23.11.10

Finezza

Palermo, il Capo (di Croce Taravella)
Non so come sia mutata nel tempo l’indole della plebe di Palermo. Quando vivevo in quella bellissima città non condividevo il disprezzo piccolo-borghese verso gli abitatori degli antichi mandamenti e ne valorizzavo l’eloquio musicale e la creatività linguistica. E mi scocciava non poco che i popolani della vuccirìa o del Capo o del “borgo” venissero additati come esempio di inciviltà e maleducazione. Nonostante questa simpatia non posso non ammettere che taluni di quei sottoproletari palermitani, e in specie quelli che per una qualche ragione si davano arie, fossero  insigni monumenti di scostumatissima arroganza.
L’episodio che qui narro me l’ha raccontato uno dei miei fratelli, che dice di avervi assistito personalmente. Forse non è vero, ma è credibile.
In un autobus sale una signora con due figlie in età da marito, tutte e tre agghindatissime. Senza avviso alcuno travolgono nel passaggio un signore anziano e due su tre  gli schiacciano un piede malconcio. Costui, confidando nel rispetto dovuto all’età, osa  rimproverarle, ironico: “Che finezza! Potevate chiedere permesso. O almeno scusa!”. La signora platealmente e sconciamente replica: “A noi per finezza ce la possono sucare”.
Chissà perché, la scena e la battuta mi sono tornate alla memoria in questi giorni, nel sentire delle baruffe tra le finissime Carfagna e Mussolini.  

1 commento:

Piero Lo Leggio ha detto...

Il fratello ero io e le parole esatte erano state: "Ma come si permette! Guardie ch ea noi, per finezza, ce la possono sucare!!"
E' tutto vero, lo giuro sulla testa della Mussolini!

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