21.2.13

Le cameriere fulve. L'attimo fuggente del giovane Stevenson. (S.L.L.)

Il 13 agosto 1994 “La Stampa”, a cura di Gabriella Bosco, dava notizia di un giovanile manoscritto di Robert Louis Stevensone ne pubblicava un frammento ripreso da una lettera, visto che si trattava di un romanzo epistolare. Le lettere edificanti della famiglia Rutherford risalgono al 1876, un momento in cui lo scrittore, ventiseienne, aveva dovuto chiedere ospitalità all'amico William Henley a causa dei contrasti con il padre.
Il romanzo racconta di giovani sensibili, pieni di grandi sogni, che si sentono soffocare tra le pareti domestiche, nella vecchia Edimburgo. Costituiranno una società segreta che ricorda la “società dei poeti estinti” de L’attimo fuggente ed ha come sua regola principale «il rifiuto di tutto ciò che i genitori hanno insegnato». Del resto una società di quel tipo, con il nome di LJR (Liberty Justice Reverence), era davvero esistita, per iniziativa di Stevenson, del cugino Bob e dell'amico Charles Baxter.
Nella lettera dal romanzo che “La Stampa” riprende dal manoscritto può leggersi: “. Ronfano e sono sprofondati intorno a me sui loro mucchi di rifiuti, ingozzati di parole vuote e di tiritere morte. E ciò nonostante una luce mi brilla nel cuore. La mia natura mi fa odiare ogni falsità. Sono risolto a seguire i sentieri della verità. Proprio ora un gallo ha cantato dal lato della scuderia. Ho aperto la finestra, la notte preparava il mattino; la città intera dormiva a eccezione di un poliziotto. Che magnifica illustrazione di quello che avviene in campo spirituale! Le superstizioni sopravvivono alla loro funzione come lampioni accesi in pieno giorno”. E poi ancora: “E’  proprio con Butler che mi trovavo stasera. L'ho incontrato alla stazione, dove abbiamo passato una vera notte costellata di discussioni e di sherry. Abbiamo percorso l'infinito a gran velocità, credimi. E abbiamo demolito la società da cima a fondo, al punto che ci sembrava che sarebbe bastato alzare la voce perché la totalità di quella Gerico di cartapesta crollasse e si riducesse in polvere. Facevamo senza sosta andirivieni tra le banchine e la locanda, tra i grandi spazi, l'aria fredda e austera, con appena un po' di calca quando un treno si accingeva a fendere la notte verso l'ignoto, e il vivo chiarore, le bottiglie colorate, le cameriere fulve. Butler e io siamo entrambi uomini che godiamo dei contrasti di questo genere, che danno coscienza dei due poli dell'essere: come la città e la campagna; o l'amore e i bagni in mare; o Shakespeare e Voltaire. E ci divertivamo a immaginare le più complesse puerilità”.

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