6.10.10

Dal "Quaderno" di Leonardo Sciascia. L'acqua di rose ("L'ora", 5 febbraio 1966)

Borgo Petila a Caltanissetta.
Per coloro che dicono il fascismo fosse una dittatura all’acqua di rose ecco un piccolo ma significativo documento di un buio a mezzogiorno all’acqua di rose. Si trova nel registro parrocchiale di uno di quei borghi sorti dal cosiddetto assalto al latifondo: Borgo Petilia, che allora portava il nome del “martire fascista” Gattuso; a pochi chilometri da Caltanissetta, sulla statale di Palermo.
I documenti sono due, entrambi firmati da Mario Jannelli, allora sottosegretario di Stato alle Comunicazioni, ma uno in effetti, a dire della malafede, della menzogna e del disprezzo che c’era nella celebrata acqua di rose.
In data 25-1-1942 XX “Borgo Gattuso! Una promessa, speriamo buona. Per ora case mal costruite, umide, fredde; imposte che non chiudono. Bonifica? Ma cominciamo dalla bonifica umana! Sei persone in una stanza (la bidella) senza cucina non è bonifica, è medioevo. Mi convinco che la nemica prima dell’Italia Fascista è la statistica. Abbiamo costruito tanti vani…ma Dio sa come. E’ bella la chiesa. E’ bella la scuola dove c’è aria e luce, due cose che c’erano prima…Speriamo che in seguito si faccia diversamente”.
Ma appena dieci giorni dopo, il 4 febbraio: “Il mio affrettato giudizio, espresso alcune pagine avanti, che risentiva evidentemente della mattinata fredda e piovosa, che tutto colorava di grigio, ha prodotto una cosa buona: una conversazione con il prof. Mazzocchi Alemanni che con tanta passione e competenza conduce la battaglia contro il latifondo siciliano. Dopo il colloquio e dopo avere attentamente considerato le pubblicazioni dell’Ente, dal volume Assalto al latifondo alla relazione del detto prof. Mazzocchi Alemanni alla Regia Accademia dei Georgofili, La redenzione del latifondo siciliano, e fino ai Lunari del contadino siciliano, opera questa veramente di pratica e grande utilità per i contadini, debbo onestamente convenire che: a) il mio giudizio è stato affrettato e, come sempre accade quando si giudica frettolosamente, piuttosto ingiusto; b) la statistica non gioca in quest’opera colossale la sua opera sottilmente perversa; c) l’ubicazione del Borgo Gattuso – dato il programma futuro e la sistemazione dei Borghi che saranno creati e congiunti con rete di strade – è la giusta; d) i difetti di costruzione, d’altra parte ineliminabili di detto Borgo, non sono imputabili all’Ente; e) bisogna aver fede in questa lotta contro il latifondo che per la sua vastità,per le difficoltà che deve vincere – da quelle che oppone la natura a quelle di alcune categorie di uomini – per la somma di mezzi e di volontà che impegna e ci impegnerà, sarà una delle grandi benemerenze del regime che passano alla storia”.
L’acqua di rose, per il povero Jannelli, sarà stata più bruciante del vetriolo. Perché bisogna considerare questo: il registro è stato mandato a Roma, non si sa da quale grossa autorità del regime domandato, e una volta a Roma si poteva non restituirlo più, o restituirlo con una pagina strappata, o far scolorire chimicamente la dichiarazione incriminata; e invece si è preferito costringere il Jannelli alla più umiliante ritrattazione. La metastasiana voce del sen fuggita al Jannelli toccò rimangiarsela nel modo più stupido, più ridicolo: quasi che dopo aver parlato coi tecnici e letto le pubblicazioni dell’Ente, quella realtà che aveva visto coi propri occhi e in un impeto di sdegno esplicitamente condannata, si fosse di colpo cancellata. E non gli restava che prendersela con le stelle, al modo di don Ferrante: cioè con la mattinata fredda e piovosa, che tutto colorava di grigio.
(“L’ora, 5 febbraio 1966)

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