6.3.14

Opera lirica. La Traviata in testa, l’Italia giù (Antonio Cognata)

Maria Callas nel costume di Violetta per "La Traviata" diretta da Luchino Visconti
L’articolo che segue, di Antonio Cognata, contiene notizie interessanti e testimonia un’inefficienza che si sostanzia nello scarso numero di recite. L’articolista sembra dar credito alle politiche governative che si fondano su due linee: 1) un uomo solo al comando (per ogni Ente decide solo il Sovrintendente e tutti i Sovrintendenti li nomina il solo ministro); 2) il taglio delle risorse per pagare i debiti. Si sbaglia di brutto: non so se queste politiche (non vedo svolte conseguenti all’avvento di Renzi e Franceschini) producano risanamento dei bilanci; di certo producono un ulteriore impoverimento culturale e non riportano l’Italia ai primi posti delle classifiche per numero di recite e di spettatori. Altra cosa sarebbe se si legassero le risorse investite a un forte aumento della produttività, per esempio moltiplicando le repliche attraverso spettacoli gratuiti (o quasi) per le scuole, rappresentazioni nei teatri dei piccoli centri e stagioni estive nelle piazze; e se lo studio della tradizione musicale italiana entrasse nei piani di studi di tutte le ragazze e i ragazzi italiani, di modo che, possedendo i codici, possano apprezzarla e affezionarsi ad essa.  (S.L.L.)
La Traviata di Giuseppe Verdi ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala. Al suo debutto, a Venezia nel 1853, l'opera fu accolta da una sonora bordata di fischi. Verdi non si turbò più di tanto, «il tempo giudicherà», disse; e il tempo gli ha ben dato ragione. Traviata oggi è l'opera più famosa al mondo, quella che tutte le dive vogliono (e devono) cantare, quella che più di ogni altra i teatri mettono in cartellone, l'opera di cui tutti (appassionati e non) sanno intonare alcuni passi che sono poi diventati tra le frasi più celebri della nostra lingua. La Traviata, Giuseppe Verdi e il Teatro alla Scala, una combinazione che più di altre esprime l'identità italiana dell'arte operistica. L'occasione è dunque utile per alcune riflessioni sullo stato di salute del settore lirico italiano. Alcuni dati interessanti si trovano su "Opera Base", un portale di informazioni sulle produzioni di oltre settecento teatri del mondo, che ha elaborato delle classifiche basate sul numero delle volte che un'opera è stata programmata nel corso delle stagioni 2008-2013.
La classifica relativa ai titoli prova l'enorme popolarità di Traviata, che con 553 programmazioni è l'opera più rappresentata al mondo. Ma ancora di più colpisce che in questa classifica 15 opere su 20 "parlano" italiano (8 tra le prime 10). L'importanza e successi del Maestro di Busseto sono invece confermate dalla classifica dei compositori. Verdi è di gran lunga l'autore più presente nei cartelloni teatrali del mondo; al secondo posto, un altro italiano, Giacomo Puccini; al terzo, Mozart. Tra i 10 compositori più programmati al mondo, 4 sono italiani. Dopo aver guidato le classifiche dei compositori e delle opere, sarebbe logico aspettarsi che l'Italia dei teatri capeggiasse anche le classifiche dell'offerta operistica. Ma purtroppo non è così. Nella graduatoria del numero di recite messe in scena nella stagione 2012-2013 0 nostro Paese è solo sesto. A poco vale la (presunta) giustificazione che nei Paesi che ci precedono è in uso il modello del repertorio dove la qualità è in parte sacrificata ai numeri. Come già osservato altre volte, i teatri italiani producono poco, troppo poco. Questo problema si riflette anche nella graduatoria delle città per numero di recite d'opera messe in scena: la prima città italiana, Venezia, è al 42° posto, la seconda, Milano, al 53°. Queste due ultime classifiche sono anch'esse un segno del generale declino del nostro Paese: come perdere terreno in un settore dove disponiamo di ingenti risorse per la leadership (le prime due classifiche). Eppure nell'Italia operistica qualcosa potrebbe cominciare a cambiare.
Il ministro Bray ha promosso 'Valore-Cultura", una legge già approvata che introduce alcune importanti novità nel settore delle fondazioni lirico-sinfoniche. Innanzitutto 'Valore-Cultura" riconosce che i teatri soffrono di problemi "gestionali" che in alcuni casi hanno determinato l'accumulo di un insostenibile indebitamento. (In questi casi si potrebbe dire che hanno sofferto di problemi di cattiva gestione.) A questi teatri la legge offre la possibilità di ottenere risorse per la rinegoziazione del debito a condizione che presentino un credibile piano di risanamento, verificato da uno speciale commissario di settore, che dovrà prevedere anche la riduzione e la razionalizzazione del personale e la rimodulazione economica dei contratti aziendali. Contratti che adesso dovranno ottenere l'avallo della Corte dei Conti che ne certifica l'attendibilità dei costi e la compatibilità con i vincoli di bilancio. Per quanto riguarda la governance, la nuova legge sostituisce il consiglio di amministrazione con un consiglio di indirizzo, introduce un organo monocratico di monitoraggio che periodicamente informa il Ministero sulla sostenibilità economico-finanziaria della fondazione e individua nel sovrintendente «l'unico organo di gestione». Ma mentre prima la nomina del sovrintendente spettava al consiglio di amministrazione di ciascun teatro, adesso il sovrintendente è nominato «dal Ministro dei beni e delle attività culturali su proposta del consiglio di indirizzo». Il senso di quest'ultimo cambiamento sta tutto nella condivisione di responsabilità del Ministro nella nomina dell'organo di gestione, condivisione che (supponiamo) si sostanzierà nella possibilità del Ministro di giudicare, accettando o respingendo, la proposta del consiglio di indirizzo.
"Valore-Cultura" introduce elementi di maggiore "dirigismo" nella convinzione che siano necessari per il risanamento e le future performance dei teatri italiani. Il tempo giudicherà. Ma presto potrebbe esserci una verifica importante. Quando il Ministro dovrà firmare la nomina dei nuovi sovrintendenti, ci auguriamo che giudichi con attenzione i curricula e rigetti le proposte inadeguate. Anche così si eviteranno nuovi problemi gestionali e i nostri teatri potranno cominciare a cambiare musica.

"Il Sole 24 ore", 8 dicembre 2013

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