Il cane di Minìo e la figlia di Scrofani (di Gesualdo Bufalino)

Dal Museo d’ombre di Gesualdo Bufalino riprendo due delle sue Antiche locuzioni illustrate, argute e saporose. (S.L.L.)

Da una foto di Daniel Purcaru
«FACISTI COMU 'U CANI 'I MINIU, CA MANCIAU E S’INNIU». «Hai fatto come il cane di Minìo: mangiò e se n'andò».
Un'inviolabile oscurità copre i casi terreni di Minìo e del suo cane. Solo ne sopravvive il ricordo in questo proverbiale rimprovero che si rivolge a chi usa l'altrui come se gli fosse dovuto; a chi, a tavola o nella vita, si pasce con silenziosa ferocia e scappa subito via; insomma, ad ogni ospite frettoloso e ingrato. V'è infine il caso che la frase risuoni, per galeotta metafora, in bocca a una moglie, nell'intimità dell'alcova...

«TI  MANCIA 'U CULU COMU À FIGGHIA 'I SCROFANI». «Ti prude il culo come alla figlia di Scrofani».
Niente affatto galante, riconosciamolo, questa espressione,  vecchia di  un secolo, almeno. Poiché, se anche quella tale ottocentesca fanciulla, afflitta da cosi singolari pruriti (ragadi o altro che ne fosse la causa), riposa ormai nei pacifici orti del cielo, placata, è sperabile, e divenuta tutta nuvole e luce, non per questo è da perdonare l'indiscreto dileggio che ne suole accompagnare il ricordo.

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