3.12.09

La Parrucchiera (A pilucchera). Un racconto erotico di Aurelio Pernice.

Ho trovato questo racconto erotico nella rete, in un sito dal nome "libera eva". Ne è autore un Aurelio Pernice quarantacincinquenne di Mazzara del Vallo, che nello stesso sito ha digitalizzato alcuni suoi quadri definiti di gusto naif.
Io credo che sia più pertinente il termine "manierismo" sia per i quadri che per il racconto. Manieristico è propriamente il gusto del citare decontestualizzato, la meticolosa imitazione degli stili che s'imbastardiscono nell'accostamento. Manieristica è la scrittura della quale il modello è Andrea Camilleri ed il suo caratteristico pastiche linguistico, sottratto al "montalbanismo" e introdotto in un testo nel quale è graditissima sorpresa una "settecentesca" gioia di vivere, quella che gli storici ci dicono essersi persa con l'89.
Il Pernice, che si presenta come maschio, quasi certamente lo è, anche se qui si cimenta con l'eros femminile. Lo è per la prevalenza del "vedere", mentre la scrittura erotica femminile più spesso commercia con altri sensi; e lo è nell'invenzione un po' maschilista per la quale, alla fine della favola, l'incontro malizioso di due donne risulta una sorta di preludio per un menage a trois.


La parrucchiera - "A pilucchera"

Quella notte a signura cchi minni grossi non riusciva a dormire, si vutava e risvutava nel lettone matrimoniale senza però riuscire a placare la sua inquietudine; smaniava, sintia a carni vuglirici di lussuria, le ciamme del desiderio svampuliarici 'n mezzu i cosci..."Beddamadri si ti avissi ca'!" - diceva tra sè stringennusi tutta e suspirannu di piaciri.

Mentre, accanto a sè, il marito runfuliava comu un porcu, idda era tutta un focu pensando all'effetto del biglietto spedito; a memoria ripassava una ad una le parole di fuoco che aveva scritto: "Un ciuri russu pi tia!... Russu comu suli d'Austu, Russu come focu svampuliatu, Russu come ciammi chi mi abbrucianu, pinsannu a tia!...".

Uhhuuu pensava a com'era stata audace e tappinara a scrivere quelle parole e si smanciunava cu na manu i minnedde turgide di piaciri e con l'altra si arriminava u sticchiu fino a che u sucu cavuru che cominciava a colare sul lenzuolo la fecero sentire di ricotta e i suoi bollori andarono placandosi.

Ma a chi pensava a signura? Si chiederà il lettore curioso. Chi era quel fortunato e intrepido Don Giovanni capace di turbarne il sonno?

L'indomani a signura cchi minni grossi fu vista uscire di casa abbigliata in maniera vistosa, una rosa rossa tra i capelli corvini e un'andatura da giumenta focosa facevano vutari li masculi al suo passaggio: "Uhhuu talia chi minni grossi! Talia comu c'abballanu! Mortu sugnu!!","C'abballanu ch'è un piaciri! E talia chi ammi! chi cianchi! chi culu! Uhhuuuu!","Cumpari, a chista mi la futtissi puri 'ntra l'aricchi!", "E picchì iu no? pi ora acchianu mura liscia, sempre trantu è!".

Quei commenti vastasi, sussurrati, ma tuttavia con un tono volutamente alto in modo che lei sentisse, non le facevano ora nè cavuru nè friddu perchè aveva atri pinsera pi la testa; "Avrà ricevuto il biglietto? Che avrà pensato?", si domandava tra sè, "Uhuu i cartati di cavuru mi sentu acchianari, uhuu comu mi buttia u cori!...mi sta facennu moriri!".

Nell'imboccare una viuzza si fermò tentennante, "Forse è meglio che torni indietro...,Ch'a fari??" s'addumannava facendosi vento con un fazzoletto di seta pi arrifriscarisi le guance infuocate e si guardò intorno indecisa; ma u focu che sentiva ardere potente tra le cosce spazzò via ogni indecisione e la spinse avanti.

Attimi dopo entrò in una putia, l'insegna recava la scritta "Coiffeur per Signore".

Il negozio era vuoto, tossì per richiamare l'attenzione e dal retrobottega le si fece incontro, con un sorriso smagliante, la proprietaria: "Uhuu signura mia! Uhuu signura mia, stiornu siti bedda comu na Maronna! purtati u suli 'ntra sta stanza!" e la baciò sulle guance, ma maliziosa, vicino assai alla bocca bollente di idda che ricambiò, traendone un piacere così intenso da sentire vampate di fuoco salirle dallo stomaco.

"Assittativi cà signura" le diceva premurosa e con modi servili la parrucchiera "vuliti i capiddi tagliati? parlati, sono qui a servirla".

A signura cchi minni grossi fece per sedersi quando la vista del biglietto, da lei scritto, fare capolino dal taschino del grembiule di la pilucchera le procurò un lungo e bollente brivido di lussuria.

"Uhhuuu dunque lo aveva letto!" pensò; ne fu certa incrociando lo sguardo languido e ammiccante di lei e trasalì di passione...

A questo punto anche il lettore trasalirà: dunque era una Lei che turbava il sonno della signora!

La parrucchiera era una donna giunonica, esuberante, dalla risata fragorosa e coinvolgente, dai modi semplici e dall'apparenza ingenua, ma con curve così esagerate da incutere timore, anzi terrore, ai masculi di u paisi. Così era ancora zitella e senza pretendenti, pure sparlata dalle malelingue che dicevano che a lei non piacessero li masculi.

A signura cchi minni grossi aveva avuto sentore di quello che si diceva in paese e la cosa l'aveva intrigato moltissimo spingendola a diventare amica della pilucchera che ingenuamente, o seguendo un calcolo preciso, le confidava i suoi segreti, i suoi sfoghi amari di schetta, le sue voglie... e , più di una volta, le aveva fatto capire con mezze parole, ammiccamenti e vampate di rossore che piuttosto delle avances di un masculu ardeva dalla voglia di essere corteggiata e puri ricuttiari cu n'atra fimmina formosa.

La signora, con un sospiro lascivo, sedette e sprofondò nell'accogliente sedia da coiffeur con il risultato che la veste nera che portava fu tirata verso l'alto rivelando le sue cosce, formose e lucide, inguainate in calze a rete da bbuttana; "Uhhuuu! sta vesta mi sta curta!" disse ridendo e guardando con malizia la parrucchiera che non aspettava altra occasione e attraccò: "Uhhu, signura mia chi beddi cuasetti chi aviti!" le sue dita si posarono leggere a lisciarle le cosce rese tremanti dal piacere; piegata in avanti il decolletè felliniano della pilucchera sembrava minacciare, da un momento all'altro, di dover tracimare dall'argine del grembiule bianco che indossava, incapace di contenere quell'enorme seno palpitante e profumato.

Gli occhioni verdi della signora cchi minni grossi luccicavano vogliosi, si leccava e mordeva le labbra; con un filo di voce, impastato dalla saliva dovuta all'eccitazione, riuscì a sussurrarle: "Tagliatimi u pilu 'n mezzu i cosci" e allargò le gambe per mostrarle delle piccole mutandine di pizzo rosso che quasi scomparivano fra lu sticchiu pilusu.

La parrucchiera con una vocina rotta dalla sorpresa, dalla contentezza, dal piacere montante abbozzò: "Gessumaria, ma chi diciti? Uhhuuu signura mia, ma chi vi veni 'n testa?", "E suo marito che dirà quando stanotte la vedrà depilata?" continuando però a lisciarle le calze e iniziando anzi a stuzzicarla e farla gemere ficcandoci le unghie, lunghissime e laccate di rosso, nella carne morbida e cedevole dell'interno coscia...

"E se qualcuna entra nel negozio? E si ci virunu?..Uhhuu signura mia chi mi faciti fari!" ma la sua mano cominciava ora a riminarici u sticchiu pilusu lasciando entrambe senza fiato, inghiottite dal vortice del piacere.

Inginocchiata ai piedi della signora con un sapiente uso di pettine, forbicine e rasoio a pilucchera si adoperò a rendere glabro u sticchiu di a signura, rendendone alla fine la pelle liscia, tesa e lucente come superficie di porcellana."Uhhuu signura mia com'e lisciu ora! e comu ci l'aviti arraccamatu!" la lusingò a lavoro fatto; intanto le torturava le labbra carnosissime di u sticchiu con le unghie affilate provocandone lunghi e profondi fremiti di piacere.

A signura cchi minni grossi era 'nfuculiata come mai prima, eccitatissima dalla situazione abbruciava di piaciri "Uhhuu mi stati facennu moriri!" suspirava e allora osò ancora di più, le strinse le gambe intorno al viso e con le mani guidava la testa della parrucchiera a risalire le sue cosce "U sacciu chi mi disiati, teccà vasatimillu! facitimi arricriari!" le disse tutta d'un fiato e fu tutto un mischiarsi di gridolini e ansimare selvaggio.

Più tardi, sull'uscio del negozio, come una circe incantatrice, a signura cchi minni grossi con le guance ancora rosse come pommaroru le sussurrò: "Stasira quando chiudete a putia passati da la me casa, me maritu 'nun c'è...". Maliarda e bugiarda comu na vera tappinara già si pregustava la delizia di un iocu vastasu che aveva in mente: un inedito "menage a trois".

"Uhhuu nun sacciu" replicò la parrucchiera; fingendo, malamente, prudenza dato che i suoi occhi ingenui dicevano "Si! non vedo l'ora di rivedervi!".

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