31.8.11

Per un piatto di maccheroni. In Fiat suicidi collaterali (di Loris Campetti)


Lo stabiimento Fiat a Trmini Imerese

Carmine è un operaio della Fiat, lavorava a Pomigliano d'Arco, catena di montaggio. Ma a Pomigliano sono anni che si lavora a singhiozzo o non si lavora proprio. Quando ha ricevuto la lettera spedita dall'azienda per annunciargli il licenziamento e comunicargli che sarebbe rimasto a casa in cassa integrazione per due anni, e dopo dio solo sa che ne sarebbe stato di lui, ha preso una lama ed è andato in bagno con l'intenzione di suicidarsi. C'è quasi riuscito.
La moglie l'ha trovato agonizzante in un lago di sangue, ora è in rianimazione all'ospedale San Giovanni Bosco di Napoli in condizioni gravissime. La scorsa settimana, invece, Agostino è riuscito nel suo intento. Era operaio alla Fiat di Termini Imerese da dove era stato licenziato per aver compiuto un crimine inaudito: aveva utilizzato il badge di un suo compagno di lavoro in malattia per poter mangiare alla mensa aziendale. L'ha fatto per ben 44 volte producendo un danno alla multinazionale guidata da Sergio Marchionne di ben 55 euro. Agostino un bel giorno non ce l'ha fatta più, forse ha pensato alla moglie casalinga e alla figlia all'università che non avrebbe più potuto mantenere con i lavoretti saltuari trovati dopo il licenziamento e ha preso la pistola, ha sparato alla moglie e alla figlia, poi si è tolto la vita.
La fatica del vivere, ci spiegano, fa perdere la ragione. È la fatica del vivere e lavorare alla Fiat, sarebbe il caso di precisare. Agostino è stato licenziato per un piatto di maccheroni da super manager dei due mondi che guadagnano 500 o 1000 volte più di un loro dipendente. Il pazzo era Agostino, o lo è chi decide in quel modo la vita e la morte di un operaio?
Carmine forse sperava di essere ripescato dalla Fiat nella nuova società, quella scritta sulla carta da Marchionne. Non si può mantenere una moglie disoccupata e due figli di 11 e 18 anni con uno stipendio ridotto per anni a 800 euro dalla cassa integrazione, senza speranza nel futuro. Forse si sarebbe accontentato di essere mandato in trasferta alla Sevel di Atessa dove di lavoro ce n'è per tutti, e lavorando il salario sarebbe aumentato di 400 euro. Invece i cento operai di Pomigliano distaccati in Abruzzo sono stati scelti tra gli amici degli amici di Marchionne. Mica devono mandarci quelli della Fiom, sarebbe stato logico che la scelta fosse ricaduta sugli operai più fragili, quelli che vivono in condizioni materiali di maggiore povertà. Ma il modello Marchionne si regge sulla fedeltà, non sull'umanità.
Il capitalismo degli anni Duemila non è un'opera di beneficenza sennò non si parlerebbe di «spiriti animali». Se n'è sempre parlato, era un modo di dire, una metafora, un'esasperazione della realtà. Oggi, come nell'800 e come alla fine del '900, alla Fiat come in altre grandi aziende - ne sanno qualcosa i dipendenti francesi della Renault - quando si dice «spiriti animali» si intende proprio spiriti animali. Ma forse stiamo delirando, forse Carmine e Agostino sono, o erano, solo dei pazzi. Non erano forse pazzi quei 148 operai di Mirafiori che si suicidarono dopo la sconfitta dell'80, che li espulse dalla fabbrica insieme ad altri 23 mila ex compagni di lavoro?

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