28.5.11

Edoardo Galeano: Discorso per la consegna del premio Vasquez Montalbàn

Manuel Vasquez Montalbàn
Stasera tifo Barça.
L’avrei fatto in ogni caso. Ma proprio l’altrieri il Fútbol Club Barcelona ha assegnato a Eduardo Galeano il Premio intitolato a Manuel Vázquez Montalbán (il grande scrittore e giornalista catalano morto all'improvviso nel 2003, grande tifoso del Barcellona). La cerimonia è avvenuta a Barcellona nel palazzo della Generalitat.
Adesso tifare Barça è un obbligo: una società di calcio che organizza un premio letterario per onorare uno scrittore suo tifoso, per di più compagno, merita un sostegno incondizionato.
Tanto più se l’assegnatario più recente del premio è uno scrittore magnifico, un antifascista e un antimperialista intransigente come Eduardo Galeano. “Il manifesto” del 24 maggio 2011 ha pubblicato il testo del suo discorso nella cerimonia, che qui conservo e metto a disposizione. Davvero bello. (S.L.L.)

Eduardo Galeano
Voglio dedicare questo premio alla memoria di Josep Sunyol, il presidente del Barça che nel 1936 fu assassinato dai nemici della democrazia.
E voglio anche rendere omaggio agli sportivi pellegrini, che un anno dopo, nel 1937, si fecero carico della dignità, ferita ma viva, di tutta la Spagna. Mi riferisco ai giocatori del Barça, che nel 1937, viaggiarono in lungo e in largo per gli Stati uniti e il Messico, disputanto partite di calcio a beneficio della repubblica, e alla selezione di giocatori baschi che fece lo stesso in diversi paesi euriopei.
Per loro ricevere questo premio mi emoziona, per loro e anche per i giocatori del Barça dei nostri giorni, degni eredi del Barça di quegli anni: questo premio, se non bastasse, porta il nome del mio carissimo amico Manolo Vázquez Montalbán.
Con lui abbiamo condiviso diverse passioni.
Calciofili entrambi, ed entrambi mancini, mancini per pensare, credevamo che il miglior modo di giocare a sinistra consistesse nel rivendicare la libertà di coloro hanno il coraggio di giocare per il piacere di giocare in un mondo che obbliga a giocare per il dovere di vincere. E su quella strada abbiamo cercato di combattere i pregiudizi di molta gente di destra, che crede che il popolo pensi con i piedi, e anche i pregiudizi di molti compagni di sinistra, che credono che sia il calcio il colpevole se molta gente non pensa.
Siamo uguali, Manolo e io, anche nel piacere dell'ironia e della risata franca e di tutte le forme di humor, nel nostro modo di dire quello che pensiamo e quello che sentiamo, negli articoli e nei libri e nelle chiacchiere da caffé. Perché non c'è da fidarsi dei solenni gentiluomini, né delle dame esemplari che non sono capaci di prendersi in giro: e né Manolo né io confondiamo la noia con la serietà, come capita anche ad altri colleghi di idee politiche analoghe alle nostre.
E prego notare che non parlo al presente per errore né per distrazione, bensì perché fonti ben informate mi hanno assicurato che la morte non è altro che uno scherzo di cattivo gusto.
E un altro ambito condiviso, molto importante per entrambi: la rivendicazione della buona cucina come una celebrazione della diversità culturale.
Diceva bene Antonio Machado che adesso qualsiasi sciocco confonde il valore con il prezzo, e quell'adesso del poeta è anche il nostro adesso, perché lo stesso capita nei nostri giorni.
La miglior cucina non è la più cara, e ben ha detto Manolo che spesso accade che la cucina più cara non è altro che una trappola per gonzi.
E anch'io credo, come lui, che il diritto all'autodeterminazione dei popoli include il diritto all'autodeterminazione dello stomaco. Ed è più che mai necessario difendere questo diritto, soprattutto adesso, di questi tempi di macdonalizzazione coatta del mondo, ogni volta più difforme nelle opportunità che offre e ogni volta più uniforme nelle abitudini che impone.
E qui mi fermo. Perché so che quando bevo troppo corro il grave rischio di dire stupidaggini, e ho voluto alzare queste parole come fossero calici di vino, un buon vino rosso dei vostri, per brindare con Manolo e a Manolo: un modo di bere alla dignità umana e alla solidarietà, al piacere di giocare e alla allegria di vedere giocare quando si gioca pulito, all'allegria di ritrovarci insieme e al pane e vino condivisi, ai soli che ogni notte nasconde, e a tutte le passioni, a volte dolorose, che indicano la strada e il senso al viaggio umano, all'umano andare, al vent del món, il vento del mondo.

1 commento:

giocar ha detto...

grande maestro.

statistiche