18.2.13

"L'affabile superiorità". Blanche Roosevelt incontra Giuseppe Verdi (1875)

Blanche Roosevelt (in arte Rosavella) negli anni 70 dell'Ottocento
Blanche Roosevelt, cantante, giornalista, scrittrice, nacque a Sanduski, Ohio, negli Stati Uniti, nel 1853, figlia di un senatore. Definita da Victor Hugo “la bellezza e il genio del Nuovo Mondo” si recò giovanissima a Milano per apprendervi l'arte del canto; a quell'epoca risalgono le sue prime corrispondenze giornalistiche. Esordì a Londra nel 1876 nella Traviata col nome di Blanche Rosavella: era bella, ma la voce difettava nell'intonazione. Cantò qualche altra volta a Milano, in Belgio, a Parigi e negli Stati Uniti, ma senza grande successo. Nel libro che trentenne dedicò al bel canto si descrivono i curiosi metodi di educazione della voce da parte di maestri che volevano farla venire su dallo stomaco. Sposata a un ricco italiano con manie di nobiltà, morì ancor giovane a Londra nel 1898 in seguito alle ferite riportate alcuni mesi prima a Montecarlo nel rovesciamento della carrozza sulla quale viaggiava.
La visita a Verdi avvenuta a Parigi che raccontò nel «Chicago Times» risale al maggio 1875, ove lei studiava canto e il maestro diresse la sua Messa da Requiem, ma la "corrispondenza particolare" sul giornale americano porta la data del 5 giugno di quell’anno, forse per sembrare più fresca.
Luogo dell’incontro fu l'Hotel de Bade, ove Verdi soggiornava. La giovane Blanche, che vi andò accompagnata dalla madre, nell’anticamera della suite del maestro, ove ella un immaginario concerto da lui diretto. Ma il sogno ad occhi aperti è interrotto dal cameriere che la introduce nel gran salotto ove le due signore saranno ricevute. Verdi si rivolgerà direttamente alla giovane, destinataria del suo invito, con un “signorina” che a noi melomani rammenta Puccini.
L’intervista vera e propria ha un andamento un po’ svagato: vi si parla di caffè, di Parigi e di Londra, di tenori e di soprani. L’intervistato, a un certo punto, propone un provino e l’intervistatrice gli fa: “Non sono ancora pronta”.
Il compositore, attempato ma non troppo (gli anni sono 62), allora si apre, dà consigli (“non abbiate fretta”), fa rivelazioni poco credibili: “Sto diventando troppo vecchio ormai. Devo riposare. Smetterò di comporre e di viaggiare. Considero la Messa di Requiem il mio ultimo lavoro”.
L’avvenente americana lo incalza: “Voi non siete, affatto vecchio; voi avete l'aria di non voler dire quello che dite. Non è forse vero che vi piace comporre e che non smetterete mai di farlo?”.
E Verdi s’arrende alla sua giovinezza: “Que voulez-vous? Forse avete ragione. Sono come tutti gli altri”.
La parte che qui riprendo è la bella rappresentazione del fisico e dei modi di Verdi. (S.L.L.)
Giuseppe Verdi negli anni 70 dell'Ottocento
Il suo aspetto non ha nulla di eccezionale; Verdi è piccolo ma con ampie spalle, torace pieno, generoso, e un corpo ben modellato. Ha occhi grandi, grigi e ridenti, occhi che mandano lampi e cambiano colore a ogni istante; il viso è energico e mostra pochissime rughe per un uomo della sua età. Le fattezze sono ampie, gli zigomi alti e la parte inferiore della mascella piuttosto incavata; il mento e parte del volto sono ricoperti da una corta e fitta barba, un tempo nera, ora leggermente mista di grigio. La bocca è ampia e gradevole, ma è quasi totalmente nascosta da baffi scuri che conferiscono al volto un aspetto molto giovanile. La fronte, molto ampia e alta, denota forte carattere e rapidità di percezione; le sopracciglia sono pesanti e anch'esse grigie e nere. I capelli sono molto lunghi, cadono leggermente sulla fronte e sono appena misti di grigio. Si intravvedono una meravigliosa fermezza e una forza segreta nell'espressione del volto di Verdi, tale da farmi pensare a un quadro di Sansone che una volta avevo veduto.
In un certo senso rimasi delusa dal suo aspetto. Ha un'aria e una figura diverse da quelle del compositore ideale. Non so cosa mi aspettassi di trovare: certo Verdi possiede i modi franchi e socievoli di un individuo comune piuttosto che quella diffidenza esclusiva, talvolta penosa, che caratterizza gli uomini di grande talento. Non posso dire che egli manchi dì dignità ma c'era una cosí completa assenza di pose nel suo comportamento e un tale lieto amabile sorriso sul suo volto che rimasi conquistata dal complesso dei suoi modi.


In Alain Duault, Verdi: la musica e il dramma, Universale Electa Gallimard, 1995

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