12.6.10

Anniversari. Rubik e il suo cubo (di Bruno Ventavoli - La stampa, 28 maggio 2010)

Le combinazioni sono 43.252.003.274.489.856.000. E una sola è quella giusta. Potrebbe essere un paradosso di Borges, o il capriccio di un dio plotinico che conosce l'essenza del caso. Invece e' solo un piccolo manufatto colorato che ha esaltato (e frustrato) milioni di persone. Il cubo di Rubik compie 30 anni, e da trent'anni continua a essere giocato, a evolversi in nuove forme geometriche, fino alla sfera trasparente dell'ultima versione. In realtà, come in tutte le genealogie, la nascita del rompicapo è un po' più antica. Il primo prototipo in legno che si fece costruire l'ungherese Erno Rubik, scultore, matematico, ingegnere, in poche parole genio, risale al 74. Il 1980, è semplicemente l'anno in cui il cubo assunse il nome del proprio inventore, e divenne Cubo di Rubik per sempre. Cominciò il destino a divertirsi, mescolando cromosomi e caratteri. Rubik ebbe un padre ingegnere meccanico, e una madre artista. Nacque a Budapest nel luglio 44, pochi mesi prima che la città venisse diroccata dal lungo assedio, dai combattimenti di tedeschi e russi «liberatori». Il giovane Rubik, troppo piccolo per patire l'orrore dello stalinismo rakosiano e la drammatica insurrezione del 56, è cresciuto nell'Ungheria di Janos Kadar, la più «allegra baracca del patto di Varsavia». C'era il socialismo reale in Parlamento, nelle insegne, nelle officine, e tra le pieghe lasciate lasche dal regime, prosperava la grande arte, cinema, letteratura, grafica, ambasciatrice nel mondo del modello ungherese. Rubik passava dalla scultura alla matematica, e si e' laureato in architettura e in design. Molti gli hanno chiesto quando, come, dove, e' scoccata l'idea del gioco piu' venduto nel mondo. Rubik non ricorda la risposta. All'inizio degli anni settanta comincio' a baloccarsi con le combinazioni di un cubetto 2x2x2. Passo' alla versione 3x3x3, e la vertigine fu piu' immensa. Venne creato un prototipo in legno, fu come capire l'infinito e tenerlo in mano, concreto, bizzoso, dispettoso. Rubik passo' l'aggeggio ad amici matematici, insegnanti, ludici folli. Nessuno riusciva a restare indifferente al passatempo che rompeva il capo. Era un'idea straordinaria. Rubik deposito' il brevetto. Ma non era facile sfogare il genio in un'economia pigra, burocratizzata, ingabbiata in piani quinquennali illusoriamente scientifici. Nel 75 trovò una fabbrica di giochi per l'infanzia socialista, ma ci volle del tempo prima di risolvere i problemi pratici per la produzione di massa. Nel 77 il gioco apparve nei negozi di Budapest. E diventò subito popolare. Si chiamava «Buvos Kocka», c'era anche la scatoletta, bellissimo cartone vintage, tradotta in inglese, «Magic Cube», da vendere agli stranieri. Perché l'Ungheria, assetata di valuta occidentale, a differenza di tanti altri paesi socialisti con le vetrine vuote, offriva bizzeffe di souvenir, libri, dischi, allettanti. Nell'80 l'Ideal Toy Corporation esportò il cubo dal Patto di Varsavia, ribattezzandolo. E il cognome dell'inventore, cosi' esoticamente ungherese, giovo' al marketing. Fu una pandemia. Rubik e' diventato tra gli uomini piu' ricchi d'Ungheria, prima, quando i denari individuali erano ancora un po' tabu' nell'ordine rosso, e dopo, quando tutti diventarono liberi di accumulare quattrini. Se ne sono venduti 300 milioni (se li mettessero tutti in fila unirebbero il Polo Nord col Polo Sud). Il cubo era moda, oggetto da portarsi appresso per stupire gli amici, ingannare il tempo, mettersi alla prova, distogliere la fidanzata molesta. E' entrato nei film, nei libri, nell'arte (c'e' il movimento «Rubikubism»), negli abiti, nei gioielli (esiste il cubo in oro tempestato di pietre preziose). Decine di milioni di persone non l'hanno mai risolto in vita loro, altri hanno fregato seguendo appositi manuali (un ragazzino inglese di 12 anni pubblicò un libro, Anche tu puoi farcela, da 1,5 milioni di copie), una risicatissima minoranza mette a posto le facce colorate in pochissimo tempo, i piu' arditi ci riescono ad occhi bendati. Per i competitivi, ci sono campionati mondiali. Il record spetta a un ragazzino, che lo pasticcia in 7.08 secondi. Rubik ha inventato altre varianti del gioco, tutte meno fortunate. Lo stesso cubo, assediato dall'elettronica, dopo anni febbrili perse appeal nei Novanta. Con il boom di Internet e' rinato a nuovo successo. Lo celebrano migliaia di siti per fan, collezionisti, studiosi, blog e video con robot che risolvono il problema. Rubik, intanto, s'è ritirato in pensione. Ha lasciato in mano ai giovani la piccola azienda, e ha creato un'accademia che finanzia idee. Talvolta appare in pubblico, assiste a qualche campionato mondiale, stupito come un padre amorevole per il talento di quegli strambi figli che ha creato. Più spesso vive ritirato, refrattario alla pubblicità, forse convinto che la vita sia come il suo cubo. Le possibilità che il destino regala sono più o meno 43.252.003.274.489.856.000. Ma una sola, anche lì, è quella giusta.

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