22.10.10

Mendicanti ad Assisi. Il monopolio della carità. ("micropolis" maggio 2008)

A fine aprile destò clamore l’ordinanza del sindaco di Assisi, Ricci, che proibisce tassativamente elemosine e bivacchi in prossimità di chiese ed edifici storici, cioè praticamente in tutto il centro storico. L’attenzione è stata rilanciata dall’“emergenza rom”, essendo l’accattonaggio pratica tradizionalmente diffusa in quelle comunità. Il 17 maggio, in un talk di Rai2 per famiglie, il prete televisivo Mazzi faceva la parte del buono, mentre una avvocata intransigente invocava ordine e un vigile assisiate spiegava che per ora ci si limita ad allontanare mendicanti, mangiatori di panini e saccopelisti senza comminare le pesanti multe previste.
Roberto Carnieri,  dirigente umbro del Pcl di Ferrando, ci ha inviato sul tema alcune riflessioni: “Viviamo tutti (quasi) in una tale condizione di incertezza che la paura spesso ci dà al cervello. Ci mancano acqua, materie prime per produrre energia, risorse per servizi pubblici, soldi. In un quadro siffatto, emergono un giorno dopo l’altro, personaggi pubblici con la carica di primi cittadini di questo o quel Comune d’Italia che creano e poi emanano ordinanze contro richieste di elemosina da parte di qualche sciagurato che, evidentemente, ha già perso la sfida con il mondo che lo circonda, quella che tutti rischiamo di perdere da qui a non molto. Il caso di Assisi è solo l’ultimo di una ormai lunga serie. E non mi si venga a dire, per favore, che, siccome dietro ai mendicanti spesso c’è la criminalità organizzata, allora è giusto cacciare i mendicanti. Criminalità o meno, sempre di poveri cristi si tratta; anzi, nel caso ci sia criminalità organizzata, vuol dire che oltre ad essere dei poveracci, queste persone sono anche schiave di qualcun’altro che invece povero non è”.
Lo scopo - secondo Carnieri - è evidente: “Non sapendo cosa fare per tranquillizzare gli animi, si imbastiscono retate di migliaia di persone che sono soltanto la conseguenza e non la causa del male”. La conclusione è un invito a “questi nuovi potenti sindaci e governatori vari in versione sceriffo”: “Se non hanno il coraggio di prendersela con chi è più potente di loro, cioè la vera causa delle nostre povertà e insicurezze, non siano così vili da prendersela con chi la nostra società eterodiretta ha già espulso da sé”. L’approccio di Carnieri mi pare invero semplicistico.
Se nell’accattonaggio ci sono illegalità e reati (per esempio l’utilizzazione di bambini o il racket) credo sia un dovere di sindaci e vigili (e ancor più di polizia e carabinieri) intervenire, stroncare l’abuso, reprimere i colpevoli. Il fatto che vi siano implicati poveri cristi non può indurre a tolleranza. Carnieri inviterebbe a lasciar correre anche quando si sfrutta il lavoro nero, solo per il fatto che quelli che lo prestano sono poveracci? La vicenda di Assisi merita però altre considerazioni. Non sono certo infatti che essa rientri nel quadro delle iniziative dimostrative dei “sindaci- sceriffo”. E’ probabile che, a causa della immigrazione rom, siano più numerosi nella città del Poverello quelli che chiedono la carità, ma da almeno un quarto di secolo albergatori e ristoratori locali, fondamento del blocco sociale che sorregge la destra in Comune, esprimono attraverso le loro associazioni un grande fastidio per chi “offende il decoro”: elemosinanti, ma anche viaggiatori giovani e “alternativi”, che non lasciano un centesimo. E’ logico che Ricci profitti del clima favorevole per un regalo ai suoi grandi elettori. Può semmai stupire il sostegno all’ordinanza dei frati del Sacro Convento, quelli della Tavola della Pace e della solidarietà con i poveri. Ma anch’esso ha le sue ragioni. Una chiave la fornisce il bilancio di Franco Garelli sul “governo” di Ruini sulla Chiesa italiana (“La Stampa” 12 maggio): “Nel passato, con i vescovi meno uniti e organizzati, la scena era dominata dagli Ordini e dalle Congregazioni religiose,  il cui personale è ancor oggi tre-quattro volte più numeroso del clero diocesano. Gesuiti, Salesiani, Francescani e innumerevoli filiere di suore continuano a lavorare nel Paese, ma la loro presenza è sempre più afona o sotto traccia rispetto a una Chiesa centrale sempre più protagonista. Tra gli ordini religiosi e la chiesa delle diocesi si è dunque verificata una staffetta nella leadership della presenza religiosa nel Paese, con una Conferenza episcopale che ha assunto nel tempo un ruolo preminente”.
Un momento “drammatico” di questo cambio di regime, una sorta di colpo di stato, si ebbe nel novembre del 2005, durante l’assemblea della Cei che proprio ad Assisi si svolgeva: i frati del Sacro Convento persero lo “status” che li faceva dipendere direttamente dal Vaticano, cioè l’autonomia dalla Chiesa italiana. Dopo la “normalizzazione”, deperiva il loro ruolo di “rappresentanza generale” sui temi della pace, della povertà e del dialogo interreligioso ed essi venivano progressivamente ricacciati nella “mucillagine” italiana, nella politica dei fatti cara a Cetto La Qualunque (“fatti i c… tuoi”). Ridimensionati a corporazione come farmacisti e notari,  a “Ordine mendicante” professionale che teme la liberalizzazione e la concorrenza di altri mendicanti, oggi rivendicano il monopolio della carità.

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