11.8.11

La banda della Magliana e i banditi del Vaticano

La banda della Magliana
Il 24 luglio scorso “La Stampa” ha pubblicato l’intervista di Giacomo Galeazzi a un ex della Magliana, uno dei primi membri della banda famigerata, reduce da una lunga detenzione e oggi pronto a dire quel che sa a magistrati e giornalisti. L’intervista – mi pare – apre uno squarcio di luce su alcuni misteri (il rapimento di Emanuela Orlandi, il ruolo dello Ior e di De Pedis) e conferma quello che già in molti avevano prima sospettato e poi intuito e compreso: la parte importante giocata in questa sporca storia delle gerarchie vaticane. La vicenda, specie se connessa ad altri frammenti di verità venuti fuori da indagini giudiziarie, aiuta a definire il quadro di un potere corrotto e corruttore, quello vaticano, che oltre a godere di un regime fiscale e finanziario di grande e ingiustificato privilegio, non esita nel perseguimento dei propri fini di arricchimento a varcare i confini della legalità e a colludere con bande di assassini. Di tutto questo maleodorante intruglio di religione e malaffare sembra non accorgersi l’intero mondo politico e quasi tutto il sistema dell’informazione. Per cui saluto con molta simpatia la denuncia del Pcl, il piccolo partito comunista di cui Ferrando è segretario, che mi è giunta via e-mail in forma di volantino, che opportunamente collega, seppure con un linguaggio che l’enfasi eccessiva può rendere inefficace, fatti vecchi e nuovi. Mi dispiace solo l’acrimonia con cui ci si rivolge ad altri gruppi e dirigenti della sinistra o del centro-sinistra. L’atteggiamento è di chi dice: “Sono io solo a denunciare. Voi siete tutti omertosi e complici”. Io credo che, per qualche tempo ancora, sarebbe più utile dire: “Sono io solo a denunciare. Cosa aspettate per fare anche voi il vostro dovere?”.  Per opportuna conoscenza aggiungo come appendice a queste mie parole l’intervista di Galeazzi e il volantino del Partito Comunista dei Lavoratori. (S.L.L.)
L'arcivescovo Marcinkus
L'ex della Magliana ''Sì, siamo stati noi a rapire la Orlandi''. ''Fu presa per ricattare il Vaticano: ci dovevano 20 miliardi''
(Giacomo Galeazzi)   
Emanuela Orlandi è stata rapita per ricattare il Vaticano e per ottenere la restituzione di un'ingente somma di denaro investita dalla banda della Magliana nello Ior». A 28 anni dalla scomparsa a Roma della cittadina vaticana figlia di Ercole Orlandi (messo della Prefettura della Casa Pontificia), Antonio Mancini, uno dei componenti del primo nucleo della banda, soprannominato Nino l'Accattone («Ricotta» nella versione letteraria e cinematografica di Romanzo Criminale) getta una nuova luce su un mistero italiano che, tra piste straniere, servizi segreti e collegamenti all'attentato a Wojtyla, é diventato un intrigo internazionale. Mancini, dopo molti anni di reclusione, ha deciso di collaborare con la giustizia e oggi lavora come autista di un bus per disabili. Il giudice Rosario Priore sostiene che la Orlandi sia stata rapita dalla Banda della Magliana per un ricatto al Vaticano per rientrare in possesso di 20 miliardi di lire consegnati allo Ior.
E' così? «Ciò che afferma il giudice Priore a proposito del rapimento della Orlandi è l'assoluta verità, quello che mi lascia perplesso è la cifra di 20 miliardi. Conoscendo la massa di denaro che entrava all'interno della Banda e in modo particolare nel gruppo dei testaccini, ritengo che 20 miliardi sia una somma sottostimata».
Quale fine ha fatto la Orlandi? «A lei sembra possibile che dopo 28 anni senza dare nessuna notizia di sé sia ancora viva?» Il boss dei «testaccini» della Banda, Enrico De Pedis è sepolto nella basilica romana di Sant'Appollinare. Perché? «Il motivo per cui De Pedis é sepolto nella Basilica di Sant'Apollinare é che fu lui a far cessare gli attacchi da parte della banda (e non solo) nei confronti del Vaticano. Queste pressioni della Banda erano dovute al mancato rientro dei soldi prestati, attraverso il Banco Ambrosiano di Calvi, al Vaticano. Dopo il fatto della Orlandi, nonostante i soldi non fossero rientrati tutti, De Pedis, che stava costruendo per sé un futuro nell'alta borghesia, si impegnò, attraverso i prelati di riferimento, a far cessare le azioni violente. Tra le cose che chiese in cambio di questa mediazione, c'era anche la garanzia di poter essere seppellito lì a Sant'Apollinare». Tra voi chi era quello che aveva maggiori contatti con gli ambienti politici ed ecclesiastici? «Nella Banda ognuno rivestiva un proprio ruolo, noi del gruppo della Magliana vero e proprio ad esempio avevamo il compito di conquistare il terreno. Quelli che dovevano inserirsi nei gangli del potere erano i testaccini perché avevano i modi e la sfacciataggine di amalgamare la banda di sangue (Magliana) alla banda di perbenismo (imprenditori, politici, manipolatori di denaro, magistrati, vescovoni e tutto ciò che formava l'apparato Buona Società)». Il pentito Maurizio Abbatino sostiene che voi della Magliana conoscevate il segretario di Stato, cardinale Casaroli. Le risulta? «Io personalmente ho conosciuto Agostino Casaroli da ragazzino nel periodo del riformatorio in quanto il Segretario di Stato si prendeva cura della devianza minorile. So però che uomini della banda in seguito hanno avuto rapporti con lui, quindi mi sento di avvalorare le dichiarazioni di Abbatino». De Pedis aveva effettivamente contatti e frequentazioni con ambienti influenti del Vaticano? «De Pedis, Carboni e Nicoletti erano quelli che avevano contatti maggiori con alte gerarchie del Vaticano». I costruttori che ruotavano attorno alla Banda avevano rapporti d'affari con lo Ior di Marcinkus e altre istituzioni finanziarie vaticane? «Sì e in modo cospicuo. Oggi la Banda esiste ancora, ha solo cambiato modo di operare. All'inizio per farci strada, dovevamo lasciare i morti per strada. Adesso la Banda ha vinto e come la mafia ogni tanto ammazza qualcuno per far capire che c'e' ancora. Basta vedere i recenti nomi di omicidi e vicende giudiziarie. Un anno fa Gennaro Mokbel, con il senatore Nicola Di Girolamo, e' finito nello scandalo Fastweb. Mokbel era mio guardaspalle armato e ben pagato. Garantiva la mia incolumità con Antonio D'Inzillo, lo stesso che guidava la moto quando fu ucciso De Pedis». Perché non ha parlato prima del caso Orlandi? «Non faccio il giudice. Nessun magistrato mi ha mai chiesto niente sulla scomparsa malgrado il vigile Sambuco abbia visto vicino al Senato la ragazza con un uomo il cui identikit somiglia moltissimo a De Pedis. Alti funzionari di polizia hanno detto di essersi indirizzati subito sulla pista-Magliana ma di aver trovato bastoni tra le ruote».
Don Verzè
Silenzio generale sugli scandali vaticani. Dove sono Vendola, Di Pietro, e Grillo?
(Partito comunista dei lavoratori)
In questi giorni, la stampa borghese si è ampiamente concentrata sul malaffare politico bipartisan: l'infinita girandola di mazzette, truffe, ruberie, mercimonio di incarichi pubblici dell'apparato statale, dei principali partiti borghesi (dal PDL al PD). Colpisce il parallelo silenzio che, con pochissime e imbarazzate eccezioni, avvolge gli scandali del Vaticano. Eppure emergono alla luce del sole, proprio in questi giorni, fatti clamorosi di criminalità clericale. Non parliamo dell'ampio coinvolgimento degli interessi vaticani nelle speculazioni immobiliari della cricca di Balducci, Verdini attorno al business della “Protezione civile” e dei cosiddetti “Grandi Eventi”. Né parliamo della continuità dello scandalo internazionale della “pedofilia”, che pur vede oggi una clamorosa rottura diplomatica tra lo Stato irlandese e il Vaticano, ufficialmente accusato di coprire, tuttora, pratiche di stupri contro bambini. Parliamo invece della bancarotta dell'impero di Don Verzè, grande confessore del Cavaliere Berlusconi, ma beneficiato dalle regalie di denaro pubblico da parte di tutti i governi e tutte le amministrazioni locali (da Formigoni a Vendola): un impero gigantesco, prosperato grazie al sostegno della finanza cattolica, coperto dal segreto contabile, e infine seppellito dal crollo del suo ambizioso grattacielo finanziario. Non è cosa da poco, persino dal punto di vista politico: dopo il tramonto del banchiere Geronzi, è il più duro colpo ricevuto dal giro capitalistico berlusconiano. Eppure,la notizia ha occupato lo spazio di un giorno, subito inghiottita dalla generale indifferenza. Neanche il suicidio del principale fiduciario di Don Verzè ( addirittura taciuto dall'Osservatore Romano) ha rotto l'incantesimo del silenzio. Lavoratori , contribuenti, piccoli risparmiatori non hanno diritto di sapere in quale giro di speculazioni e malaffare sono finiti i loro soldi ( si tratta cumulativamente di miliardi), girati gentilmente a Don Verzè da governi, banche, pubbliche amministrazioni di centrosinistra e centrodestra. Ma il fatto più clamoroso riguarda la famosa scomparsa di Manuela Orlandi. La Stampa di Torino del 24/7 riporta l'intervista di un vecchio esponente di primo piano della banda criminale della Magliana (Antonio Mancini) che per la prima volta rivela pubblicamente la complicità del Vaticano con la banda. Afferma che la banda aveva prestato ingenti somme al Vaticano, attraverso il Banco Ambrosiano di Calvi, e che poi queste somme non erano rientrate. Da qui il rapimento della Orlandi, figlia di un alto funzionario vaticano, come forma estrema di pressione e ricatto della banda per avere indietro dallo IOR ( banca vaticana, nota lavanderia di denaro sporco) i soldi dovuti ( 20 miliardi di lire). Questo prolungato braccio di ferro fu risolto dalla mediazione di Renato De Pedis, uno dei capi della banda, che ottenne dalla Chiesa, in cambio della cessata ostilità, la promessa della propria sepoltura nel sontuoso e riservatissimo cimitero vaticano di Sant' Apollinare. Dove in effetti il delinquente oggi riposa, in singolare compagnia dei “santi” e dei Papi. Non è clamorosa questa rivelazione? Non scoperchia finalmente uno dei principali misteri irrisolti della cronaca nera italiana? I familiari di M. Orlandi non hanno diritto di conoscere le responsabilità e collusioni di alto livello che prima hanno condannato a ( probabilissima) morte la povera Manuela, e poi hanno segretato la inconfessabile verità del delitto? Eppure regna sul caso una straordinaria riservatezza,non solo giornalistica ma politica(compresa dalla cosiddetta “sinistra” ). Il devoto Di Pietro, così acceso in fatto di denuncia del malaffare ( tranne quello che riguarda la IDV e la sua storia), tace ermeticamente sugli scandali vaticani. Come Vendola, sa bene che la benedizione di Oltretevere è decisiva per una buona carriera ministeriale. Lo stesso vulcanico Grillo- che pur non sembra ambire a ministeri- si arresta di fronte alla frontiera vaticana: essendo “oltre” la divisione tra destra e sinistra, ha deciso anche di essere “oltre” il vecchio confine tra laicità e clericalismo, e addirittura tra verità e omertà? Oppure teme più semplicemente di avventurarsi su un terreno troppo “imprudente” per le fortune elettorali del suo movimento? Nei fatti si conferma una realtà inconfutabile: solo i comunisti rivoluzionari, proprio in quanto anticapitalisti , possono sviluppare una opposizione coerente al Vaticano, al capitalismo clericale, ai suoi crimini ( finanziari e comuni), senza alcuna paura e reverenza ipocrita.                              

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