26.3.13

Ancora su Confucio. Un elzeviro e una nuova biografia (Silvia Calamandrei)

Qualche tempo fa (13 dicembre 2008) un elzeviro di Pierluigi Panza nelle pagine culturali del «Corriere della sera» irrideva all'iniziativa del movimento universitario che a Milano aveva organizzato un seminario di filosofia sul pensiero cinese. Chiedendosi se questi fossero i suggerimenti dell'Onda «per la costruzione dell' università del futuro», Panza proseguiva: «Il futuro sta in un paese di sinologi? Quanti sinologi serviranno in Italia nei prossimi dieci anni? Cinque, dieci, venti, trenta, trentasei, quarantatré, come canta Figaro in apertura delle Nozze? Oppure, rovesciando i termini del problema: se agli studenti va bene studiare il Taoismo, poi perché si lamentano se l' università non dà sbocchi? O pensano che possono studiare quel che vogliono, poniamo sinologia, e lo Stato poi li deve assumere come sinologi, pagandoli (bene) con i soldi presi dalle tasse e tolti, che so, a ospedali, asili, ricoveri per anziani?». Ora, è curioso che un quotidiano avveduto come il Corsera non si renda conto che nella globalizzazione la conoscenza del pensiero cinese ha un peso, e non solo per pochi sinologi (di cui l'Italia fa sempre difetto rispetto ad altri paesi europei), e che molti bestseller di management in Cina si sono ispirati ai classici del pensiero asiatico. Clamoroso fra l'altro il caso del manuale sui Dialoghi di Confucio della studiosa Yu Dan, animatrice anche di un popolare programma televisivo che illustra i benefici dei valori confuciani per la vita quotidiana; tanto il suo successo, che l'”Economist” ne ha parlato ampiamente, e Daniel Bell, docente di filosofia politica all'Università Tsinghua di Pechino, ha analizzato il libro in China's New Confucianism (Princeton University Press 2008).
Sicuramente Panza non consiglierebbe la lettura del Confucio di Annping Chin (Laterza 2008), una scorrevole biografia che mette il lettore a contatto con la vita di un saggio di 2500 anni fa le cui parole continuano a essere fonte di ispirazione e oggetto di interpretazione. Il titolo inglese, The Authentic Confucius. A life of Thought and Politics, esplicita le intenzioni della storica, che si pone in competizione con l'antico biografo Sima Qian, il quale ricostruì a cinquecento anni di distanza la vita del personaggio. Duemila anni dopo, questo nuovo testo intende rendere giustizia a un saggio tornato in voga nella Cina d'oggi, dopo essere stato bersaglio della modernizzazione novecentesca. Professoressa a Yale, Annping Chin, di origine taiwanese, è la moglie del grande sinologo Jonathan Spence, i cui libri di storia della Cina e dei suoi passaggi cruciali verso la modernità si leggono come romanzi: questa biografia si colloca in tale filone, con un surplus di simpatia verso il personaggio e i suoi discepoli, tanto che l'autrice sembra averli frequentati di persona e aver partecipato ai loro dialoghi.
Per il lettore italiano è un'ottima familiarizzazione alla lettura dei Dialoghi, più volte ristampati in edizione economica, anche col testo cinese a fronte (Einaudi e Bur) e un'introduzione a classici del pensiero confuciano, autorizzato di nuovo allo studio filologico a partire dagli anni '80, nella Cina delle riforme. Rovesciando la condanna culminata nella Rivoluzione culturale, Confucio è assurto a riferimento della leadership cinese nella teorizzazione della Grande Armonia da perseguire con i nuovi programmi di sviluppo e nella denominazione scelta a partire dal 2004 per gli istituti di lingua e cultura cinese all'estero: come la Germania ha i suoi istituti Goethe, la Cina ha i suoi istituti Confucio, e Hu Jintao e Wen Jiabao, rispettivamente presidente e primo ministro, attingono alla terminologia confuciana dell'armonia, della pietà filiale e della benevolenza.
Per capire dove va la Cina occorre comprenderne le correnti ideali (come già sapeva il gesuita Matteo Ricci), e di certo il revival del confucianesimo ha corrisposto alla necessità di reperire nella tradizione nazionale strumenti di governance elaborati nella fase di crisi acuta della società tradizionale della Cina del V secolo a.C., una situazione di anarchia feudale in cui il ruolo del consigliere politico era quello di elaborare una strategia di mantenimento gerarchizzato dell'armonia sociale. Ed è da rilevare (come ha documentato Angela Pascucci sul «manifesto»), che anche altri filoni del pensiero alimentano il dibattito tra gli intellettuali cinesi, rivisitando la tradizione del Movimento del «4 maggio» e la figura di Lu Xun, da collocare sul versante anti-confuciano. Basterà il collante dell'armonia confuciana a ricucire le incrinature della società approfondite dalla crisi mondiale?

"il manifesto", 22 gennaio 2009 

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