30.11.10

Il crac del 29 (e la crisi d'oggigiorno)

"La Stampa" del 31 ottobre scorso, per annunciare la disponibilità digitale del proprio archivio storico, ha ripreso alcuni articoli del quotidiano torinese, pubblicati in occasione di grandi eventi nazionali ed internazionali del secolo trascorso. Vi si ritrova anche il commento di Alfredo Signoretti, qui sotto postato, sul crac della borsa di New York, del 31 ottobre 1929, commento ragionevole e in sostanza assai critico verso i fasti del capitalismo finanziario, con un finale ottimistico sulle sorti europee totalmente smentito da quanto poi accadde. Forse il Continente antico forse non si lasciò più attrarre "dai fuochi fatui di speculazione americana", ma la crisi economica e produttiva ebbe tra i suoi esiti l'ascesa al potere di Hitler, il diffondersi di "fascismi" in molti paesi e infine una guerra catastrofica.
Il confronto con i tempi nostri s'impone. Anche al giorno d'oggi ci hanno raccontato che alcuni Stati europei, come l'Italia, nonostante la globalizzazione finanziaria e il forte indebitamento pubblico, avrebbero retto bene. I fatti ci mostrano che il gioco della speculazione non si è affatto interrotto ed esso si rivolge contro i paesi a moneta euro dai deficit più gravi, i cui titoli di stato si prestano ai giochi borsistici. Non è inverosimile che ancora oggi ci sia chi, speculando, lucra guadagni favolosi. E che l'Italia sia al sicuro è una favola. Bisogna dirlo, anche se ci prenderanno per anti-italiani. Tra l'altro questo governo, col concorso idiota di gran parte di questa opposizione (il Pd e l'Idv), ha privato lo Stato di uno dei suoi punti di forza. Molti di quei beni che, in quanto estrema garanzia, rendevano più affidabili i titoli del debito pubblico sono stati, col federalismo demaniale, devoluti alle Regioni per la gioia dei leghisti. Nella loro stupida logica nordista Bossi e i suoi lanciano al loro elettorato il messaggio dell'egoismo: "Fallisca pure l'Italia, noi non falliremo". Non è così: senza il Sud come mercato privilegiato di sbocco fallirebbero anche molte industrie e imprese settentrionali, ma Bossi e i suoi sono troppo nazistoidi per comprenderlo. A prendere voti e accaparrarsi potere la demagogia populista è un grande aiuto e nulla importa loro della crisi. (S.L.L.)
I rapidi precipitosi tracolli della Borsa di New York che senza dubbio è, dopo la guerra, la Borsa più importante del mondo, sono la fatale conseguenza di una inflazione speculativa che aveva invaso le categorie sociali più diverse e che aveva portato ad un paradosso economico insostenibile a lungo andare. La Borsa invece che essere il riflesso dello specchio dell'andamento della vita produttiva, aveva preso il sopravvento sullo forze vere delle creazioni quotidiane e faticose della ricchezza, spostando artificiosamente rapporti e situazioni di imprese: era il giuoco di azienda, la partita di baccarat che per una infinità di gente costituisce lo sforzo tenace per la conquista di una esistenza migliore. Alcuni mesi or sono la Banca Federale degli Stati Uniti era intervenuta per frenare questa corsa frenetica alla speculazione prima con ammonimenti, poi, perché questi restavano inascoltati, rincarando il prezzo del danaro specialmente nei riporti a corta scadenza.
Vi fu già allora un allarme; sembrò per un momento che tutta l'attività borsistica dovesse ritornare ad una più reale comprensione delle cose: ma l'illusionismo della folla per il miracolismo finanziario è uno dei fenomeni di psicosi sociale più difficile a vincere ed a convincere. La scalata pazza all'albero di cuccagna e' continuata col favore di pochi grandi speculatori per cui il guadagno favoloso consiste nell'ampio e precipitoso ondeggiamento delle quote, sia che essi seguano la linea del rialzo o quella del ribasso. Cosi è avvenuto quello che doveva avvenire: il bubbone è scoppiato. I ribassi si valutano a diecine di miliardi di dollari, infinite ricchezze fittizie sono crollate in un baleno. L'avvenimento avrà del resto ripercussioni internazionali che si prevedono benefiche per i mercati europei dato che l'oro del nostro Continente non sarà più attratto dai fuochi fatui di speculazioni americane.

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