19.5.10

Lacrime, sangue e regali ai soliti noti (un articolo di Roberta Carlini con un mio breve commento)

Sull'ultimo numero de "L'Espresso" un articolo di Roberta Carlini ci rende edotti di un nuovo grave caso di italiana malversazione. Riguarda le frequenze lasciate libere dall'introduzione del digitale terrestre, in Italia e all'estero. Il danno per lo Stato non è nell'ordine delle enormi cifre che si fanno per l'imminente manova di Tremonti e per le lacrime e sangue che promette soprattutto ai lavoratori ed ai pensionati, ma è notevole (due miliardi non sono bruscolini) e il fatto rimane sintomatico. Per giustificare la stretta tutti parlano di riduzione dell'indennità parlamentare (con proposte al rialzo che, partite dal 5%, sono arrivate al 50%). Nessuna obiezione, certe cifre appaiono e sono immorali; ed è giusto che gli emolumenti e i privilegi dei parlamentari abbiano immediatamente una congrua riduzione senza che deputati e senatori cechino l'alibi del "c'è ben altro". Ma non vorrei che questa misura diventi l'alibi per nascondere la massa delle elargizioni di tipo clientelare e i persistenti sprechi in molti settori della finanza pubblica. Un grazie va dunque espresso alla nostra ottima Robertina e agli altri (pochi) giornalisti di inchiesta che documentano le malversazioni. Ma è possibile, prima o poi, sperare in una opposizione politica e sindacale più attenta e puntigliosa, capace di procedere ad una sistematica mappatura del fenomeno in tutti i settori? Questa vicenda, peraltro, mette ancora una volta in evidenza quel conflitto d'interesse di Berlusconi che viene sistematicamente ignorato salvo poi a riemergere per occasionali e spesso interessate polemiche. A me, per esempio, pare chiaramente collegata a tale conflitto la liquidazione di Santoro e della trasmissione "Anno zero". Torneremo un'altra volta sulla figuraccia del "popolare conduttore". Ora ci premono altre domande. Con quale senso della decenza i farabutti che governano la Rai gli regalano diversi milioni di buonuscita? E' un'attuazione dell'indicazione berlusconica di mandarlo via "ad ogni costo"? Quanto ci guadagna il padrone di Mediaset con la soppressione di una trasmissione di grande successo? Quanto ci guadagna in immagine il capo della cricca che ci governa dalla soppressione di una delle poche trasmissioni di approfondimento non corriva verso il potere e con la chiamata al posto di Santoro di un suo storico cameriere, tal Belpietro? (S.L.L.)

Alle Tv un regalo da 2 miliardi

di Roberta Carlini

Tutti gli Stati Ue vendono le frequenze lasciate libere dal digitale terrestre. Unica eccezione: l'Italia che ha invece rinunciato al ricco business Angela Merkel ha i suoi problemi con le casse europee, ma per quanto riguarda quelle tedesche può consolarsi guardando al tesoretto che si sta accumulando ai piedi della vecchia tv. All'asta pubblica partita da alcune settimane, gli operatori di telefonia mobile fanno la fila con il portafoglio in mano per aggiudicarsi le frequenze lasciate libere dal passaggio al digitale terrestre. Finora sono entrati 2,5 miliardi di euro, la previsione del governo è di chiudere con un incasso che tra i 4 e gli 8 miliardi. E i tedeschi non sono soli: dall'Europa agli Usa, il "dividendo digitale" fa gola a molti governi. Ma non al nostro, che ha deciso di dare quelle frequenze gratis alle televisioni. Rinunciando a un bel gruzzoletto che il bilancio pubblico poteva incassare "senza mettere le mani nelle tasche degli italiani", come ama dire Tremonti.

Secondo una stima della Commissione europea, il valore dello spettro liberato con lo switch-off è di 44 miliardi di euro. A tanto ammonta lo stimolo all'economia dell'Unione che si avrebbe se quelle frequenze fossero destinate allo sviluppo dell'Internet mobile. Una buona fetta della torta potrebbe andare ai governi, che hanno vari strumenti a disposizione per farsi pagare le frequenze (le aste, ma anche l'esazione di canoni). Senza contare le ricadute sociali positive: accessibilità a tutti della banda larga ad alta velocità e riduzione del digital divide. Per questo dalla Commissione viene un'indicazione per tutti gli Stati membri: aprite lo spettro alla telefonia mobile. E così hanno fatto, o stanno facendo, Germania, Olanda, Danimarca, Finlandia, Spagna, Svezia, Gran Bretagna, Francia. Seguendo l'esempio degli Stati Uniti, dove il governo federale ha incassato 19 miliardi solo per il 2009.

In Italia, niente di tutto questo. Il governo Berlusconi ha deciso di non trarre alcun vantaggio economico (pubblico) dal dividendo digitale. Eppure, alla vigilia dello switch-over, le potenzialità economiche dello spettro italiano erano già evidenti agli esperti del settore: una stima allargata ai possibili vari usi delle frequenze (fatta in uno studio del 2007 da Carlo Cambini, Antonio Sassano e Tommaso Valletti) valutava l'incasso potenziale per lo Stato in 2 miliardi di euro all'anno. Più di recente, un'analisi dello stesso Cambini, del Politecnico di Torino, nell'ambito del progetto Isbul dell'Autorità per le comunicazioni, ha calcolato il costo-opportunità delle frequenze: in pratica, si calcola il costo della rinuncia a quelle frequenze per un operatore tv e per uno di telefonia mobile. In questo contesto, viene fuori che 1 Megahertz di frequenze più o meno simili "vale" 4 milioni per l'uso di una tv digitale, 10 milioni per la telefonia. Ma è una stima super-prudente, avverte lo stesso Cambini, perché non tiene conto del valore del business che gli stessi operatori si attendono dallo sviluppo di quelle frequenze: molto più alto, come si vede ogni volta che viene fatta un'asta. Basta vedere quel che è successo in Germania, dove finora gli operatori hanno offerto per frequenze analoghe circa 40 milioni per Mhz.

Insomma le frequenze sono una miniera d'oro, che il governo, attraverso l'allora ministro Claudio Scajola e il viceministro Paolo Romani, ha deciso di non far fruttare. Infatti la gara a cui sta lavorando l'AgCom di Corrado Calabrò è riservata alle tv, e non è un'asta ma si chiama "beauty contest": non si chiede denaro a chi partecipa, ci si limita a dettare i requisiti che bisogna avere per poter ricevere il dono. Che sarà spartito tra Rai-Mediaset, Telecom Italia, e qualche new entry di contorno.

("L'Espresso", 14 maggio 2010)

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