15.5.11

L'ordine operaio. Massimo Mila racconta l'antifascismo.

Per quel che posso trarre dalle mie modeste memorie di unico soldato semplice in quell’esercito di generali che era il movimento GL e più tardi il Partito d’azione, ricordo la prima missione che mi assegnò Leone Ginzburg: andare a Parigi, perché avevo la fortuna di possedere il passaporto, e portare la fotografia di un tale che non sapevo chi fosse, mettermi in contatto con Rosselli che era da due anni a Parigi dopo l’evasione, e ritornare con un passaporto, naturalmente falso con la fotografia di quel tale sopra. Altro incarico di Leone: andare a Bologna, prendere contatto con un operaio che si sapeva disposto a prendere visione della nostra stampa e a diffonderla nella sua regione.
Erano esperienze indimenticabili: Parigi vista per la prima volta, la conoscenza di Rosselli e di Lussu in una latteria dei sobborghi parigini, un mattino freddo; il povero Lussu non stava affatto bene; la conoscenza di Rosselli, un uomo che dava fiducia, che dava il senso che tutto era possibile, con uomini come lui. L’incontro con lo sconosciuto operaio bolognese. Dietro la sua tenda, nella sua stanzetta, avrebbero benissimo potuto esserci due agenti. invece era un operaio straordinario. era la prima volta che nella mia vita di studentello borghese vedevo una stanza da operaio. Era una celletta molto più piccola di quelle dove poi avremmo trascorso diversi anni sia io che l’operaio in questione, ma era pulita da potersi specchiare. Un ordine, in quella stanza grossa così, straordinario, la bicicletta appesa a un chiodo sopra il letto di modo che non tenesse posto, lo scaffale con una cinquantina di libri, qualche romanzo di Jack London e diversi libri di economia e storia che io non avevo mai letto e che non ho letto nemmeno dopo. Una persona straordinaria.
Poi c’era il tran tran mensile delle finte escursioni oltre frontiera per andare a prendere la nostra rivista e portare articoli, corrispondenze, tutto quel materiale che consentiva al movimento GL di non essere soltanto un movimento di esuli, ma di avere i piedi e le radici anche in Italia, di non perdere il contatto con la realtà italiana. al ritorno avevamo gli zaini pieni di queste preziose riviste, che venivano distribuite a poche persone qui in Italia.
Naturalmente tutte queste cose sono inezie, sono puerili; le rendevano enormi, inaudite, le condanne che poi distribuiva generosamente il Tribunale Speciale.

Dal supplemento a “il manifesto” Ricordate quel 25 aprile?, Fascicolo 1 – Ritratto dell’antifascista da giovane, primavera 1995.  

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