29.9.10

Per Emile Zola (di Mario Rapisardi)

Mario Rapisardi
Mario Rapisardi, poeta catanese, laico e socialista, alla morte di Emile Zola sul finire di settembre del 1902, scrisse  un articolo commemorativo, credo per “La Sicilia”, che venne inserito nel 1915 da Antonio Tomaselli in una antologia di prose rapisardiane dal titolo Pensieri e Giudizi. Io l’ho trovato in Wikisource che indicava quest’ultima fonte. (S.L.L.)
Emile Zola
Tra il ripiegamento miserevole di tante bandiere e l'afflosciamento morboso di tanti scrittori, che, rinnegando la storia, la scienza e sé stessi, sdilinguiscono in un misticismo che, se non è impostura da sagristia, è segno evidentissimo di imbecillità, Emilio Zola fu uno dì quegli uomini interi e diritti che vivono e muoiono in piedi, con l’ occhio intento alla meta.
V. Hugo lanciò la schiera dei mostri sublimi contro l’impero maledetto, ed ebbe la gloria di sconquassarlo, prima ancora che i Prussiani vincessero a Sedan e bombardassero civilmente Parigi.
E. Zola ebbe lo stomaco di smuoverne le macerie, di penetrarne i baratri pestilenti, di osservarne il bulicame, di descriverne la putredine. Gran parte dell'opera sua fu una requisitoria solenne.
J'accuse: ecco la sua parola.
Maneggiò il fango e ne plasmò figure indimenticabili. Abbrancò pei capelli la borghesaglia impiastricciata di sangue e di mota e la gittò al gran sole additandola all'odio e al ribrezzo della moltitudine. Trattò col ferro e col fuoco le piaghe verminose della plebe; e, presentendo la vittoria del bene, inneggiò alla terra benigna, al lavoro rigeneratore, alla fecondità delle razze, al trionfo della giustizia.
Ebbe il coraggio dell'odio e dell'amore, la mania eroica della sincerità: fu un demolitore formidabile e un ricostruttore pietoso. Non possedeva la seconda vista, come certi filosofi del quarto d'ora, che scambiano la scienza col sonnambulismo e con lo spiritismo; non vedeva nulla di là dalla storia e dalla natura; ma, non ostante il suo realismo crudele, aveva fede inconcussa nelle idealità generose della vita.
L'arte non fu per lui un aristocratico gingillo, ma un'arma rude di combattimento; non un passatempo, ma un apostolato. Le ricchezze acquistate non fecero che alimentare la sua fede nel bene. La gloria non lo distolse dalle fatiche e dai pericoli delle battaglie, il pensatore, lo scrittore, il cittadino erano in lui proporzionati e armonizzati stupendamente, faceano di lui un uomo-statua, uno dì quei monoliti viventi di cui una nazione, feconda come la Francia, non può vantare, in un secolo, che rarissimi esempi.

1 commento:

Pietro Rizzo ha detto...

http://rapiasrdi.altervista.org/pensieri_e_giudizzi_di_mario_rapisardi.htm

La fonte è questa.
Cordialmente

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