28.11.16

La Germania non sa più fare le grandi opere (Stefano Casertano)

Un'immagine del Pergamon Museum, ora in ristrutturazione
Berlino
Farebbero diradare la Nuvola di Fuksas in confronto: i costi dei grandi progetti in Germania sono fuori controllo. Tutti i settori sono coinvolti: dalle infrastrutture agli uffici pubblici alla cultura. Progetti ambiziosi di nuove costruzioni o di ristrutturazione – nulla si salva dal vortice nazionale che risucchia i budget e li proietta verso dimensioni siderali.
L’ultimo progetto a passare per il terribile percorso è la rimessa a nuovo del Museo di Pergamo a Berlino. L’idea: creare un polo museale all’altezza dei grandi centri mondiali, collegando tutte le istituzioni presenti sull’“Isola dei Musei” della capitale tedesca. Si è incominciato con gli spazi che ospitano l’altare di Pergamo, la meta museale più ambita per chi vola a Berlino. Porte chiuse nel 2014 con l’idea di riaprirle nel 2019, per un costo complessivo di 261 milioni. Poi la mazzata: quattro anni di ritardo previsti e costi a 477 milioni.
C’è di mezzo un po’ di sfiga. Il cantiere prevedeva di piantare nel suolo nuove “micro-fondamenta” per puntellare il pesante edificio del museo sul terreno instabile dell’isola. Dopo qualche perforazione sono stati “scoperti” però dei vecchi locali con macchinari per il drenaggio dell’acqua, mai smantellati, che hanno richiesto di rivedere il tutto. I treni ICE passano a pochi metri, e per tutelare i manufatti occorre procedere in punta di piedi e con piccole macchine da lavoro.
Questa della combinata “costi esplosi e consegna in ritardo” sembra però essere una costante nella grande cantieristica tedesca. Il principe del limbo architettonico è senza dubbio il nuovo aeroporto “Willy Brandt” a sud di Berlino, che avrebbe dovuto aprire i battenti nel 2011 e – forse – sarà operativo solo nel 2017, con costi passati da 2 a 5,4 miliardi (+170%). Qui la sequela di errori rasenta l’assurdo. L’impianto antincendio prevedeva che il fumo venisse risucchiato verso il sottosuolo e poi pompato fuori, noncurante del fatto fisico in base al quale il fumo caldo abbia poca voglia di andare verso il basso. Poi l’edificio in sé è così pesante che in alcune zone è sprofondato, spezzando le mattonelle. Inoltre, le guide per i cavi sono risultate troppo strette per contenere tutte le cablature – da qui, si è dovuto rivedere il tutto. Ops – si è scoperto anche che era impossibile spegnere la luce.
Che poi già all’apertura sarà troppo piccolo per il traffico passeggeri è un particolare. Alle ultime comunali si è fatta campagna promettendo di mantenere aperto l’amato aeroporto di “Tegel” (tipo Linate confrontato a Malpensa). Gustoso il particolare per cui le scale mobili sono troppo corte (e sono stati aggiunti un paio di scalini alla fine), oltre al fatto che un terzo delle 4.000 porte aveva una numerazione sbagliata.
Nell’immaginario tedesco svetta anche un progetto architettonicamente mirabile quanto finanziariamente disastroso: la nuova filarmonica di Amburgo, l’“Elbphilharmonie”. Sei anni di ritardo nella consegna, che nell’ottobre 2016 è stata celebrata con una scritta illuminata sulla facciata «Finito!». Costi: +324%, a 789 milioni di euro. Il problema principale: complessità dell’opera, costi sottostimati (ovviamente) e «migliaia di difetti costruttivi» rilevati da un report di 800 pagine, quando ci si stava accorgendo che il cantiere stava sfuggendo di mano. La filarmonica ha ora due sale concerti, spazi commerciali e un albergo di lusso. È un gioiello di cristallo sul fiume – ma l’albergo di lusso l’ha pagato la città. La direzione della costruzione a guida politica si era fidata troppo delle promesse degli architetti.
Su questa rotta si sta dirigendo anche la ristrutturazione della Staatsoper Unter den Linden di Berlino, la quale forse riaprirà nel 2017 con costi che sono passati da 239 a 389 milioni di euro. Segue l’opera di Colonia, i cui programmi per la riapertura nel 2015 erano stati già stampati, ma si riaprirà forse nel 2019. I problemi sono sempre gli stessi: complessità costruttiva e direzione dei consorzi affidata a politici e manager, senza una reale possibilità di controllare i cantieri.
Menzione d’onore anche per la nuova centrale dei servizi segreti, sempre nella capitale. Edificio dal chiaro sapore post-razionalista, a sprezzo del cattivo gusto diremo che dall’alto ricorda una forma uncinata svolta. Il colore dominante è il grigio con un totale di 14.000 finestre tutte uguali. Sfiga: qualcuno ha rubato parte dei progetti e per ovvi motivi si è dovuto rivedere il tutto. Cattiveria: qualcuno si è introdotto nottetempo nel cantiere e ha rubato sei rubinetti, provocando un allagamento generale con danni per milioni. Conseguenze: consegna passata dal 2012 al 2017 e costi passati da 720 milioni a una cifra imprecisata tra 1,5 e 2 miliardi di euro.
Trait d’union tra le varie questioni? Diversi. Il primo: un’ambizione non rapportata alla capacità progettuale e cantieristica. L’entusiasmo costruttivo della rinata Germania non può contare su un sistema all’altezza delle iniziative. A margine, un gusto architettonico che va dall’eccelso (Filarmonica di Amburgo) ai postumi dell’espressionismo tedesco (centrale dei servizi segreti).
Poi – lezione per i programmi italiani – non dimentichiamo che quasi tutti i cantieri-matusalemme sono voluti e finanziati dai Länder tedeschi. Ciò presuppone che ogni Land disponga di politici in grado di guidare progetti da centinaia di migliaia di euro, e ovviamente questo non è possibile. Se poi detti politici non rispondono di tasca loro se i costi esplodono, la frittata è fatta – il cantiere meno.
Ma non possiamo trascurare l’insita difficoltà nel rimettere in piedi strutture che non hanno visto cantieri significativi per mezzo secolo. Se sotto un museo si trovano infrastrutture dimenticate ci può anche stare. La sfida è farlo capire agli elettori. La ristrutturazione del Museo di Pergamo pesca dal borsello della città, a governo socialdemocratico. Per un gioioso caso del destino, dirimpetto al cantiere staziona fissa una guardia di poliziotti a proteggere l’abitazione privata di una cittadina molto in vista: Angela Merkel. Possiamo solo immaginare il sapore speciale del suo tè sorseggiato guardando fuori dalla finestra.


Pagina 99, 26 novembre 2016

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