26.6.10

Beethoven e Napoleone. "Cantò l'Eroe ed anche la sua fine" (Lucio Villari)


Da Il romanzo della musica. Beethoven e il suo tempo, pubblicato come supplemento a "la Repubblica" del 27 maggio 1987, riprendo uno stralcio dall'articolo di Lucio Villari. La sua conclusione non deve ingannare: non sono convinto che Beethoven fosse un musicista "per tutte le stagioni". Non dico che nel suo dare suoni e toni al ritorno dell'ordine absburgico fosse insincero - ho visto tanti ex rivoluzionari sinceramente rifluire nella reazione - ma il volo dell'aquila invecchiata è cosa di certo meno trascinante delle note dell'Eroica. E' perfino un po' ridicolo (S.L.L.)
Beethoven risolse con audacia i problemi e, come una volta si diceva, le contraddizioni che spesso attanagliano gli artisti che si trovano tra due epoche, tra epoche che non riescono a coesistere e anzi tendono a staccarsi violentemente l’una dall’altra. […]
Beethoven fu, come Goethe e come il suo coetaneo Hegel (nacquero ambedue nel 1770), spettatore, testimone e partecipe della rivoluzione francese, dall’incendio napoleonico dell’Europa, del Congresso di Vienna e del “ritorno all’ordine” della Restaurazione.
Una analisi ravvicinata di tutte le composizioni beethoveniane potrebbe confermare puntualmente la “presenza”, diretta o trasfigurata, allusiva o allegorica, di molti di questi eventi e paesaggi della storia e dei contemporanei movimenti culturali e artistici. Ma soprattutto le nove sinfonie possono, come si sa essere lette come le pagine di un trentennio di avvenimenti storici straordinari.
Quando (era il 13 ottobre 1806) Napoleone entrò vittorioso a Jena, Hegel così descriveva, nella lettera ad un amico, la sua emozione: “Ho visto l’Imperatore – quest’anima del mondo – cavalcare attraverso la città per andare in ricognizione: è davvero un sentimento meraviglioso la vista di un tale individuo che, concentrato qui in un punto, seduto su un cavallo, abbraccia il mondo e lo domina”. Ebbene, le parole del grande filosofo dell’idealismo erano state, per così dire, anticipate sul pentagramma della Terza Sinfonia, l’Eroica. Beethoven la dedicò due volte aNapoleone: la prima volta a una figura fisica reale, il generale Napoleone Bonaparte, ma con l’incoronazione il reale si sublima: Napoleone è ormai l’Eroe e Beethoven allora scrive sulla copertina della sinfonia “composta per festeggiare l’avvento di un grande Uomo”.
Ma dieci anni dopo il panorama dell’Europa è completamente ribaltato. Dopo alcune disastrose campagne militari, conseguenza della disastrosa campagna di Russia, l’impero napoleonico è in pieno collasso. siamo nel 1814 e l’imperatore, sconfitto, è inviato all’isola d’Elba. Nuovi eroi si affacciano sullo scenario della storia: i Quattro Grandi che hanno sconfitto l’usurpatore, Russia, Prussia, Austria, Inghilterra, convocano un congresso internazionale che deve riassestare gli equilibri internazionali sconvolti da Napoleone.
E’ il Congresso di Vienna che si inaugura con un sontuoso ricevimento, nel novembre del 1814. L’avvenimento è eccezionale per due ragioni politiche di fondo: esso vuole significare la restaurazione dell’antico ordine politico e dinastico delle monarchie europee che vent’anni di guerre e di conquiste avevano sconvolto. Ma a tale ordine istituzionale, turbato e manipolato da Napoleone, corrispondeva, nella mente dei vincitori, un ordine più profondo e autentico che, prima di Napoleone, era stato alterato dalla Rivoluzione. […]
Gli abili organizzatori del Congresso sapevano che solo il linguaggio della musica avrebbe potuto esprimere questa complessità e varietà di motivazioni ideologiche e politiche e che solo un musicista, Beethoven, sarebbe stato in grado di sentire e di comunicare tali motivazioni. Fu così che egli venne invitato a comporre un’opera con cui inaugurare l’apertura del Congresso. In poche settimane l’opera fu composta e il 29 novembre 1814, alla presenza degli imperatori e di centinaia di diplomatici e di invitati di ogni parte del mondo, l’Orchestra dell’Opera di Vienna, diretta dallo stesso Beethoven, eseguiva Der Glorreich Augenblich (“Il momento glorioso”). Mentre il sipario si alzava il coro cantava: “Alta nei cieli si è levata la vecchia aquila d’Europa”.

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