Ernesto Guevara de la Serna, detto il "Che" |
Da una rievocazione del Che, opera del mio vecchio amico e compagno Agostino Spataro, riprendo il passaggio finale, che contiene una curiosità e un’amara considerazione. (S.L.L.)
La casa natale del Che a Rosario (foto Spadaro) |
Concludo, con una nota un po' amara, a margine di questa personale rievocazione di Ernesto Guevara il cui mito ancora resiste in tutto il mondo, tranne a Rosario sua città natia.
Nemo profeta in patria, dicevano i latini, ma in questo caso il disinteresse della ''patria'' mi sembra davvero cieco quanto ingiustificato.
Stranamente, non si parla né si scrive di questa incomprensibile ritrosia che, per altro, si verifica in una città di tradizione operaia, quasi sempre guidata da amministrazioni progressiste.
A parte un “mausoleo” di mattoni grezzi creato dagli artisti rosarini e qualche souvenir per i turisti, il mito del suo illustre figlio ancora non è approdato su questa sponda del rio Paranà.
Si è arrivati al punto - come constatai nell'ottobre 2005 - che sulle pareti della casa natale del Che (in calle Entre Rios) non c'è una targa che ricordi che in quella palazzina nacque Ernesto Guevara de la Serna.
Una dimenticanza? Pare proprio di no. La causa - mi è stato detto - sembra dovuta ad un ripetuto rifiuto dei condomini, fra cui una società di assicurazioni, i quali, forse, temono di veder turbata la loro quiete piccolo borghese. Veramente piccola, piccola.
Per rimediare a tale riprovevole diniego, gli estimatori del Che, compresi i rappresentanti diplomatici di Cuba, hanno applicato alcune targhe commemorative sulla parete della… casa di fronte.
A ben pensarci, qualcosa di simile è successo anche in Italia, nella stessa Palermo quando si è voluto onorare la memoria e il sacrificio delle vittime di mafia. Successe, tempo fa, per l'apposizione di una targa in memoria di Giovanni Falcone. D’altra parte, cosa si vuole quando un presidente del Parlamento siciliano, l’on. Miccichè, giunse a stigmatizzare, pubblicamente, “l'errore” di aver denominato l'aeroporto palermitano ''Falcone e Borsellino”, poiché - secondo lui - tale denominazione scoraggiava il turismo?
Nemo profeta in patria, dicevano i latini, ma in questo caso il disinteresse della ''patria'' mi sembra davvero cieco quanto ingiustificato.
Stranamente, non si parla né si scrive di questa incomprensibile ritrosia che, per altro, si verifica in una città di tradizione operaia, quasi sempre guidata da amministrazioni progressiste.
A parte un “mausoleo” di mattoni grezzi creato dagli artisti rosarini e qualche souvenir per i turisti, il mito del suo illustre figlio ancora non è approdato su questa sponda del rio Paranà.
Si è arrivati al punto - come constatai nell'ottobre 2005 - che sulle pareti della casa natale del Che (in calle Entre Rios) non c'è una targa che ricordi che in quella palazzina nacque Ernesto Guevara de la Serna.
Una dimenticanza? Pare proprio di no. La causa - mi è stato detto - sembra dovuta ad un ripetuto rifiuto dei condomini, fra cui una società di assicurazioni, i quali, forse, temono di veder turbata la loro quiete piccolo borghese. Veramente piccola, piccola.
Per rimediare a tale riprovevole diniego, gli estimatori del Che, compresi i rappresentanti diplomatici di Cuba, hanno applicato alcune targhe commemorative sulla parete della… casa di fronte.
A ben pensarci, qualcosa di simile è successo anche in Italia, nella stessa Palermo quando si è voluto onorare la memoria e il sacrificio delle vittime di mafia. Successe, tempo fa, per l'apposizione di una targa in memoria di Giovanni Falcone. D’altra parte, cosa si vuole quando un presidente del Parlamento siciliano, l’on. Miccichè, giunse a stigmatizzare, pubblicamente, “l'errore” di aver denominato l'aeroporto palermitano ''Falcone e Borsellino”, poiché - secondo lui - tale denominazione scoraggiava il turismo?
Joppolo Giancaxio,14 giugno 2013
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