22.6.10

Quasi un apologo. Goethe a Palermo (dal "Viaggio in Italia").


Palermo, Giovedì, 12 Aprile 1787
Un altro mio desiderio è stato questa sera soddisfatto, e in modo tutto particolare. Ero sul marciapiede della strada grande a conversare scherzosamente col negoziante dell’altro giorno. Ad un tratto, vedo avvicinarsi un lacchè alto e ben vestito, che mi presenta un piatto d’argento nel quale erano molte monete d’oro e d’argento. Non sapendo che volesse ciò significare, alzai le spalle abbassando la testa, segno abituale per sbarazzarsi dalle offerte e dalle domande che non si comprendono o che non vogliono comprendere. Il lacchè si allontanò rapidamente com’era venuto e, allo stesso momento, io notai un suo camerata che, dall’altra parte della strada, faceva la stessa funzione.
“Che significa tutto questo?” chiesi al negoziante, ed egli, con precauzione, mi indicò col gesto un signore lungo e magro, in abito da corte, che con passo maestoso e tranquillo, s’avanzava sul letame, nel mezzo della strada, arricciato e incipriato, col cappello sotto il braccio, in abito da sera, la spada al fianco, e elegantemente calzato con scarpe con fibbie adorne di pietre preziose. Così passò il vecchio con aria grave e posata.
“E’ il principe di Palagonia” mi disse il negoziante, “il principe che, di tanto in tanto, percorre la città e chiede denaro per il riscatto dei prigionieri schiavi in Barberia. Veramente questa colletta non frutta molto; ma lo scopo per il quale si chiede viene rammentato e, spesso, quelli che si sono astenuti dal dare durante la loro vita, lasciano in testamento belle somme destinate a quest’opera. Il principe, da parecchi anni, è presidente di questa istituzione, ed ha fatto un bene infinito”. Allora io non ho potuto astenermi dall’esclamare: “Avrebbe dovuto consacrare a questo le grandi somme che ha speso per le follie del suo palazzo! Nessun principe al mondo avrebbe potuto fare tanto bene come lui!”.
Il mercante mi ha risposto: “Siamo tutti così. Paghiamo di cuore le nostre follie, ma vogliamo che gli altri paghino le nostre virtù”.

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