11.3.11

Mito e scrittura. Corto Maltese e gli eroi del romanzo popolare (Umberto Eco)

La “bustina di Minerva” del 4 settembre 1995 era un “coccodrillo”. Umberto Eco usò la sua rubrica su “L’Espresso” per ricordare Hugo Pratt, che era appena morto e del quale in vita era stato amico. Eco non si limita, peraltro, a ricordare il disegnatore e il suo celebre personaggio, Corto Maltese; ma si produce in alcune puntualizzazioni, sui personaggi-mito della “letteratura popolare” scritta o disegnata e sulla qualità della scrittura o del disegno, tutt’altro che peregrine. Soprattutto per l’utilità di queste riflessioni propongo qui una parte dello’articolo. (S.L.L.)


A un giornalista che mi ha telefonato pochi minuti dopo la diffusione della notizia, nell’emozione del momento non ho potuto che dire “era il Salgari del nostro secolo”. Non è proprio così. Altrove ho scritto che c’è una strana differenza tra grandi scrittori (che secondo l’opinione comune scrivono “bene” e creatori di miti che possono scrivere anche malissimo. Dumas era a metà strada: I tre moschettieri sono scritti in uno stile secco, preciso, non una parola in più. D’accordo, non sono la Recherche, ma se fossero stati come la Recherche di Proust sarebbero insopportabili (e viceversa). Il conte di Montecristo, invece, è scritto assai male: ciò non toglie che sia epico. Proprio questa sera, in cui scrivo dopo la notizia, la televisione ha trasmesso il bellissimo Il giustiziere della notte con Charles Bronson. Naturalmente mi ha fatto venire in mente Un borghese piccolo piccolo. Sono tutti figli dello stesso archetipo, il Giustiziere Eterno, il cui capostipite è il conte di Montecristo. Si possono creare degli archetipi scrivendo così come viene (da far sospettare che la narrativa non sia necessariamente una questione di letteratura – il concetto di Letteratura è abbastanza recente, il concetto di Mito è eterno). Dico questo perché Salgari è stato certamente un creatore di Miti, ma a rileggerlo ora si fa una certa fatica. La sua scrittura è pesante e ripetitiva, ci dice quello che sappiamo già, che il Corsaro nero, quando deve abbandonare la donna amata, piange; ma era meglio ricordarlo come la prima volta: a sentirglielo ripetere si prova un certo fastidio (eppure Salgari, non vorrei essere frainteso, era un grande creatore di miti). Si può dire che questa impressione la si prova oggi, quasi cento anni dopo: eppure credo che Salgari scrivesse sciattamente anche per i suoi tempi.
Invece Hugo Pratt non era come Salgari, perché “scriveva bene”. La Ballata del mare salato può essere letta e riguardata (perché come è noto Pratt “scriveva” a fumetti), godendo sempre del modo come è stata concepita, immagini e parole. Poche sbavature, o nessuna. Anche se io tenderei distinguere tra un Pratt prima maniera, dal disegno ancora un poco sovraccarico, un Pratt seconda maniera (per me il migliore), più essenziale e stilizzato, e infine un Pratt terza maniera, dove la stilizzazione e la compiacenza per il disegno prevalgono sopra tutto, e diventano appunto “maniera”.
In ogni caso almeno due generazioni vissute in questo secolo saranno dominate dalla memoria dei grandi miti creati da Hugo Pratt. Formidabile narratore, forse prima che disegnatore (ma non sarebbe stato narratore se non fosse stato disegnatore) comprensibile eppure coltissimo, pieno di riferimenti letterari, mitologici, etnografici… Un artista molto complesso.  

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