5.5.11

Tavola della Pace. La marcia su Predappio.

Flavio Lotti (a destra) a un seminario sulla pace
con altri due seminaristi
La Pace è in marcia verso Predappio. Per ragioni assai diverse da quelle per cui non pochi compiono il pellegrinaggio a Predappio, città natale del fabbro Mussolini e del suo più celebre figlio, il cui cenere oggi ivi dimora. Lo scopo è un “evento” dal titolo suggestivo, Il seme e l'albero. R-Esistere oggi in Italia con Aldo Capitini e Giorgio La Pira, organizzato appunto dalla Tavola della pace, insieme alla Rete Nazionale dei Giovani Amministratori per la Pace e i Diritti Umani,  in collaborazione con il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace, con il concorso del Comune di Predappio e della Provincia di Forlì. Si svolgerà domani 6 maggio e dopodomani 7.
Pur non rivolgendosi ad essi soltanto, l’incontro vuole mettere al centro dell’attenzione “i giovani italiani”, vittime prime della drammatica crisi sociale e culturale che il nostro Paese sta vivendo, cui si propone una resistenza “al progressivo imbarbarimento della società” e una riaffermazione del valore della persona, portatrice di diritti oggi in Italia sistematicamente violati.
C’è chi, non sapendo fare il mestiere per cui è retribuito, tenta di nascondere la propria imperizia  cimentandosi in altre, diverse attività. Ho il sospetto che così si comporti in questa circostanza la Tavola della pace, variegato accrocco di associazioni laiche e religiose, che sovente si giovano di spazi, distacchi e piccoli finanziamenti pubblici. Mi sembrerebbe infatti assai strano che i componenti della Tavola possano in un momento come questo dedicarsi con tranquillità a semi e ad alberi, se sapessero come fare il proprio mestiere.
Mi spiego. Dall’Italia partono sistematicamente bombardamenti sulla vicina Libia, che, con l’alibi di proteggere i civili, distruggono e uccidono incivilmente uomini e donne, bambine e bambini. A questa cinica escalation di violenza partecipa il nostro stato, il cui Capo, il cui governo, i cui parlamentari sembrano unanimemente consenzienti (spesso con entusiasmo) alla deriva di barbarie bellicista in cui il mondo “civile” sembra caduto. In questo contesto parlare di La Pira e di Capitini è parlar d’altro. Non credo di sbagliare molto se immagino che, in un momento così, La Pira sarebbe a Tripoli a solidarizzare con le vittime inermi dei “bombardamenti mirati” e a tentare di riannodare le fila della sua diplomazia dei popoli, mentre Capitini inventerebbe ogni giorno una nuova iniziativa per bloccare i bombardamenti e il coinvolgimento del nostro paese in atti di guerra contrari alla Costituzione.
A Predappio, invece, assessori, professori e volontari parleranno di democrazia dal basso, interventi civili ed educazione alla pace. A Predappio scolari educati alla pace presenteranno i loro lavoretti. A Predappio si passeggerà per la pace, si ascolterà musica sacra, si assisterà a una performance dell’ottimo don Gallo. Il tutto ricordando i 150 anni dell’unità d’Italia e soprattutto i 50 anni della prima Perugia-Assisi, il cui nome completo era “Marcia della Pace per la fratellanza fra i popoli. Manifestazione popolare contro l’imperialismo, il razzismo, il colonialismo e lo sfruttamento”. Logica avrebbe voluto che in un momento come questo l’incontro cambiasse scopo, che assessori, professori, ragazzi, volontari, preti, frati e funzionari della pace rinviassero a tempi migliori le loro pur meritorie attività e usassero l’incontro per gridare al mondo il rifiuto della guerra in generale e di questa guerra i cui tratti colonialistici emergono ogni giorno di più: le risorse (petrolifere e non solo) da spartire, i contratti da firmare, i “buoni” da sostenere contro i “cattivi” alla maniera degli antichi romani (parcere subiectis, debellare superbos) o degli Inglesi dell’Ottocento.
Così non è stato. La Pace va in pellegrinaggio a Predappio non a fare un’ardita provocazione pacifista in un sacrario di fascisti-interventisti-imperialisti-militaristi, ma a chiudersi in un teatro a parlare di Capitini, di La Pira e di educazione.
E sarà come un andare a Canossa. In una primavera di non molti anni fa, D’Alema governante, dall’Italia partivano gli aerei Nato (non quelli Italiani) a bombardare Belgrado. La Tavola della Pace, senza aspettare l’autunno, organizzò in 15 giorni una Perugia-Assisi speciale contro quella che Baffino chiamava “guerra umanitaria”. Domani a Predappio i pacifisti vanno a fare atto di contrizione verso il “bipartisanismo” guerrafondaio che li ospita e li finanzia (a differenza del pacifismo povero e autofinanziato di Capitini). Bene che vada diffonderanno un blando ed educatissimo comunicato di protesta in cui diranno: “Non bombardate, per favore, e non buttate in mare i morti. E’ peccato lasciarli insepolti”.

P.S.
Potrebbe darsi che io sia prevenuto e che per domani o dopodomani Lotti e gli altri pacifisti di Predappio preparino una grande sorpresa, una forte e imprevedibile iniziativa nonviolenta. In quel caso non solo farò pubblica ammenda, riconoscendo la mia stronzaggine; ma sono pronto a pagare un pegno adeguato.

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