27.2.14

Il ritorno dei Re Magi (Pietro Citati)

Nei Vangeli, l'apparizione dei Magi è timidissima. Ignoriamo chi siano i Magi che, nel Vangelo di Matteo (l'unico che li ricorda), giungono da Oriente: sappiamo soltanto che seguono una stella, giungono a Betlemme, entrano nella casa di Giuseppe e Maria, vedono il bambino, si prostrano, gli rendono omaggio e gli offrono i doni: oro, argento e mirra. Tutto il resto del racconto della Natività, che trionfa nel Vangelo di Luca, viene abolito da Matteo. Non ci sono i pastori e le greggi, l'angelo del Signore, la grande gioia di tutto il popolo, la nascita del Salvatore, la moltitudine dell'esercito celeste che loda Dio: «Gloria a Dio nelle sublimità e sulla terra pace agli uomini della divina benevolenza»; e sopratutto il segno singolarissimo, il paradosso dei paradossi: «Il Cristo, avvolto in fasce che giace in una mangiatoia».
Nel Vangelo di Matteo, abbiamo soltanto questi Magi sconosciuti: saggi pagani, che anticipano la conversione dei popoli stranieri al Signore, mentre Israele lo rifiuta. Il racconto è sobrio e rapido: nessun episodio della Bibbia lo anticipa; tanto che potremmo persino immaginare che sia un particolare indifferente, lasciato cadere a caso da Matteo. Ma, pochi anni dopo l'età dei Vangeli, la vicenda dei Magi diventò la più grande leggenda mitica del Nuovo Testamento: qualcosa di sacro, festoso, tremendo. La pietà popolare vi trovò tutto ciò che desiderava: il brillio delle grandi ricchezze, gli eserciti multicolori, l'Oriente, la misteriosa saggezza dell'Oriente, i minuziosi particolari della vita di Gesù, l'aura della leggenda, il verisimile, l'inverosimile, il vasto, l'ingenuo e il romanzesco, che incantano i semplici e i bambini.
Così la storia dei Magi attraversò arricchendosi i secoli del Medioevo, lo riempì di apparizioni, fino a quando trionfò in un capolavoro: l'Historia Trium Regum di Giovanni di Hildesheim, composto attorno al 1364, e raccolto da Luca Scarlini nel piacevolissimo Natale dei Magi (Einaudi, pagine XXIV-271, 16). Ora, finalmente, i nomi sconosciuti dei tre Magi vennero rivelati: si chiamavano Melkon, Gaspar, Balthasar, oppure Melchior, Jaspar, Balthasar. Ognuno di loro discendeva da una delle tre razze della Bibbia: giungevano dalle diverse regioni d'Oriente; e incarnavano il passato, il presente, il futuro, o i sacerdoti, i guerrieri e i coltivatori.
I narratori del Medioevo inventarono loro un passato, che risaliva fino alle origini del mondo. Quando fu cacciato dal Paradiso Terrestre, Adamo ricevette un dono di Dio che lo legava al suo creatore: un libro scritto, chiuso e sigillato da quella mano meticolosa e onnipossente. Il libro discese le generazioni: venne trasmesso di figlio in figlio; da Mosè ad Abramo a Isacco a Giacobbe a Giuseppe; e finalmente giunse, intatto e immacolato, senza un foglio o una lettera in più o in meno, nelle mani dei Tre Magi. Quando l'angelo del Signore annunciò alla Vergine Maria che sarebbe divenuta madre, in quell'istante medesimo il libro si aprì; e la voce dello Spirito Santo - una voce squillante che non avevano mai ascoltato - annunciò ai Tre Magi di lasciare le loro case, di seguire una stella, e di andare ad adorare un misterioso Neonato. La stella, quasi anonima, del Vangelo di Matteo diventò rapidamente una immensa stella miracolosa. Gettava fiumi e fiumi di luce, che avevano la consistenza dell'acqua di mare: splendeva più di qualsiasi astro o cometa mai conosciuti; anche di quella che, pochi decenni prima, aveva annunciato la nascita di Mitridate re del Ponto. Gli altri astri sembravano offuscarsi e ottenebrarsi dinanzi a quel chiarore sovrabbondante; e danzavano per rendergli omaggio. A poco a poco, la stella si innalzò sopra il mondo, come un'aquila, e rimase immobile, fissa nello stesso punto: il sole si avvicinò sfiorandola, quasi toccandola; e i raggi lunghissimi e ardenti della stella diventavano grandi uccelli che battevano festosamente le ali. Giù in basso, in Persia o a Babilonia o in Caldea, i Magi fissavano il cielo con attenzione spasmodica; e quando gli occhi erano stanchi e quasi ciechi si accorsero che la superficie dell'astro era disegnata da una calligrafia minuziosa e meticolosa: qui c'era l' effigie di un bambino, lì l'immagine di una virgo che allattava, là il disegno di una croce sanguinante. Non sapevano ancora che quei segni sarebbero divenute impronte evangeliche.
I Magi continuarono a fissare per giorni il cielo e compresero che non avevano compreso. La stella miracolosa era un enorme angelo, che aveva preso le forme e lo splendore di una stella: forse lo stesso angelo che, molti secoli prima, aveva guidato i figli di Israele fuori dal vasto carcere dell'Egitto. I tre Magi non si erano mai conosciuti. Venivano da lontano e percorrevano strade diversissime che non si incontravano nella vastità del deserto e delle montagne. Una sola cosa avevano in comune: quella stella, sempre la stessa, sempre diversa, che precedeva ciascuno di loro e i loro eserciti numerosi e coloratissimi; e avanzava quando essi avanzavano. Non sostavano quasi mai: quasi mai toccavano cibi e bevande, e non nutrivano le bestie di foraggio. Camminavano da lungo tempo e tuttavia credevano di aver camminato da una sola giornata, e di aver contemplato un solo tramonto. Mentre procedevano, le vie sconosciute, i corsi d'acqua, le paludi e le montagne diventavano vaste pianure, piene di strade affollate.
Presso Gerusalemme si levò sopra di loro una nebbia densissima e caliginosa, che nascose la stella-angelo. Melchior si fermò presso il monte Calvario; Balthasar presso il monte Oliveto. Quando la nebbia si andò diradando, i tre Magi si incontrarono all'improvviso: non si erano mai visti, non si conoscevano; eppure si baciarono con grande affetto, come se avessero trascorso insieme tutta la vita. Cominciarono a parlare. Si accorsero di parlare lingue diverse: ma ciascuno di loro credeva che gli altri dicessero le loro stesse parole. Quando i tre re giunsero vicino a Betlemme, vestirono gli abiti e gli ornamenti regali, che avevano portato con sé dall'Oriente. Lì vicino c'era una casa chiamata alchan: un tempo custodiva cavalli, muli, asini e cammelli, che venivano offerti ai viaggiatori e ai pellegrini: ma, al tempo dei Magi, la casa era distrutta ed era rimasto soltanto un piccolo tugurio - pareti di mattone, muri sconnessi, un' aia dove si vendeva pane, e una mangiatoia di pietra, grande come un' urna, alla quale erano legati il bue di un mendicante e l' asino di Giuseppe. Era la mangiatoia - «il segno dei segni» - di cui parlava il Vangelo di Luca. La grande stella-angelo si fermò, si abbassò tra i mattoni e i muri di pietra con un fulgore così grande che ogni pietra del tugurio venne accecata e trasfigurata. I Magi furono sconvolti dal timore. Videro Maria, bruna di capelli e di pelle: essa si copriva il capo con un mantello bianco di panno, tranne il viso avvolto nel lino, e con la mano destra reggeva il corpo di Gesù. Allora Melchior offrì a Gesù un pomo d' oro, che stringeva in una mano, ed era già appartenuto ad Alessandro Magno. Rappresentava il mondo nelle sue forme più fastose e vistose. Ma Gesù non aveva bisogno del pomo d' oro e, appena gli fu consegnato, lo frantumò e lo ridusse in polvere con un tocco della sua piccolissima mano. In quel momento cominciò il ritorno. La stella scomparve: nessun barlume celeste ricordava ai Magi che un grande angelo li aveva illuminati per due settimane. Le strade erano oscure, scoscese e incerte. Se il primo viaggio era durato dodici giorni, quello di ritorno, pieno di ansie, di pene e di fatiche, durò due anni. La notte, come tutti i viaggiatori, i Magi si fermavano nelle locande, chiedendo cibo, aiuto e soccorso. Ebbero timore e tremore. Alla fine dei due anni riuscirono a ritornare a casa, portando uno strano regalo. Quando avevano lasciato Betlemme, Maria aveva donato loro una fascia, come ricordo. In Oriente i Re e i principi si raccolsero attorno ai Magi, domandando cosa avevano visto e cosa avevano fatto, in che modo erano andati e ritornati, e cosa avevano portato con loro. Essi mostrarono la fascia di Maria. Celebrarono una festa, accesero il fuoco e, secondo l'usanza zoroastriana, lo adorarono e vi gettarono sopra la fascia. Il fuoco la avvolse e la accartocciò: ma, quando il fuoco si spense, estrassero la fascia dalle ceneri, come se la fiamma non l'avesse nemmeno toccata. Dunque la verità - dissero i Magi - non era il fuoco d'Oriente: ma la fascia di Maria, la mangiatoia del Bambino, la croce disegnata sulla stella, l'astro-angelo che li aveva protetti, il tugurio pieno di splendore. I Magi presero la fascia, la baciarono, e se la misero sul capo e sugli occhi, dicendo: «Questa è la verità». Poi la nascosero con grande venerazione tra i loro tesori. Infine, nelle loro remote e quasi inattingibili sedi d' Oriente, i tre Magi cedettero alla forza del tempo. Melchior aveva centosedici anni, Balthasar centododici, Jaspar centosei. Poco prima che morissero, sopra la loro città apparve una stella: la stessa che li aveva guidati a Betlemme; e ora ricomparve, a salutarli e forse ad accompagnarli per l'ultima volta. Nell'ottava della Natività del Signore, dopo aver celebrato l'Ufficio divino, Melchior chinò la testa e dolcemente si addormentò nel grembo di Dio, senza provare nessun dolore. Nella festa dell'Epifania, chinò il capo Balthasar: sei giorni dopo, Jaspar. Gli aiutanti li rivestirono con i loro sontuosi abiti regali e sacerdotali: poi li seppellirono nello stesso sepolcro; in piedi, l'uno accanto all' altro, come se percorressero ancora le strade di Palestina, mentre l'astro-angelo li guidava verso la più conosciuta e sconosciuta delle grotte.


Corriere della Sera, 20 dicembre 2011

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