Da "micropolis" del 28 maggio 2013 riprendo questo articolo-intervista siglato da me e da Enrico Sciamanna. (S.L.L.)
Un milione di metri cubi.
A colloquio con Paolo Marcucci, ingegnere e consigliere comunale
Ci siamo imbattuti sfogliando il libro-DVD che la Società Umbra di Storia Patria ha dedicato a Pietro Scarpellini (Perugia, 2012) un vecchio articolo dello storico dell’arte, fondatore di Italia Nostra, pubblicato nel maggio 1959 sul “Ponte”, la rivista fiorentina diretta da Piero Calamandrei, dal titolo emblematico, La Torta del Poverello. L’articolo si collocava in un momento preciso della storia di Assisi: una Legge Speciale per la serafica città, infatti, aveva fatto crescere gli appetiti edificatori, laici e clericali, e l’Amministrazione Comunale democristiana li incoraggiava tentando di bloccare e svuotare il Piano Regolatore (il celebre Piano Astengo) che essa stessa aveva commissionato. All’avanguardia del progresso, come spesso in Assisi, i geometri. Il testo del professore Scarpellini, di cui riprendiamo qui a fianco uno stralcio vivamente consigliando la lettura dell’intero, ci pare attualissimo. L’amministrazione comunale odierna, guidata da Claudio Ricci, infatti, nella redazione, approvazione e sostegno del nuovo Piano Regolatore Generale della città, sembra aver ripreso le ipocrisie e le doppiezze di quell’antico democristianume.
Ce lo conferma l’ingegner Paolo Marcucci, consigliere di opposizione della lista civica di sinistra “Buongiorno Assisi”: “Il territorio di Assisi è unico per la sua valenza ambientale, storica e culturale, tanto da essere stato riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Ma al sindaco Ricci non interessa affatto la tutela reale di questo Patrimonio Mondiale, quanto piuttosto di poter sbandierare ai quattro venti per la sua personale pubblicità la finta valenza di atti effimeri: le Linee Guida di Restauro del Paesaggio e il Piano di Gestione del sito Unesco, infatti, non hanno alcun valore normativo, perché non sono né cogenti né prescrittive ma soltanto delle mere “indicazioni” che potranno essere, all’occorrenza, prese in considerazione secondo l’adagio “per gli amici si interpretano, per gli altri si applicano”. Marcucci esemplifica: “In barba alle sbandierate Linee Guida e al Piano di Gestione, il nuovo PRG prevede un’ampia edificabilità non solo in zona agricola ma anche nelle zone collinari quali, ad esempio, quelle dei Castelli e di Capodacqua, e nella fascia di rispetto del Colle Storico. In realtà il PRG non coniuga affatto la ‘tutela dell'ambiente con uno sviluppo equilibrato’, come Ricci cerca di farci credere”.
Marcucci, ripercorrendo la storia dell’approvazione del PRG, denuncia le tante piccole furbizie che la caratterizzano: “Intanto, in spregio alle norme (e al buon senso) è stata del tutto omessa la fase partecipativa al nuovo PRG, come previsto anche dalla Convenzione di Aarhus. Avevano chiamato una grande personalità dell’architettura, il professor Cecchetto, ma costui – di fronte alle pressioni – saggiamente si è tirato indietro. Il suo nome tuttavia figura ancor oggi in bella evidenza tra i consulenti dell’Amministrazione per la stesura del PRG”.
Il piano fu reso pubblico nel 2010 e fu approvato nel marzo del 2011 in una seduta fiume del Consiglio Comunale alla vigilia del suo scioglimento vi fu l’approvazione definitiva: “Il PRG è stato volutamente adottato di gran fretta in periodo di campagna elettorale, accogliendo ben 326 osservazioni di privati tutte con aumento di volume o con trasformazione di zone da agricole in edificabili, per circa 6 mila ettari”. Insomma un sindaco “Sisì”, incapace di dir no a chicchesia: “se la vedano insomma gli organi di controllo e tutela, la Provincia, la Regione, la Sovrintendendenza”.
Marcucci, facendosi portavoce di numerosi comitati mobilitati fin dall’inizio contro il tentativo di violentare il territorio di Assisi, ha rivolto a fine aprile un appello alla Conferenza Interistituzionale cui è demandata la finale approvazione, trovando risposte interessate in Provincia e in Regione. Ci fa leggere da “Rocca” del gennaio scorso una pagina di Giannino Piana sui “beni comuni”, per comunicarci il suo disagio per il degrado etico che si nasconde dietro la formula oggi prevalente di “interesse generale”: “Il nuovo PRG, anche per il modo come è stato costruito, contiene messaggi indecenti, dando sfogo ad ogni aspirazione limitata e parziale, ed intanto espunge totalmente grandi temi di rilievo collettivo: l’allocazione di nuovi edifici scolastici e i vani vuoti (pubblici e privati) del centro storico. La cosa più scandalosa è la teoria che falsa i presupposti del piano. La legge fissa nel 10% la soglia massima per la nuova edificazione, il PRG di Ricci fa i suoi calcoli non sul costruito, ma sul “concepibile”; il risultato è che gli aumenti toccano il 27%. La stima della volumetria prevista per le zone residenziali è di oltre 473 mila metri cubi che si vanno poi a sommare con la volumetria residua del vecchio PRG (tutta riconfermata) per arrivare alla spaventosa cifra di 1.190.000 metri cubi di nuova edificazione residenziale”.
Niente bene comune insomma, ma il territorio come preda. L’apologo della gallina dalle uova d’oro peraltro appare addirittura superato, in quanto il bene di cui si va alla caccia, l’edificio, non è un bene richiesto, visto l’enorme invenduto degli ultimi anni di soprusi edilizi. Saccheggiando e cementificando ammazzi il pennuto e ti ritrovi con un pugno di pepite senza valore.
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