9.12.16

Chaplin. «Negli Stati Uniti un liberale non può vivere e lavorare» (l'Unità, 18 aprile 1953)

LONDRA, 17.
«Non è più possibile, per un uomo di idee liberali, vivere e lavorare ne gli Stati Uniti».
Con questa significativa constatazione il grande attore e regista Charlie Chaplin ha motivato oggi la sua decisione di non ritornare in America, annunciata mercoledì scorso dal Dipartimento della Giustizia a Washington.
Charlot ha rilasciato alla stampa una dichiarazione nella quale tra l’altro afferma: «Ho rinunciato a risiedere negli Stati Uniti perché in tale paese non mi è possibile proseguire la mia attività cinematografica. È evidente che mi è difficile allontanarmi con la mia famiglia da un paese dove ho vissuto per quaranta anni, senza provare un sentimento di tristezza».
«Dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono stato fatto segno ad una campagna di menzogne e ad una propaganda maligna, da parte di potenti gruppi reazionari, i quali, con la loro influenza e facendosi strumento della stampa scandalistica, hanno creato attorno a me un'atmosfera malsana».
In un'atmosfera come «quella creata in America dai gruppi di cui parlo, persone di spirito liberale possono essere messe all’indice e perseguitate».
«In queste condizioni, ho ritenuto che mi era impossibile continuare la mia attività cinematografica negli Stati Uniti. E questa è la ragione per la quale ho rinunciato a vivere in tale paese». 
I gruppi reazionari americani non avevano mai saputo perdonare a Charlot la pungente polemica contro l’ingiustizia sociale contenuta nei suoi film, né i sentimenti democratici e antifascisti che egli ha coerentemente professato. Il fatto che egli avesse dato la sua calorosa adesione, durante la seconda guerra mondiale, alla campagna contro lo sterminio degli ebrei da parte di Hitler e per il “secondo fronte” — la stessa accusa che è servita a far condannare Julius ed Ethel Rosenberg — sono stati sufficienti ai fascisti americani per accusarlo di «comunismo».
Agli attacchi sul terreno politico e razziale, si aggiungevano, da parte degli stessi gruppi, accuse di «immoralità» - e il boicottaggio di alcuni film di Charlot, come il più recente Limelight (Le luci della ribalta) del quale le squadre fasciste della American Legion hanno impedito la programmazione in numerosi cinema.
È stato in occasione del recente viaggio in Europa che il governo, associandosi alla ignobile campagna fascista, ha formalmente prospettato la possibilità che a Charlot fosse vietato il ritorno in America, unendo in una pubblica dichiarazione .il nome del grande artista a quelli di alcuni noti gangster giudicati indesiderabili. Mercoledì, il Dipartimento della Giustizia rendeva noto peraltro che Chaplin aveva spontaneamente restituito il passaporto alle autorità di immigrazione.
Al gesto, è seguita oggi la dichiarazione già riferita: l'addio di Charlot ad un paese dove, in nome dell’antisovietismo e della preparazione bellica si sta cancellando ogni traccia di democrazia.

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