6.11.12

La bioagricoltura sfama di più e meglio (di Giuseppina Ciuffreda)

Masanubo Fukuoka
Uno dei luoghi comuni facile da trovare nei mass media è che per sfamare i miliardi di esseri umani ci vuole l'agricoltura chimico-industriale. Ma nonostante gli ostacoli posti dalle grandi imprese dell'agrobusiness e da una cultura che percepisce inerte il suolo, la bioagricoltura si sta affermando nel mondo grazie ai risultati positivi dei suoi diversi metodi attenti a conservare ed arricchire la fertilità del terreno, senza usare prodotti chimici e senza mutuare dalla fabbrica la gestione delle aziende. Metodi sperimentati negli anni da pionieri che vale la pena di conoscere.
Un passo indietro, agli albori della chimica organica e al lavoro di due signori, uno scienziato tedesco, Justus von Liebig, e un imprenditore inglese, John Bennet Lawes. Sono loro i padri dell'agricoltura chimica. Gli studi di Liebig sul ruolo dell'azoto nella fertilità del suolo furono utilizzati da Lawes che nel 1841 apre la prima fabbrica di fertilizzanti artificiali, brevettandoli e diventando ricchissimo. Ma entrambi, come tutti i pionieri, hanno visto anche i problemi futuri. Liebig mette in guardia sull'eccessiva fiducia nei metodi chimici e raccomanda l'uso del letame, come farà anche Lawes, sulla base della sperimentazione scientifica che mette in piedi. Il successo lascia nel dimenticatoio le riserve iniziali.
La storia dell'agricoltura organica e del recupero di metodi di coltivazione tradizionali comincia quando i danni si manifestano con evidenza. Albert Howard, botanico dell'Impero britannico, nel 1905 va in India. Lì apprende dai contadini la "legge del ritorno": per mantenere la fertilità bisogna restituire alla terra residui vegetali e animali. Crea il composto indore e dai suoi insegnamenti nel 1947 nascerà in Inghilterra la Soil Association per la coltivazione organica. In Germania nel 1924 Rudolf Steiner dà i fondamenti della biodinamica sulla base di una visione naturale e spirituale. Mentre l'agricoltura industriale nel dopoguerra si diffonde nel mondo con il piano Marshall e con la "rivoluzione verde" gestita dalla Fao, il giapponese Masanubo Fukuoka sperimenta con successo in Asia e in Africa un'agricoltura zen, con un intervento umano minimo. Claude Aubert in Francia coltiva in modo bio-tradizionale e l'australiano Bill Mollison pratica la permacoltura con grande attenzione a sistemi durevoli. Nel Terzo mondo la battaglia per la riforma agraria diventa anche lotta per un cibo pulito e organico. Ne parlano dal 2004 in Italia, nei giorni di Terra Madre, l'incontro di contadini che arrivano a Torino da tutto il mondo organizzato da Slow Food.
La verità è che l'agricoltura biologica funziona ed è un'alternativa reale. Nel 1989 la National Research Council che riunisce l'Accademia delle scienze degli Stati Uniti, l'Ordine degli ingegneri e l'Istituto nazionale di medicina, dopo un'indagine di 5 anni su aziende che usavano metodi di coltivazione alternativi ha concluso che sono competitive, l'impatto ambientale è basso, la resa maggiore, ed ha raccomandato di ridurre gli incentivi all'agricoltura chimica. Uno degli ultimi rapporti dell'Onu, dicembre 2010, che ha preso in esame la letteratura scientifica degli ultimi 5 anni, raccomanda l'agroecologia per lo sviluppo rurale. I metodi organici garantiscono produttività, sostenibilità ambientale e la partecipazione attiva dei contadini.

"il manifesto", 5 agosto 2011

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