5.2.12

Nei bassi di Napoli. Due usuraie di fine Ottocento (di Matilde Serao)

Una povera donna che ha bisogno di cinque lire per pagare il padrone di casa, va a cercarle in prestito da donna Carmela, che dà il denaro cu a credenza. Prima di andarci, esita molto, ha paura e vergogna, ma visto che non può fare diversamente si decide. Donna Carmela è una donna grassa e grossa che esercita per lo più una professione di lusso, rammenda merletti, trapuntisce le grandi coltri di bambagia che si usano in Napoli, d'inverno ricama in oro sul velluto: infine una professione per la forma, che lascia godere di lunghi ozii; ma la sua vera professione è il prestar quattrini alla povera gente. Donna Carmela è verbosa e affettuosa in questo primo colloquio con la povera donna: la rincora, la compatisce, se occorre, le confessa di essere stata egualmente alle strette, e la manda via, tutta racconsolata, con le cinque lire, - vale a dire con quattro lire e mezzo. Il prestito è fatto per otto giorni, l'interesse è di due soldi per lira. Si paga anticipato: quindi, sulle cinque lire, la povera donna lascia cinquanta centesimi. Gli otto giorni passano, le cinque lire da restituire la povera donna non le ha, allora, tutta rossa di vergogna, prega donna Carmela di contentarsi di un'altra settimana d'interesse, cinquanta centesimi: donna Carmela non dice nulla e intasca i dieci soldi. Così passano quattro, cinque, fino a dieci settimane, senza che la povera donna abbia mai potuto riunire le cinque lire: e ogni lunedì le tocca pagare l'interesse del dieci per cento per settimana, e dopo la quinta settimana donna Carmela è diventata una iena, bisogna pregarla perché non gridi, perché non faccia delle scene, essa vuole il suo denaro, vuole il sangue suo, l'interesse non le serve, le servono i quattrini del capitale. Sulla soglia delle porte, alle porte delle officine, ogni sabato, ogni lunedì, si ode la voce irosa di donna Carmela: essa, dal mattino, è in giro per esigere, ricoglie, e fa tremare uomini e donne, con il suo tòno alto e imperioso. In un posto ha da esigere una lira, in un altro due, in un altro cinque: e non osano ribellarsi a lei, non avendo da pagarla, non osano ribellarsi, potendo aver sempre bisogno di lei. Quella donna grassa è implacabile: sa la sua potenza: se una serva non paga, essa minaccia di fare uno scandalo con la padrona, se una donna non paga, essa minaccia di dirlo al marito, se un operaio non paga, essa sa l'indirizzo del capo officina, e cui va a denunciarlo. Ella è astuta e cauta, audace e sboccata: ella resta sempre nella posizione di una benefattrice, a cui codesti ingrati rodono le fibre e bevono il sangue. E infatti nessuno le dà una coltellata, nessuno la bastona, nessuno la insulta, e quel che è più forte ancora, nessuno ha il coraggio di negarle i quattrini: l'onestà del popolo napoletano non è neppur capace di truffare una usuraia. Non le danno neppure torto nelle sue escandescenze: e cercano sempre di mansuefarla.
Quando una povera donna napoletana ha bisogno di un grembiule, di un vestito, di un fazzoletto da collo, di un paio di camicie, non avendo quattrini per comperarle, si decide ad andare da donna Raffaela che dà la robba cu a credenza. Quest'altra usuraia prende, a basso prezzo, tela e percallo e fazzoletti di cotone dai negozi: e li rivende alla povera gente. Ogni oggetto, naturalmente, è pagato molto più caro del suo valore: primo guadagno. Poi, come all'altra usuraia, bisogna pagare l'interesse del dieci per cento alla settimana, sulla somma. Questi debiti, complicati continuamente, pesano sulla esistenza delle povere donne, per mesi e mesi: talché, molto spesso, il grembiule si è consumato, la veste è lacera, le camicie sono bucate, e la povera donna ne ha pagato tre volte il valore, e il debito rimane uguale: donna Raffaela è furibonda, ella grida come una energumena, vuole strappare dal collo della donna il fazzoletto che le ha venduto, vuole sciogliere dai fianchi il grembiule e va gridando: Chesta è robba mia! T'aie arrobbato lu sango mio! Come l'altra, ella finisce per incassare quattro o cinque volte il capitale; come l'altra, ella è necessaria alla povera gente, la quale non reagisce mai contro queste violenze; come l'altra, ella non arrischia mai che piccoli capitali, preferendo di far piccoli e molti affari, dove non vi sono rischi, a grossi affari che offrono sempre dei pericoli.

Da Il ventre di Napoli

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