14.6.18

Colle delle felci. Una poesia di Dylan Thomas (1914-1953)

Dyalan Thomas

Quando ero giovane e ingenuo sotto i rami del melo
Presso la casa piena di canti e felice perché l'erba era verde,
      La notte alta sulla valletta stellata,
          Il tempo mi lasciava esultare e arrampicarmi
      Dorato nei bei giorni dei suoi occhi,
E fra i carri ero il principe onorato delle città di mele,
E una volta oltre il tempo sovranamente feci trascinare
      Alberi e foglie e orzo e margherite
Lungo i fiumi di luce dei frutti abbattuti dal vento.

E poiché ero verde e spensierato, famoso per i granai
Intorno all'aia felice e cantavo perché il podere era casa,
      Al sole che soltanto allora è giovane,
          Il tempo mi lasciava giocare tutto d'oro
      Nella misericordia dei suoi mezzi, e verde e d'oro
Ero mandriano e cacciatore, i vitelli cantavano al mio corno,
Sulle colline le volpi latravano, limpide e fredde,
          E la domenica lenta risuonava
      Nei ciottoli dei sacri ruscelli.

Per tutto il sole era un correre, era bello, i campi
Di fieno alti come la casa, le melodie dei camini, era aria
      E gioco, allegro e fatto d'acqua,
          E il fuoco verde come erba.
      E, a notte, sotto le semplici stelle, come io
Incontro al sonno cavalcavo, i gufi si portavano via la fattoria,
E per tutta la luna, beato fra le stalle, udivo il volo
      Dei caprimulgi e dei mucchi di fieno
          E i cavalli nel buio come lampi.

E poi sveglio e la fattoria tornava, come un vagabondo
Bianco di rugiada, col gallo sulla spalla; ogni cosa
      Splendeva, era Adamo e vergine,
          Il cielo s'addensava nuovamente
      E il sole tondo nasceva proprio in quel giorno.
Così dev'essere stato, appena creata la luce, nel primo
Spazio rotante, i cavalli incantati uscendo caldi
      Fuori dalla nitrente verde stalla
          Verso i campi di lode.

E fra le volpi e i fagiani onorato presso la casa ridente,
Sotto nuvole appena create e felice quanto il cuore durava,
      Al sole che più volte era già nato,
          Percorsi le mie strade sventate, i desideri
      Correvano tra il fieno alto, una casa,
Né mi curavo, nei miei azzurri traffici, che il tempo non concede,
In tutti i suoi giri melodiosi, altro che pochi canti mattutini,
      Prima che i fanciulli verdi e d'oro
          Lo seguano fuori della grazia.

Non mi curavo, ai giorni bianco-agnello, che il tempo m'avrebbe portato
Nel solaio affollato di rondini con l'ombra della mia mano,
      Nella luna che sempre sta sorgendo,
          Né che nel sonno cavalcando l'avrei udito volare
      Insieme agli alti campi e mi sarei svegliato
Nel podere fuggito per sempre dalla terra senza bambini.
Oh, quando ero giovane e ingenuo nella misericordia dei suoi mezzi,
          Verde e morente mi trattenne il tempo,
      Benché cantassi nelle mie catene come il mare.

Trad. Ariodante Marianni

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