12.6.13

Il ladro e chi l'ha preso. Una lettera al "Messaggero" di Primo Tenca

Il nostro amico e compagno Primo Tenca, artigiano orafo, ha subito a fine maggio un furto nella sua bottega di via Cesare Caporali in Perugia. La lettera che ha inviato al “Messaggero” il 2 giugno, di denuncia e riflessione, mi pare esemplare di una atteggiamento giustamente indignato, ma niente affatto forcaiolo. (S.L.L.)

Sono il titolare di un laboratorio per la lavorazione e la vendita dell'oro, situato in via Caporali, vittima domenica scorsa di un furto di grave entità, operato da due delinquenti, praticando il classico buco nel muro.
Lunedì vado a bottega. Appena alzata la saracinesca mi si gela il sangue. Tutto devastato, i vetri frantumati delle vetrine sparsi dappertutto, oro, pietre preziose, collane, alcuni lavori dei clienti, tutto arraffato. Mi reco di corsa verso la cassaforte ma è ancora chiusa, l'allarme li ha fatti fuggire per mia fortuna, ma il danno rimane comunque pesante, quello materiale ma soprattutto quello psicologico. D’un colpo ti senti fragile, perduto in un orizzonte di sofferenza e depressione. Alzo il telefono e chiamo i carabinieri, la voce dall'altra parte mi passa la polizia perché la mia zona è di loro competenza, dopo un po’ arrivano, si fanno tutte quelle cose che si devono fare in questi casi, poi mi dicono che verrà anche la scientifica, niente impronte, hanno usato i guanti. Il giorno dopo mi reco in questura per la denuncia, una fila continua di gente, ognuna con le sue sventure, quando tocca a me entra una donna massacrata di botte dal marito, la faccio passare avanti, di fronte a quella sofferenza il mio oro perde il suo valore. Rimane dentro quasi due ore, non so come andrà a finire, il calvario delle donne è la faccia più feroce della crisi che viviamo, alle due e mezzo del pomeriggio ho finito la mia denuncia. Vado a pranzo ma non ho fame, ricevo messaggi di solidarietà da tanta gente, aiutano molto, mi sento meno solo, il tam tam si diffonde. Entro in contatto con un amico carabiniere, incominciano le domande, le riflessioni, alla fine troviamo un filo sottile, nessuno lo avrebbe seguito, ma lui è testardo. Si va avanti, andiamo al comando di via Ruggia, si incominciano a vedere foto segnaletiche: può essere lui il sospetto? Sì, può essere, incomincia una certa animazione, come quando il cane sente l'odore della lepre, tutti al lavoro, tanti volti conosciuti, affetto e rispetto per la tua sofferenza, per me è già tanto.
Giorno seguente, tre del pomeriggio, una telefonata, stiamo andando a casa del sospetto, ore sei altra telefonata, vieni in caserma ti dobbiamo parlare. Arrivo di corsa, entro in una sala grande. Sopra i tavoli un mare di refurtiva, in uno di questi quasi tutta la mia roba, ci guardiamo felici, mi prende un attimo di commozione, non per l'oro ritrovato, sì anche quello certo, ma soprattutto perché quei ragazzi mi hanno fatto sentire cittadino di uno Stato verso il quale molti di noi hanno perduto la loro fiducia, non certo per colpa dei carabinieri, ma per una serie infinita di motivi ormai a tutti palesi che non vale la pena ricordare. Vorrei esprimere a questi ragazzi e anche a quelli un po’ più grandi tutta la mia gratitudine, grazie di cuore per l'impegno e l'intelligenza con cui avete lavorato.
Sappiamo io e voi che questa non è una storia a lieto fine: il delinquente autore del mio furto e di tanti altri, è uscito dalla caserma prima di me nella rabbia generale, il magistrato non ha autorizzato il suo arresto, questa mattina l'ho incontrato per strada, immaginate con quale stato d'animo. Ecco è di questo tipo di Stato che faremmo tutti volentieri a meno, poi magari mettiamo dentro il pensionato che ruba lo stracchino per fame, o un ragazzo che si fa uno spinello, ma si sa la legge è uguale per tutti, forse quella del padre eterno, ma certo non la nostra, un caro abbraccio a tutti.
Primo Tenca

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