14.3.13

Luchino Visconti. Il conte dal barbiere (Franco Bompieri)

Nel dicembre del 1979, “La lettura”, al tempo edita da Rizzoli e diretta da Oreste del Buono, pubblicò alcune pagine di un libro da farsi, un manoscritto che aveva titolo provvisorio Antica Barbieria “Colla” ovvero Della salute del capello. Ne era autore un barbiere scrittore, Franco Bompieri, il quale aveva al suo attivo già due romanzi, ma qui parlava dei suoi clienti, o meglio dei clienti di un rinomato salone di barbiere al centro di Milano, in via Morone, non lontano dalla casa del Manzoni, ove Bompieri cominciò da lavorante e finì da comproprietario. Il libro poi si fece, nel 1980, per i tipi di Feltrinelli.
Qui “posto” un brano dedicato a Luchino Visconti. (S.L.L.)
Una bottega diventa un'istituzione quando le istituzioni si servono della bottega; soltanto gli scalatori sociali pensano che possa avvenire il contrario. Il duca Giuseppe Visconti di Modrone cominciò a servirsi da Colla ai primi del novecento e continuò fino alla morte e con lui i discendenti diretti e non pochi collaterali.
Quando fui assunto come lavorante da Guido Mantovanini, il conte Luchino che qui aveva fatto il suo primo taglio di capelli verso il 1912, viveva già a Roma da molti anni, ma i ritorni a Milano erano frequenti, soprattutto invernali, quando vi portava gli spettacoli teatrali di cui era regista. Allora lo si rivedeva e con lui molti dei suoi collaboratori, quasi tutti ancora miei clienti: Paolo Stoppa, Renzo Ricci, Franco Zeffirelli, Vittorio Gassman, Giorgio De Lullo, Marcello Mastroianni. Spesso consigliava, talvolta pretendeva, con durezza. In Un tram che si chiama desiderio Mastroianni doveva essere il Polacco e tale doveva assolutamente sembrare, e l'intervento risolutore sembrò a Visconti un radicale intervento sui capelli: biondi e tagliati cortissimi sulle basette, sfumati sul collo, lunghi e scarmigliati sul capo. A quei tempi non c'erano decoloranti, imperava l'acqua ossigenata: sedici ore di lavoro, alla fine Mastroianni era il polacco voluto.
Un barbiere serio non distingue fra i clienti, e il loro rango sociale e la loro importanza professionale scarsamente lo influenzano, ma alcuni clienti si impongono più di altri e con loro si stabilisce una comunicativa del tutto particolare. A Visconti piaceva una sfumatura alta e capelli corti, corti a un livello imprecisato, per cui spesso mi accusava di avere sbagliato tutto, dandomi dei pugni rapidi e scherzosi sulle spalle. Mi illudo che fosse un modo per stabilire un rapporto umano. Visconti era il regista che con La terra trema, ma soprattutto con Rocco e i suoi fratelli aveva dato dignità alla povertà e all'immigrazione, le condizioni della mia prima vita. Visconti era anche il regista di Senso, girato per gran parte dalle mie parti, sul Mincio, sul filo di un Verdi amatissimo: naturale che lo vedessi con occhi e animo particolari.
Nessuna confusione: l'interesse e forse anche l'amore che Visconti portava per l'uomo e le cose che gli stanno intorno e che prendono vita dalle passioni e dalle sofferenze di cui egli dette rappresentazioni uniche non avrebbe mai potuto colmare la nostra profonda differenza di classe; ma più di un filo sottile, sono certo, era teso fra noi. Forse perché, figlio di un sensale di cavalli, portavo ancora addosso l'odore ben noto a Visconti che fu, in giovinezza, un allevatore appassionato. Gli chiesi un giorno: « Perché ha lasciato i cavalli per il teatro, signor Conte?». «I cavalli mi hanno dato grandi soddisfazioni, quasi il meglio di quello che puoi ottenere da un essere vivente, ma i cavalli non parlano». Nonostante La terra trema, sempre di un Visconti si trattava.

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