15.3.11

La donna fantasma. Un racconto cinese dell'orrore (di P'u Sung-Ling)

Tra l’estate e l’autunno del 1990 “il manifesto” pubblicò a puntate una piccola antologia di brevi racconti cinesi dell’orrore, curata, tradotta e introdotta da Patrizia Dadò. L’ultima puntata è dedicata alle “fantasme”, gli spettri femminili. Nella mentalità tradizionale cinese la donna occupava l’ultimo posto della gerarchia sociale e, con rare eccezioni, l’immagine che la letteratura ne trasmette è quella di esseri di natura Yin, oscura, ritrosa, passiva; ma da fantasmi sovente le donne si scatenano e sono capaci di produrre seri danni. Così nel raccontino che segue, opera di P’u Sung-Ling (1640-1715), considerato uno dei massimi letterati del suo tempo. (S.L.L.)
Un tale Li stava sdraiato, di giorno, quando vide una donna uscire dal muro, con la chioma scarmigliata ed ispida come un canestro sfondato, che nascondeva il viso. La donna arrivò davanti al letto, scostò la chioma con la mano e mostrò la faccia: era grassa, nera, bruttissima.
Il tale si spaventò moltissimo e fece per scappare. Ma la donna salì di scatto sul letto, gli strinse con forza la testa fra le braccia, poi lo baciò sulla bocca, spingendovi dentro la lingua una saliva fredda come un blocco di ghiaccio, che gli scivolava nella gola.
Il tale non avrebbe voluto inghiottirla, però non riusciva a respirare, così la mandava giù, ma era densa e appiccicosa e turava la gola. Quando alla fine riusciva a trarre un respiro, ne aveva subito la bocca di nuovo piena, e col respiro mozzo ne inghiottiva ancora.
Continuò così a lungo, finché gli si bloccò del tutto il respiro e non resisteva più. Si udì allora un rumore di passi fuori la porta. La donna mollò la presa e sene andò. Il tale ne ebbe ventre e intestini gonfi e doloranti e non poté toccare cibo per decine di giorni.
Seguendo un consiglio, provò a mandare giù un infuso di ginseng e robbia; e guarì, dopo aver vomitato una sostanza simile all’albume.

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