7.12.16

1948. Scende in campo l'armata di Cristo (Gianni Corbi)

Una brillante e gustosa ricostruzione giornalistica della campagna elettorale del 1948, che segnò la nascita dell'Italia democristiana. (S.L.L.)

Ancora oggi quarant'anni dopo politologi ed esperti di mass-media s'interrogano sulla campagna elettorale del 1948. Quella, per intenderci, che vide la sconfitta dei socialcomunisti e la nascita di quell'Italia democristiana che ci governa ininterrottamente da quattro decenni.
L'Italia, in effetti, comincia a diventare democristiana nelle ultime settimane del febbraio 1948. È in quei giorni che attorno alla Dc, a De Gasperi, ai suoi uomini più rappresentativi si va formando un consenso elettorale che andrà ben oltre ogni prevedibile aspettativa. Eppure in quelle convulse giornate a cavallo tra l'inverno e la primavera le forze in campo sembrano equilibrate e con pari probabilità di vittoria. Da una parte il Fronte democratico popolare guidato da Togliatti e da Nenni che ha raccolto complessivamente nelle elezioni per la Costituente del 2 giugno 1946 più del 40 per cento dei voti; dall'altra, c'è la Dc che, con il suo 35,18 per cento è diventata la calamita e il centro propulsore di uno schieramento anticomunista e proamericano che va dai socialdemocratici ai liberali. In più ci sono alcuni milioni di voti incerti e vaganti che bisogna assolutamente conquistare.
La forza d'urto del Fronte è naturalmente costituita dai comunisti. Con i suoi 2.283.000 iscritti, le 8.700 sezioni, le 36.000 cellule, il suo compatto nucleo dirigente di rivoluzionari professionali, il Pci acquista fin dalle prime battute il ruolo di leader indiscusso. Il Psi che pure il 2 giugno con 4.758.129 voti si è confermato il secondo partito italiano segue con una certa fatica. I suoi dirigenti sono divisi. Molti militanti mugugnano per il blocco elettorale con i comunisti. L'otto febbraio, infine, un'altra brutta notizia. Alcuni dirigenti di fama e di grande passato, Ignazio Silone, Ivan Matteo Lombardo, Aldo Garosci, abbandonano il Fronte e danno vita all'Unione dei socialisti italiani.
La prima scaramuccia si risolve in un netto successo del Fronte. Il 15 febbraio, durante un turno di elezioni amministrative a Pescara, il blocco socialcomunista più alcuni ex repubblicani e indipendenti di sinistra guadagnano circa 4000 voti rispetto al 2 giugno e ottengono addirittura la maggioranza assoluta in consiglio comunale. Per Nenni è un segnale augurale di successo. Scrive infatti nel suo diario: “Ho chiuso stasera a Pescara la campagna elettorale del Fronte. Se debbo giudicare dal successo del discorso la vittoria è sicura”. Più enfaticamente Paolo Bufalini commenta invece su “Rinascita”: “A Pescara il Fronte ha dato la sua prima grande battaglia e l'ha vinta. Il significato politico di questa vittoria è oramai pacifico nella coscienza delle masse popolari e di tutto il paese”. A Pescara si sperimenta per la prima volta la durezza dello scontro elettorale. Al qualunquista Zampaglione che aveva affisso manifesti volgari invitandolo ad un pubblico contraddittorio, il mite Umberto Terracini risponde: “Si faccia prima il bagno il signor Zampaglione”.
Comizio dopo comizio crescono la virulenza polemica e le grandi grossolanità della propaganda. In un manifesto il nome di Togliatti appare in mezzo a macchie grondanti sangue. In un altro la sua testa è schiacciata sotto gli zoccoli di cavalli al galoppo. In certi bollettini parrocchiali la sigla F.D.P. (Fronte Democratico Popolare) viene tradotta in Funerale di Palmiro: Agnosco stilum Romanae Curiae è il commento sarcastico di Togliatti.
Nessuno neppure l'acuto e lungimirante segretario del Pci poteva però prevedere quale sarebbe stato l'apporto della Romana Curia nella campagna elettorale. Dopo un'accurata preparazione durata molti mesi la Chiesa e il suo pontefice Pio XII in prima persona scendono in campo schierando a fianco della Dc un vero e proprio esercito fiancheggiatore. L'otto febbraio è Luigi Gedda presidente dell'Azione Cattolica a dar battaglia mobilitando i Comitati civici, una formazione di sostegno elettorale che può contare sull' appoggio di 22.000 parrocchie e di 300.000 attivisti. I Comitati civici confermerà molti anni dopo Giulio Andreotti ad Antonio Gambino hanno svolto un'azione preziosa: “Anche il linguaggio usato nei loro opuscoli, slogan come coniglio chi non vota hanno avuto un ruolo notevole nello scuotere gli strati più assonnati della popolazione e nel creare quindi le premesse di quel voto di massa da cui è dipeso il nostro successo elettorale”.
Una volta costituita la massa d'urto anti-Fronte, bisogna fornire al nuovo esercito una adeguata motivazione ideologica. Ed ecco pronti a intervenire i più grossi calibri della Chiesa. In prima fila Pio XII che abbonda in discorsi e perfino in apparizioni in pubblico. Ai lati del papa, due cardinali terribili: l'arcivescovo di Milano Ildebrando Schuster che ordina ai suoi sacerdoti di non dare l'assoluzione ai comunisti o ad altri aderenti contrari alla religione cattolica. E l'arcivescovo di Genova Giuseppe Siri che non ha la mano meno pesante.
Sull'altro fronte non difettano certo l'attivismo dei militanti e la mobilitazione delle macchine di partito. Alla inaspettata violenza degli avversari si cerca di rispondere con un apparente maggiore fair play. La direzione del Pci invita, per esempio, a non accettare lo scontro frontale; ordina alle federazioni di non dare carattere di partito alle manifestazioni del Fronte; consiglia di non mettere troppo in mostra bandiere rosse, falci e martelli e di valorizzare quanto più possibile la faccia barbuta, virile e bonaria di Giuseppe Garibaldi. A Roma, seguendo queste indicazioni, i primi manifesti che annunciano i comizi del Fronte sono stampati su carta azzurra, pervinca, rosa pallido, beige, giallo canarino, bois de rose, viola, verde pisello. Questa difficile pratica dell'understatement non impedisce ai propagandisti del Fronte di usare qualche volta toni pesantissimi. Sull' “Unità” del 17 marzo, per esempio, si può leggere questo titolo a caratteri cubitali con didascalia: Sferzante risposta di Longo all'ex deputato austriaco De Gasperi: Se si deve parlare di un partito, di un uomo, di un governo che è asservito allo straniero, questo governo è il governo presieduto da De Gasperi. Si punta molto sulla pace e sulle provocazioni della polizia di Mario Scelba. Selvaggia spedizione poliziesca contro Firenze. Perché? Non vogliono le elezioni, è un altro titolo indicativo dell' “Unità”.
Nenni è il più battagliero, il meno propenso ai compromessi, più disposto di Togliatti a rintuzzare con argomenti pesanti la propaganda avversaria. “Pranzato con Togliatti. - scrive nel diario il 2 marzo - Sulla situazione generale pensa come me che dobbiamo vincere o in ogni caso rasentare la vittoria. Mi è sembrato un po' incline a preferire l'opposizione che io stimo pericolosissima”. Nenni, e in parte anche Togliatti, non si rendono conto del carattere totale che i capi democristiani e la Chiesa di Pio XII stanno imprimendo alla campagna elettorale. Inutilmente Nenni e con lui i propagandisti del Fronte si affannano a ripetere che le elezioni non si combatteranno per Cristo o contro Cristo, per l'America o contro l'America, per la Russia o contro la Russia. Le elezioni si faranno per i consigli di gestione, per la nazionalizzazione dei grandi complessi industriali, per la riforma, per la questione meridionale, per tutti i problemi che la classe borghese ha eluso per mezzo secolo.... Questioni importanti, verità anche sacrosante, ma che fanno poca presa sui futuri elettori, soprattutto su quelli ancora incerti. Di fronte alla scomunica, ai preti e ai caschi blu dei Comitati civici di Gedda, alle prediche roboanti e apocalittiche di padre Lombardi detto il microfono di Dio, l'arsenale propagandistico della sinistra dispone di vecchi archibugi per fronteggiare un'armata provvista di moderni cannoni. La battaglia è impari.
Come contrattaccare? Le teste d'uovo del Fronte pensano di avere trovato l'arma vincente. All'esercito raccogliticcio e sanfedista della Dc, il Fronte contrapporrà il fior fiore del pensiero laico, le menti più illuminate della cultura italiana. La mobilitazione, la caccia all'intellettuale frontista è considerata dai dirigenti del Psi e del Pci molto importante, ma assume, per la fretta e la frenesia con cui viene condotta, aspetti pittoreschi e qualche volta umoristici. Le adesioni sono indubbiamente di prestigio e coprono l'intero arco culturale. Si va da Artuno Carlo Jemolo a Lionello Venturi, da Pietro Pancrazi a Manara Valgimigli, da Gabriele Pepe a Massimo Mila, da Luigi Russo a Silvio D'Amico, da Roberto Longhi a Giacomo Devoto, da Alba de Cespedes a Cesare Zavattini, da Giacomo De Benedetti ad Alberto Savinio. In pratica quasi tutte le vecchie e le nuove leve della cultura, dalla pittura al cinema, dalla letteratura al mondo accademico, aderiscono in modo più o meno convinto all' Alleanza per la difesa della cultura. Non mancano gli equivoci e i contrattempi. Sull' “Europeo” del 7 marzo si legge: “Tutti i manifesti dell' Alleanza, per esigenze alfabetiche, cominciano con la firma di Corrado Alvaro e finiscono con quella di Cesare Zavattini, per cui si dice che l'intelligenza italiana è sempre presente quando si tratta di firmare: presente, dall'Alvaro allo Zavattini”.
La battaglia delle firme non è indolore. Alcuni ritrattano, altri dicono di essere stati tratti in inganno, altri ancora, come Guido De Ruggiero, scrivono ai giornali lettere per chiarire bene il significato politico della loro adesione. Ernesto Rossi su “L'Italia Socialista” commenta in modo feroce l'adesione in massa degli intellettuali: “In Jugoslavia i dirigenti comunisti chiamano questi intellettuali Koristni Nevini' (gli utili idioti). A Firenze dicono: Pei bischeri non c' è paradiso”.
Togliatti invece è molto soddisfatto dell'adesione di tanti intellettuali famosi. Accentua, se possibile, la sua polemica con un De Gasperi austriacante ed oscurantista, fornito di una cultura papalina e retriva, così aliena dalla tradizione italiana. In quei giorni, scrive Gorresio, Togliatti se la prende di nuovo con De Gasperi che in un discorso ha accennato di sfuggita alla incomprensibilità di Beethoven. “Ogni volta che lo ascolto - scrive Togliatti riferendosi al presidente del Consiglio - che leggo le sue parole, più lo sento distante dall'animo nostro di latini, che Beethoven siamo capaci di godere nella successione dei ritmi suoi aerei, senza concedere al nordico costume che anche nella musica sua divina introduce tenebrose interpretazioni e finzioni”. “L'articolo - scrive Gorresio - è apparso il 18 febbraio 1948 e quella prosa raffinata aveva per titolo I misteri del Cominform”. Gorresio ricorda però che l'improvviso amore di Togliatti per gli intellettuali è un po' tardivo e sospetto. Non è stato lui a scrivere, nella prefazione alle Memorie di un barbiere di Germanetto, che i letterati italiani sono sempre stati nella loro grande maggioranza una masnada di giullari che servono un padrone e si fanno gli sberleffi l'un l'altro per divertirlo?
Ma non è certo la mobilitazione degli intellettuali progressisti che può arginare l'avanzata delle armate papaline e democristiane. O con Cristo o contro Cristo non è soltanto uno slogan. È il collettore di sentimenti largamente diffusi che la barba e il volto sorridente di Garibaldi non riescono ad esorcizzare. Poi le Madonne cominciarono a piangere. La prima a muoversi, e a lacrimare, è la statua della Vergine posta sulla facciata del santuario di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Il Messaggero scrive: “Mentre l'aureola, fissata alla statua, e formata da numerose e potenti lampadine rimane immobile, il volto della Madonna accenna a muoversi da destra a sinistra, nel mentre che il torace si solleva come in un respiro affannoso. Il fenomeno non avviene in modo continuativo, ma solo di tanto in tanto ed è scorto contemporaneamente da tutti i presenti...”.
Poi la Madonna appare a un gruppo di contadini di Rocca San Felice nel Napoletano, a Sant' Angelo dei Lombardi, a Piano San Lazzaro nell'Anconetano, mentre altre Madonne di Lourdes compaiono e scompaiono nel Cuneese, in Garfagnana, a Valdottavo, a Cagliari. Prodigi a catena, Cristi che sanguinano, Santi che si lamentano con ritmo sempre più incalzante. “Al punto - scrive Mino Guerrini - che perfino il diffidentissimo Sandro De Feo dovette muoversi da Roma ed arrivare a Napoli per ispezionare il corpo di suor Giuseppina di Gesù Crocifisso, ancora intatto e senza fetore dopo quindici giorni. Lo scrittore annusò e sentì, al massimo, un odor di santità” . Del resto, perché meravigliarsi? Non è stato forse lo stesso cardinale Schuster ad annunziare che la lotta del drago infernale contro il Cristo e la sua Chiesa è entrata nella sua fase disperatamente acuta? Satana, secondo che insegna San Giovanni nell'Apocalisse, sa che gli resta poco da vivere. Siamo arrivati alle ultime settimane di febbraio. La strada per giungere al 18 aprile è ancora lunga. Mancano circa sei settimane al traguardo. Saranno quaranta giorni movimentati, pieni di avvenimenti e di colpi di scena sotto gli occhi dell'opinione pubblica mondiale che attende con ansia l'esito delle votazioni.


“la Repubblica”, 5 aprile 1988  

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