28.10.10

La poesia come valore d'uso. Un invito a cena (da Orazio, Epistole, I,5)

Se ti contenti di sedere a mensa
su modesti divani fatti da Archia
e non ti fa paura di cenare
solo d’erbaggi, in modica scodella,
t’aspetterò Torquato a casa mia
al tramontar del sole.
Vino berrai versato nei fiaschi
tra Minturno palustre e Sinuessa
quando Tauro fu console due volte:
se ne hai di meglio portane del tuo.
Già da tempo il focolare è acceso,
risplendono per te le suppellettili.
Metti da parte le speranze vane,
la corsa ai soldi, la causa di Mosco:
è la festa di Cesare domani,
domani ci sarà riposo e sonno;
pertanto noi potremo impunemente
prolungare la notte, conversando…

Postilla
Ho tradotto l’incipit della Epistola V del I libro di Orazio per adoperarlo come invito a una cena vegetariana molti anni fa, nel 1982. L’epistola oraziana era diretta a un Manlio Torquato dell’antica famiglia Romana e costui doveva essere tra gli avvocati di Mosco in un controverso processo per avvelenamento. Il vino di Minturno e di Sinuessa, entrambe città del basso Lazio al confine con la Campania, era di sicuro buono, ma non a livelli di eccellenza: l’anno d'imbottigliamento, quello del secondo consolato di Tauro, è il 28 avanti Cristo. Pertanto la poesia è di qualche anno dopo. La cena, in ogni caso, si sarebbe dovuta svolgere un 22 settembre, giacché ricorreva il 23 di quel mese il compleanno di Cesare Ottaviano Augusto, divenuto giorno di festa e di riposo. (S.L.L.)  

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