13.5.12

Renato Rascel. Un coccodrillo per il corazziere (di Mirella Appiotti)

Renato Rascel era morto nella clinica Villa Alexia di Roma nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1991. Venerdì 4, su “La Stampa”, Mirella Appiotti gli dedicò questo affettuoso necrologio. (S.L.L.)

Potevi essere in una balera di Città del Messico o in un night di New York: all'inizio degli Anni Settanta c'erano due italiani capaci di stregare il pubblico di tutto il mondo con due canzoni che tutti, a una cert'ora, cantavano in coro insieme all'orchestra: Modugno con «Volare» e Rascel con «Arrivederci Roma». Il «piccoletto» talvolta aveva la meglio. Rievocando sensazioni, anche banalissime, da giro turistico riusciva a strizzarti il cuore senza pietà e a importi, con premeditata dolcezza, la sua malinconia astutissima. Così era accaduto, molti anni prima, anche in palcoscenico. Cappelluccio in testa, taschino sulla schiena, una sera del '52 Rascel debutta a Milano in «Attanasio, cavallo vanesio»: dopo un attimo d'incertezza, spiazzato dalle sue filastrocche surreali, il pubblico gli decreta il trionfo. Comincia la storia della commedia musicale italiana.
Renato Rascel era nato a Torino, per caso, dietro le quinte d'un teatro, il 27 aprile 1912: papà e mamma Ranucci (questo il suo vero cognome) facevano gli attori. Il ragazzo ha soprattutto una buona voce; Don Lorenzo Perosi lo chiama a cantare nel coro della Cappella Sistina. Diventa anche un ottimo batterista jazz e uno straordinario ballerino di tip tap. I fratelli Schwarz lo scritturano per la celeberrima operetta «Al Cavallino bianco», Mistinguette lo vorrebbe con sé, ma lui ama il varietà, l'avanspettacolo. Fa la gavetta, gli ultimi anni del fascismo sono difficili, dal disagio nasce «E' arrivata la bufera», la sua più celebre tirata, il segnale di una irripetibile vocazione comica.
Nel dopoguerra, il mondo dello spettacolo offre a Rascel occasioni di ogni tipo: accanto ad «Arrivederci Roma» nascono le altre canzoni, «Romantica» vince a Sanremo nel '60 battendo l'eterno rivale Modugno, trionfano «Vogliamoci tanto bene» e «Venticello de Roma». La «Ninna nanna del cavallino» rivela il suo amore per i bambini, ai quali per tutta la vita rivolgerà un'attenzione trepida: per loro scrive racconti, inventa piccoli show.
Quando arriva all'appuntamento di Milano, Rascel ha già avuto successo da un pezzo con due riviste non certo conformiste, «Soffia so' ai bagni di mare» e «Sogni d'una notte di quest'estate», il sodalizio con Garinei e Giovannini è nato. Ma questa volta la sfida è più rischiosa: «Attanasio» è un'esile fiaba sulla quale Rascel corre come un acrobata sul filo del (finto) nonsense, disegnando situazioni, umori, rancori, tenerezze solo all'apparenza astratti. Gli spettatori lo seguono trattenendo il fiato, temono che l'atleta rallenti il ritmo, cada, ma l'atleta si rivela un campione: quando si risveglia dal sogno, la platea esplode nell'applauso. Si è accorta che la fiaba è vera, che l'ometto vestito di verde è vivo e reale e chiede a suo modo aiuto contro la solitudine.
Quella notte Rascel vince, per sempre. La «ditta G.& G.» gli confeziona altre perfette macchine musicali, da «Alvaro piuttosto corsaro» a «Un paio d'ali» con Giovanna Ralli, da «Il giorno della tartaruga» con Delia Scala a «Enrico '61» sino a quell’«Alleluja brava gente» che vede in scena un trio esplosivo: Rascel con Proietti e Mariangela Melato.
Intanto è arrivato il cinema. «Lì, avrei dovuto lavorare meglio», diceva Rascel. Del suo lungo rapporto con lo schermo, gli piacevano quasi soltanto «Il cappotto» che Lattuada trasse da Gogol e «Policarpo, ufficiale di scrittura» di Soldati. Non gli piace «Il corrazziere». Anche l'incontro con la prosa avrebbe potuto dare maggiori frutti: Rascel fu bravissimo con Walter Chiari in «La strana coppia» di Neil Simon, recitò benissimo per lo Stabile di Torino nel '73-'74, qualche anno fa a Firenze tentò un Beckett, «Finale di partita», di nuovo con Chiari, ma fu un'esperienza drammatica, il male lo stava già minando.
Ottimi i suoi rapporti con la radio; assiduo, sia da protagonista che da «ospite d'onore», alla tv che naturalmente lo catturò sin dall'inizio. I suoi titoli per il video non si contano: da «Senza rete» e «Buonasera con..», a «Metronotte di notte», «Alle sette della sera» sino a «Padre Brown», a «Nemici per la pelle». Ma non si può dire che neppure questo incontro sia stato felice, non sempre ricevette le lodi incondizionate che attendeva. Ebbe polemiche.
Rascel era un temperamento difficile, poteva apparire scontroso, non amava granché i giornalisti. Amava invece moltissimo le donne. Diceva: «Ho lavorato soprattutto per piacere alle donne». Ha avuto tre mogli, Tina De Mola, Huguette Cartier e Giuditta Saltarini che gli ha dato, nel '73, il desideratissimo figlio, Cesare, e che lo ha curato con grande amore. Nonostante l'affetto della famiglia, il destino di Rascel sembra tragico: per mesi è vissuto nella solitudine di una malattia che gli aveva devastato la mente, una «bufera» dalla quale non è riuscito a salvarsi.

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