6.2.18

Aprile '63. Leonardo Sciascia: con il PCI per il riscatto del Mezzogiorno (Giorgio Frasca Polara)

CALTANISSETTA, aprile.
Incontro Leonardo Sciascia a Caltanissetta, nella città dove, malgrado numerosi impegni lo costringano spesso a viaggiare, risiede da tanti anni. Al ritorno da una puntata a Palermo (per una intervista alla TV) e alla vigilia di una corsa a Catania (per incontrarsi con il regista Landi che ha messo in scena la riduzione teatrale de Il giorno della civetta), lo scrittore ha concesso all’Unità questa intervista.

D. Anche tu, per una sorta di timidezza, sei sempre stato schivo dall'assumere posizioni politiche ben definite. Il che non ti ha tuttavia impedito di individuare e denunziare nelle tue opere alcuni nodi fondamentali, di ieri come di oggi, della società italiana. Per chi voterai quest'anno?
R. La domanda potrebbe turbarmi per il motivo che la detta. Perché si chiede ad un intellettuale per chi voterà il 28 aprile? Evidentemente perché si ritiene che, la sua scelta possa orientare in qualche misura la scelta dell’opinione pubblica. Ebbene anche io sono talvolta disorientato. E non perché non sappia per chi votare - anzi lo dico subito: voterò per il Partito Comunista — ma. perché ho alcune riserve che investono direttamente la mia stessa funzione dii intellettuale. Se penso alle polemiche in corso nell’Unione Sovietica sull’arte o ad alcune fasi passate della politica del PCI in Sicilia, ebbene, questi sono elementi del mio disorientamento. Ma, se considero il grande balzo del socialismo nel mondo, la battaglia per la pace che l’Unione Sovietica conduce tenacemente e, per esser più vicini a noi, la situazione di questi paesi siciliani del “miracolo”, dove migliaia di giovani lasciano le loro case per emigrare all’estero, alla ricerca di un lavoro; se considero questo, allora trovo delle ragioni sicure per esprimere il mio voto e dichiararlo preventivamente. E questo dico con più diretta cognizione di causa: altrove, nelle zone più sviluppate del paese, c’è il rischio di perdere il senso della realtà. A Milano, insomma, può anche accadere che qualcuno, creda nel «miracolo», ma non certo a Racalmuto o nella stessa Caltanissetta.

D. La tua condizione di intellettuale meridionale, a contatto diretto quindi con la drammatica realtà del Sud, ha influito in maniera fondamentale nella tua presa di coscienza e nella tua scelta politica?
R. Certamente. Nel Gattopardo di Lampedusa c’è quella grande e ormai notissima verità che viene sintetizzata nel concetto del «cambiar tutto perché non cambi niente». Questo fenomeno assume aspetti macroscopici sopratutto nel meridione e qui in Sicilia, ma è anche e più in generale la parola d’ordine dei nostri governanti. Se il centro sinistra è destinato a realizzarsi sul piano, nazionale così come si è già realizzato in Sicilia - e tutto lo sta dimostrando — penso che non si verificherà alcun rinnovamento. Dico paradossalmente di più: preferirei allora che si tornasse al centro-destra: avremmo almeno più chiarezza, e la sinistra del PSI troverebbe forse la forza di reagire a quel che sta accadendo. Per questo, come .cittadino, combatto la parola d’ordine dei riformisti e lotto perché cambi tutto, perché cambi tutto davvero. E invece si gingillano con i piccoli palliativi, per la scuola per esempio, senza affrontare radicalmente le questioni di fondo della riforma dell’istruzione. Ma quello della scuola è soltanto un esempio: si potrebbero citare decine d’altri casi. .

D. Uno di questi casi potrebbe essere quello della posizione del nostro governo sui problemi della • pace e della coesistenza pacifica, no?
R. Esattamente. Ci impongono la stretta collaborazione con i nazisti di Adenauer, con l’autoritario De Gaulle, e purtroppo con gli assassini franchisti di Grimau e gabellano lutto questo per “civiltà occidentale e sicurezza per la pace», senza rendersi conto, i governanti italiani, che il problema della pace e della coesistenza non si affronta così e con questi uomini. La nostra è una classe di governo che non ha assolutamente il senso di quanto sia grande questo problema. E basterebbe pensare ai missili e alle basi americane, anche qui in Sicilia, per averne, la riprova; oppure pensare ai tira e molla tra DC e PSI sul problema del neutralismo... Tutto ciò è privo di senso quando il Papa, che è il Papa, assume, anche con la recentissima Enciclica, una posizione così netta ed inequivocabile da tagliar corto ad ogni discussione, platonica. C’è da concludere che abbiamo per governanti uomini molto, ma molto più arretrati di Giovanni XXIll. Il che, ad un uomo fondamentalmente radicale come me, dà un enorme fastidio, non per la buona volontà di Papa Roncalli, ma per la ottusa insensibilità dèi governo. Anche per questo dunque voterò comunista.

D. La tua scelta politica potrà in qualche modo sorprendere i tuoi lettori?
R. Credo di no; anzi ritengo che i lettori abbiano sempre ritenuto, sin dalle Parrocchie, che se pure non ero e non sono un militante comunista, sono certo da anni molto vicino al Partito Comunista con un colloquio talvolta critico ma sempre utile e positivo per me. E in un certo senso la riprova di questo è venuta quando ho scritto Il giorno della civetta che credo sia il mio libro di maggior impegno rispetto alla realtà siciliana di oggi. E’ stato un po’ il mio piccolo contributo alla lotta per l’emancipazione sociale e politica dei siciliani. Ora che si presenta l’occasione per verificare con il voto, la mia scelta, la riconfermo.

“l'Unità”, 25 aprile 1966

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