22.6.11

Magistratura eretica. Livio Pepino sulla storia di Md (da "il manifesto")

Livio Pepino sul “manifesto” ricostruisce la vicenda di  Magistratura democratica a partire da un libro di Giovanni e Viglietta: La Costituzione e i diritti. Una storia italiana. La vicenda di MD dal primo governo di centro-sinistra all'ultimo governo Berlusconi (S.L.L.)
So di essere di parte. Perché la storia descritta da Giovanni Palombarini e Gianfranco Viglietta in è anche la mia vicenda personale e politica. Ma non è detto che sia una controindicazione nel recensire questo lavoro, che ripercorre - con minuziosa passione - la «piccola storia» di Magistratura democratica all'interno della «grande storia» dei nostri ultimi cinquant'anni.
Il protagonista della storia è, appunto, Md, un gruppo di magistrati un po' anomalo: «uno strano animale», come lo definì qualche decennio fa Pietro Ingrao; il protagonista di «uno scisma consumato all'interno della cittadella della giurisdizione», per dirla con Giuseppe (Pino) Borrè (uno dei suoi padri nobili); un «movimento politico di sinistra all'interno della magistratura», secondo una recente icastica sintesi proposta da Alfonso Di Giovine. Ma conviene andare con ordine, seguendo il filo rosso del libro.
Magistratura democratica nasce nel 1964 quando l'omogeneità del corpo giudiziario con le classi dominanti era pressoché totale, era normale vedere i vertici giudiziari accompagnarsi con notabili politici ed economici (magari inquisiti) o definire «fatalità» gli infortuni sul lavoro, era diffusa quella pratica dell'insabbiamento che aveva meritato alla Procura di Roma la definizione di «porto delle nebbie». Contro quella magistratura e contro il contesto istituzionale di cui era espressione nasce Magistratura democratica. Meritoriamente, ché solo contestando una realtà inaccettabile (una giustizia «di classe» nel senso letterale della parola) si potevano porre le basi per un diverso assetto della giustizia. Ma gli eretici non nascono solo per distruggere. E da subito la preoccupazione del gruppo è quella di costruire un modello alternativo di magistrato, di organizzazione giudiziaria, di politica della giustizia. Un modello dichiaratamente attento alle esigenze (anche) delle classi subalterne e di chi non ha diritti.
Che Magistratura democratica sia stata (sia) la sinistra della magistratura è noto e da sempre rivendicato. Di ciò peraltro - per pigrizia o per interesse - si sono spesso fornite letture di comodo, come quella secondo cui obiettivo del gruppo sarebbe stato (sarebbe) quello di sostituire la tradizionale egemonia della destra sulla magistratura con una egemonia della sinistra. La realtà è assai diversa e gli obiettivi di Md ben più ambiziosi e più profondamente innovativi: legati non a contingenti spostamenti dei rapporti di forza ma a un modo alternativo di concepire la giurisdizione nel sistema politico. Il rifiuto della concezione della magistratura come apparato e la sua configurazione come istituzione caratterizzata da un legittimo (rectius, necessario) pluralismo ideale e politico costituiscono un fatto radicalmente nuovo, e in qualche modo dirompente nella storia del paese. Qui sta la prima novità introdotta da Md. La rottura con il passato è radicale e gravida di conseguenze: a una magistratura longa manus del governo si addice, infatti, un modello di giudice burocrate e neutrale, mentre a una magistratura radicata nella società deve corrispondere un giudice consapevole della propria autonomia, attento alle dinamiche sociali e di esse partecipe. La novità, pur ferocemente contrastata, si consolida e diventa un polo di riferimento critico per l'intera cultura giuridica e politica.
L'opzione di sinistra di Md, la sua «scelta di campo», il suo sentirsi solidale con i soggetti sottoprotetti, la ricerca di collegamenti con il variegato arcipelago della sinistra sono espliciti. Ma considerare questa opzione come collateralismo con i partiti della sinistra, e in particolare con il Pci (e i suoi eredi), è frutto di superficialità o di strumentalizzazione politica. Nulla di nuovo né di anomalo sarebbe ravvisabile in posizioni siffatte, data l'esistenza, all'interno della magistratura, di ben altri collateralismi con il potere (talora financo con quello illegale). Ma così non è stato, e non è. La collocazione di Md nella cultura e nell'area progressista, lungi dal produrre fenomeni di subalternità o di fiancheggiamento, è stata stimolo per una più rigorosa autonomia, al punto che la storia del gruppo è stata ed è, nel rapporto con le organizzazioni politiche della sinistra, storia di scontri forse più che di convergenze: dalla critica al pensiero unico sulla matrice anarchica della strage di piazza Fontana alla indizione del referendum per l'abrogazione dei reati di opinione, dalle polemiche contro la legislazione dell'emergenza alla rivendicazione dell'autonomia della giurisdizione rispetto a ogni strategia politica, dal rifiuto della guerra (di ogni guerra) in nome del diritto all'impegno culturale contro le modifiche della Costituzione proposte dalla Commissione bicamerale e contro la legislazione speciale in tema di sicurezza e immigrazione.
Lungo queste direttrici si è sviluppato negli anni il percorso di Md. Il viaggio è stato talora accidentato, ma l'eresia ha messo radici, è cresciuta, ha contribuito a cambiare la magistratura, rendendola capace di interventi un tempo impensabili fino all'esplodere di Tangentopoli, reso possibile non già da forzature soggettive di magistrati prevenuti ma dall'incrinarsi della omogeneità di molta parte della magistratura con il sistema politico corrotto (avvenuto a seguito di un conflitto duro e tuttora tra chi ha burocraticamente accettato lo status quo e chi ha coltivato la prospettiva della indipendenza reale della giurisdizione e della eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge).
Di tutto ciò Palombarini e Viglietta forniscono una ricostruzione analitica, confortata da documenti spesso inediti, in cui ritornano e ricorrono filoni fondamentali di riflessione e di intervento: l'interpretazione conforme a Costituzione, la giurisprudenza alternativa, le interferenze, l'ugualitarismo, il garantismo (quello tout court e non quello selettivo della destra), l'attenzione al «punto di vista esterno» e via seguitando. Ricostruzione tanto più opportuna oggi quando ci sono, anche nella stessa Md, tendenze a trasformare l'antica eresia in una più tranquilla ortodossia: tendenze pericolose ché le ragioni di Md resistono e sono, anzi, più forti in una società caratterizzata da un pensiero unico in cui sembra non esserci più posto per l'uguaglianza.

11 giugno 2011

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