14.11.16

Il balocco del povero (Charles Baudelaire)

Voglio dare l’idea di un divertimento innocente. Sono così pochi gli svaghi che non siano colpevoli.
Quando uscite al mattino con l’intenzione ben ferma di girovagare lungo le vie maestre, empitevi le tasche di piccole invenzioni da un soldo, come il Pulcinella piatto mosso da un filo, i fabbri che battono l’incudine, il cavaliere sul cavallo che ha un fischietto nella coda, e nelle osterie, ai piedi degli alberi, fatene omaggio ai bambini sconosciuti e poveri che incontrerete. Li vedrete spalancare sinistramente gli occhi. Da principio, non oseranno prendere; dubiteranno della loro felicità. Poi, con la mano afferreranno energicamente il regalo e fuggiranno, come fanno i gatti che vanno a mangiar lontano il boccone che gli si è offerto, avendo imparato a diffidare dell’uomo.
Su una strada, dietro il cancello di un ampio giardino, in fondo al quale appariva il bianco di un bel castello colpito dal sole, stava un bambino bello, pulito, con indosso uno di quei vestiti da campagna che son tanto pieni di civetteria.
Il lusso, la spensieratezza e la vista consueta della ricchezza, rendono quei bambini così belli che li si crederebbe fatti di un’altra pasta dei bambini della mediocrità e della povertà.
Vicino a lui, giaceva sull’erba uno splendido balocco fresco come il proprietario, verniciato, dorato, coperto di un vestito color porpora, di pennacchi e di conterie. Ma il bimbo non si occupava del suo balocco prediletto, ecco quel che guardava.
Dall’altro lato del cancello, sulla strada fra i cardi e le ortiche, v’era un altro bambino, sudicio, gracile, nerastro, uno di quei marmocchi-paria, dei quali un occhio imparziale scoprirebbe la bellezza se, come l’occhio dell’esperto che indovina una perfetta pittura sotto una vernice da carrozziere, lo nettasse dalla repugnante patina della miseria.
Attraversò le simboliche sbarre separanti due mondi, la via maestra e il castello, il bambino povero mostrava al bambino ricco il suo balocco, che questi osservava avidamente: come un oggetto raro e sconosciuto. Ora, questo balocco, che il piccolo sudicione stuzzicava, agitava e scoteva in una scatola chiusa da una rete, era un topo vivo! I genitori, per economia, senza dubbio, avevano preso il giocattolo direttamente dalla vita.
E i due fanciulli ridevano l’uno all’altro fraternamente, con denti di eguale bianchezza.


da Lo spleen di Parigi in Il meglio di Charles Baudelaire, Longanesi, 1980

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